Per far ritornare al governo la "sinistra'' borghese
DIALOGO APERTO TRA IL COMUNISTA PENTITO E IL FALSO COMUNISTA
D'Alema: "Abbiamo bisogno di un'alleanza di governo''. Bertinotti: "Se le lotte non ce la fanno, se i partiti non ce la fanno occorre un nuovo progetto politico''

Chi cerca trova. Il vecchio adagio si adatta bene a D'Alema e Bertinotti, che non hanno mai smesso di cercarsi e di farsi reciprocamente da sponda. Come quando, per esempio, si trattò di dare una mano a far fuori il governo Prodi e spianare la strada al governo D'Alema, un'intesa che i due interessati hanno sempre smentito, ma che da molte parti venne invece ventilata e che lo stesso Prodi ha mostrato di prendere sul serio.
Da tempo Bertinotti, in rotta di avvicinamento all'Ulivo, è in cerca di referenti in quell'area alla quale vuole ancorare il PRC sempre più alla deriva. E D'Alema, da parte sua, non gli ha mai chiuso le porte, essendo consapevole dell'importanza del PRC, o comunque di una "sinistra alternativa'' in cui quest'ultimo si dovesse sciogliere, ai fini di drenare l'astensionismo di sinistra e attirare i voti dei "movimenti'' a sostegno del "centro-sinistra''. Oggi, poi, con le elezioni europee alle porte e le politiche che si avvicinano, forse addirittura anticipate, c'è qualcosa di più in ballo che non un semplice accordo di "desistenza'' elettorale: c'è l'offerta al PRC di una vera e propria alleanza di governo.
Logico quindi, soprattutto dopo il rodaggio delle ultime amministrative parziali, che i due si ritrovassero e se la intendessero, ed è quel che è successo alla festa di Liberazione a Venezia, dove c'è stato il faccia a faccia tra il comunista pentito D'Alema e il falso comunista Bertinotti, coordinato dal sessantottino pentito Michele Santoro: tra parentesi, davvero un bel terzetto di anticomunisti borghesi.
L'incontro, pur nelle reciproche cautele, ha segnato un chiaro e audace passo in avanti di questa politica di avvicinamento, propiziato dal reciproco e ripetuto riconoscimento che "il clima è cambiato'', "siamo in una fase nuova'', e via di questo passo. "C'è bisogno di unità, non solo di dialogo, ma di vera e propria collaborazione politica'', ha detto D'Alema mettendo subito le carte in tavola, e ha precisato: "Abbiamo bisogno di un'alleanza di governo. Per fare in Italia ciò che non si è riusciti a fare in Spagna e in Francia, per costruire un'alleanza di governo. Essa passa attraverso la ricomposizione dell'area riformista e la convergenza con la sinistra radicale''.
Bertinotti gli ha risposto subito a tono, pur prendendola da un altro versante per coprirsi di fronte alla platea: "Così non si può andare avanti, il governo di centro destra attacca tutti i punti progressivi del paese mentre la crisi avanza e devasta. Per questo è necessario che le sinistre cerchino subito una convergenza'', ha detto il leader neorevisionista e trotzkista del PRC.
Dopodiché, per crearsi una pezza d'appoggio all'accettazione dell'offerta governativa di D'Alema, ha sostenuto la tesi che i "movimenti dirompenti che hanno chiesto un nuovo mondo possibile'' non hanno ottenuto nulla perché "lor signori sono andati avanti lo stesso'' con la guerra, la flessibilizzazione del lavoro, la distruzione di risorse ambientali, per cui "serve qualcos'altro. Se le lotte non ce la fanno, se i partiti non ce la fanno occorre un nuovo progetto politico. Da lì si può ripartire. Perché è inutile aver ragione se poi non si ha la forza per imporre le proprie idee''.
Insomma, il falso comunista Bertinotti, che era arrivato quasi a predicare lo scioglimento del PRC nei "movimenti'', da lui esaltati come l'unica prospettiva rivoluzionