DOCUMENTO DELL'UFFICIO POLITICO DEL PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO

CONDANNIAMO DURAMENTE IL PATTO DELLA CAPITOLAZIONE E DEL TRADIMENTO

Noi marxisti-leninisti italiani, con alla testa il Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, coerentemente alla posizione assunta sin dall'inizio di ferma e intransigente difesa dell'articolo 18 dello "Statuto dei lavoratori'' e dei diritti sindacali, economici e sociali dei lavoratori, dei pensionati e dei giovani, e alla partecipazione diretta alle lotte svoltesi in questi mesi, in specie alla grandiosa e storica manifestazione del 23 marzo a Roma e allo sciopero generale di otto ore del 16 aprile, condanniamo duramente e risolutamente il patto della capitolazione e del tradimento firmato dai segretari Cisl e Uil, Pezzotta e Angeletti, con il governo del neoduce Berlusconi, la Confindustra di D'Amato e le altre associazioni padronali; patto firmato anche dai sindacati dei fascisti e dei destri, Cisal e Ugl, e da quello minuscolo leghista Simpa, ma non dalla Cgil che lo ha avversato e lo avversa oggi a maggior ragione. "è la cosa più grave dal dopoguerra - ha dichiarato il segretario della Cgil - e muta la natura del sindacato''.
Lo condanniamo, anzitutto, perché quello firmato il 5 luglio, pomposamente e furbescamente chiamato "patto per l'Italia'', è un patto di stampo neocorporativo e neofascista. Legalizza la mutazione a destra delle "relazioni sindacali'', che sostituisce la "concertazione'', già da noi giudicata negativa, con il "dialogo sociale'', la nuova parola d'ordine dei paesi dell'Unione europea imperialistica con la quale i governi e le maggioranze governative non sono vincolati all'unanimismo sindacale, possono cioè legiferare in materia economica, sociale e sindacale senza un accordo con tutti i sindacati e associando a quest'opera legislativa i sindacati dei lavoratori consenzienti.
è fondato sul federalismo anche in materia di mercato e rapporti di lavoro, sulla rottura dell'unità sindacale, la discriminazione e l'emarginazione della Cgil, ossia del sindacato più forte e rappresentativo dei lavoratori e dei pensionati, e sulla trasformazione di Cisl e Uil in sindacati di regime.
Inoltre condanniamo il patto perché:
a) porta alle estreme conseguenze la deregolamentazione e la flessibilità del "mercato del lavoro'' fondato sulla precarietà e il supersfruttamento, fino alla libertà per i padroni di licenziare senza "giusta causa'';
b) avvia una "riforma'' fiscale assolutamente iniqua alleggerendo molto poco le tasse ai redditi medio-bassi, mentre le riduce drasticamente ai ricchi e ai super ricchi e cancella il principio della progressività dell'imposta;
c) toglie diritti ai lavoratori che attualmente ne godono e non ne dà ai milioni di lavoratori precari (i cosiddetti atipici) che ne sono totalmente privi;
d) è parte integrante delle leggi delega sul "mercato del lavoro'', sul fisco, sulla previdenza, sulla sanità e sulla scuola, già presentate in parlamento, e del Documento di programmazione economica e finanziaria 2003-2006 (Dpef) e della susseguente legge finanziaria con una stangata tra i 16 e i 18 miliardi di euro, che hanno un'impronta marcatamente iperliberista, sono finalizzati a tagliare le prestazioni sociali, a favorire la privatizzazione di previdenza, sanità e scuola, a rilanciare la privatizzazione delle aziende pubbliche e dei beni ambientali e culturali dello Stato, a bloccare le nuove assunzioni nel pubblico impiego e a estendere in questo settore il telelavoro e il part-time, a operare una forte redistribuzione della ricchezza nazionale a favore delle imprese. In questo quadro vanno visti gli sgravi dell'Irap, che preparano la cancellazione di questa imposta.
Condanniamo altresì il patto perché offre a questo governo un sostegno insperato e lo incoraggia a proseguire nell'attuazione del suo programma antioperaio, antisindacale, liberticida, neoliberista e neofascista.
In sintesi, il patto infame del 5 luglio supera e porta alle estreme conseguenze gli accordi gravissimi sul "costo del lavoro'' del '92 (1° governo Amato), sulla "politica dei redditi'' del '93 (governo Ciampi), sulle pensioni del '95 (governo Dini), sullo "Stato sociale'' e pensioni del '97 (governo Prodi) e sul "patto sociale'' del '98 (1° governo D'Alema e Bassolino) firmati anche dalla Cgil e gli ultimi tre da Cofferati. Ma su questo purtroppo non c'è alcun ripensamento e ravvedimento né dell'una né dell'altro.
Questo patto risponde esattamente alle attuali esigenze finanziarie ed economiche del sistema capitalistico italiano che aveva bisogno di rafforzare la propria competitività, a scapito delle esigenze e delle necessità dei lavoratori, dei pensionati e dei disoccupati, per tenere testa alla forte concorrenza del capitalismo dei paesi dell'Unione europea, nonché di quello degli Usa, del Giappone e degli altri paesi capitalistici del mondo.

Le responsabilità di Pezzotta e Angeletti
Nel definirlo abbiamo usato le parole forti di capitolazione e tradimento a ragione veduta: infatti col patto sui licenziamenti facili passano nell'essenza e concretamente le proposte di Berlusconi e della sua cricca (Fini, Letta, Tremonti, Maroni, senza dimenticare lo scagnozzo socialista Sacconi) e della Confidustria, che se attuate sconvolgeranno la prima parte della Costituzione e porteranno a compimento la realizzazione della seconda repubblica in campo economico, sociale e sindacale; proposte che, ricordiamolo, facevano parte del cosiddetto "Piano di rinascita democratica'' della loggia P2 di Gelli, Craxi e Berlusconi. Così come il presidenzialismo, la sottomissione della magistratura all'esecutivo e il controllo e la privatizzazione della Rai.
Pezzotta e Angeletti hanno ingannato gli iscritti ai sindacati che dirigono e si sono rimangiati platealmente e senza vergogna le posizioni sostenute, sia pure controvoglia, va detto, fino allo sciopero generale del 16 aprile, contrarie alla modifica dell'art.18, a una "riforma'' fiscale con due sole aliquote e generosa unicamente con i redditi alti, all'ennesima controriforma previdenziale che prevede, tra l'altro, cospicui sgravi contributivi alle imprese, tali da mettere in seria crisi la tenuta finanziaria delle pensioni pubbliche. Posizioni che in un batter d'occhio, senza alcuna ragione valida e credibile, sono state rimosse.
Il fatto che tutti i firmatari, governo, padroni e sindacalisti collaborazionisti, abbiano dedicato il patto a Marco Biagi, cioè all'estensore principale del "Libro bianco'' di Maroni, a parte l'infame strumentalizzazione sulla sua morte ad opera delle sedicenti "Br'', chiarisce di per sé la qualità politica e sindacale delle misure concordate.
Pezzotta (democristiano) e Angeletti (DS) si sono assunti delle gravissime responsabilità le cui conseguenze già si fanno sentire e col passar del tempo diverranno sempre più devastanti: hanno permesso a Berlusconi di portare a compimento il suo disegno che sin dall'avvio, 8 mesi orsono, del cosiddetto "dialogo sociale'' era chiaro, a partire dalla divisione delle confederazioni, più lacerante e pesante di quella del 1984 operata da Craxi sulla scala mobile, per piegare, ridimensionare e mettere all'angolo la Cgil e attirare nell'area governativa, disponibili ad avallare le sue politiche, le altre due; di conseguenza superare sul terreno neocorporativo le stesse relazioni sindacali concertative, stravolgere il modello contrattuale vigente, cancellare o comunque depotenziare il contratto nazionale di lavoro. L'intenzione di moltiplicare la costituzione degli "enti bilaterali'' tra padroni e sindacati, assumendo funzioni improprie ed esorbitanti che spettano allo Stato, contenuta nella delega sul "mercato del lavoro'' ha proprio questa finalità.

Un patto illegittimo senza la firma della Cgil e il consenso dei lavoratori
Grave e imperdonabile che Pezzotta e Angeletti abbiano firmato il patto sapendo che la maggioranza dei lavoratori è contraria a esso e senza l'assenso del sindacato maggioritario, violando le più elementari regole della democrazia sindacale, perciò senza una vera legittimità. Non è un caso che costoro non facciano minimamente cenno alla necessaria e non eliminabile consultazione vincolante con l'insieme dei lavoratori e dei pensionati. Grave che lo abbiano fatto sapendo che esso, creando lavoratori di serie A e lavoratori di serie B, presenti chiari segni di incostituzionalità. Ancor più grave è che si prestino all'arrogante e senza precedenti esclusione, espressa pubblicamente dal ministro del welfare Maroni, della Cgil dal "tavolo delle trattative'' sulle materie affrontate nel patto. Il governo della casa del fascio, è lampante, non sopporta il dissenso, denigra gli scioperi e non tollera nemmeno i sindacati che rifiutano un ruolo di pura acquiescenza. Berlusconi, anche in questo, assomiglia a Mussolini.
Per quanto i leader della Cisl e della Uil si sforzino di giustificare il loro operato con tesi del tipo: "abbiamo capitalizzato la lotta dei lavoratori al tavolo della trattativa'', "abbiamo costretto il governo a stralciare e a non modificare l'art.18'', "abbiamo limitato i danni'', queste giustificazioni non stanno un minuto in piedi. Infatti, nel patto di chiaro c'è solo la cancellazione dell'articolo 18, per ora per le aziende che assumendo superano la soglia dei 15 dipendenti, ma che fatalmente in futuro sarà ampliata a tutte le aziende, c'è il passaggio del collocamento alle agenzie private per gestire l'interinale, il lavoro a chiamata, il lavoro in affitto anche a tempo indeterminato e altre forme precarie, c'è un piatto di lenticchie sugli "ammortizzatori sociali'' e bugie, cifre generiche, trucchi contabili sul fisco, sull'occupazione, sul Mezzogiorno, sui conti dello Stato, sulle misure del Dpef che Cisl e Uil saranno obbligate ad appoggiare senza fiatare. Per il Sud, dove la drammatica crisi idrica è ancora tutta da risolvere, il patto ripropone i fallimentari e negativi "patti territoriali'', per giunta regionalizzati, e i "contratti d'area'', e annuncia, per gli anni a venire, la costruzione di quell'opera faraonica, inutile, dannosa, pericolosa e clientelare che è il ponte sullo Stretto di Messina.
La riproposizione, nel patto, della "politica dei redditi'', non può essere considerata in alcun modo un fatto positivo, visti i risultati ottenuti, tutti rivolti all'aumento dei profitti padronali. Intanto il governo non ha onorato l'impegno preso per il contratto del pubblico impiego e di contenimento dei prezzi, che hanno ripreso a galoppare.
Dov'è la contropartita, ammesso e non concesso che esista una contropartita sufficiente per accettare un patto e una politica di questo tipo? Berlusconi parla di "svolta storica'', D'Amato di "riforma sulle flessibilità mai vista nell'ultimo trentennio'', mentre per Maroni "il patto contiene la più importante riforma del mercato del lavoro mai fatta''. Eccoli i veri vincitori del patto!
Saranno i giovani a pagare il prezzo più alto dei provvedimenti iscritti nel patto Berlusconi, saranno loro prevalentemente a subire i licenziamenti facili, le ulteriori forme precarie di lavoro, la drastica perdita di valore delle pensioni, per non dire della controriforma Moratti sulla scuola.

Proseguire la lotta fino alla vittoria
Diversamente dai partiti dell'Ulivo, che hanno tenuto nel corso di questa lotta un atteggiamento tentennante e opportunista, non hanno mai assunto una posizione chiara e netta a favore dei lavoratori; diversamente da Rutelli per la Margherita e D'Alema e Fassino per i DS, che più di una volta hanno espresso dubbi, distinguo ed equidistanza sull'azione della Cgil e la difesa dell'art.18, il che non può che far piacere a Berlusconi e D'Amato; diversamente dai DS che sono persino arrivati in un loro recente direttivo a bocciare una mozione di solidarietà alla Cgil e al suo leader, e che hanno minimizzato giudicando il patto "deludente'', "mediocre'', "insufficiente''; noi marxisti-leninisti, senza mai nascondere i nostri dissensi sulla linea sindacale riformista della Cgil e di Cofferati, senza mai rinunciare a portare avanti le nostre posizioni, le nostre proposte e le nostre parole d'ordine politiche e sindacali, anche in occasione dell'ultimo congresso nazionale della Cgil, abbiamo appoggiato e difeso la maggiore confederazione sindacale e lo stesso Cofferati dagli attacchi politici e personali sferrati dal governo, compresa l'accusa cinica e totalmente falsa di favorire e ispirare il terrorismo e la stessa uccisione di Biagi, compresa l'inaudita iniziativa assunta da Maroni di mobilitare carabinieri e prefetture per schedare gli scioperanti.
Giudichiamo inoltre intollerabile che la Cgil sia esclusa dal tavolo delle trattative. Questo in termini di principio. Ma nel concreto e nel presente questo non è il momento di trattative, bensì di lotta di classe, di scioperi e di manifestazioni. Riteniamo infatti che solo la piazza può dare la forza alla Cgil di contare e far valere gli interessi e la volontà della classe operaia, dei lavoratori, dei pensionati e dei disoccupati sul tavolo delle trattative e indurre a più miti consigli il governo e il padronato.
Noi saremo sempre a fianco dei lavoratori, dei pensionati e dei disoccupati e appoggeremo la Cgil affinché non molli la presa. Lo faremo con rinnovata forza in questo ultimo scorcio di luglio, e soprattutto in autunno quando riapriranno le fabbriche, le aziende, gli uffici e le scuole, allorché si svolgerà il programmato sciopero generale di tutte le categorie. Il nostro è un impegno militante volto ad appoggiare gli scioperi spontanei avviati dagli operai della Fiat Mirafiori e che in questi giorni i lavoratori stanno effettuando un po' in tutta Italia, ad appoggiare il referendum abrogativo delle modifiche all'art.18 e le due proposte di legge di iniziativa popolare per estendere i diritti ai lavoratori che oggi ne sono privi e per "riformare'' gli "ammortizzatori sociali'' promossi dalla Cgil, ad appoggiare il referendum per l'estensione dell'art. 18 anche alle imprese con meno di 15 dipendenti e gli altri cinque referendum sociali.
A tutte e tre le confederazioni sindacali chiediamo che si svolgano le consultazioni nei luoghi di lavoro e che il patto sia votato a scrutinio segreto da tutti i lavoratori. Alla Cgil chiediamo che promuova senza indugio una manifestazione nazionale a Roma sotto Palazzo Chigi. Alla Cgil chiediamo inoltre di rivedere, alla prova dei fatti, la sua piattaforma rivendicativa, con la consapevolezza che nei prossimi mesi scadranno importanti contratti nazionali di lavoro per il cui rinnovo l'adeguamento salariale deve tornare ad avere un spazio importante, ben oltre la gabbia dell'inflazione programmata, ciò accanto alla rivendicazione di estendere i diritti e le tutele sindacali ai lavoratori cosiddetti para-subordinati con un rapporto lavorativo continuo.
Proseguire la lotta fino alla vittoria, ingaggiare una guerra totale contro il governo Berlusconi, è la via che noi proponiamo a tutto lo schieramento antigovernativo e antipadronale.
L'art. 18 non si tocca!
Buttiamo giù il neoduce Berlusconi!
Per l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi maestri vinceremo!


L'Ufficio politico del Partito marxista-leninista italiano


Firenze, 9 luglio 2002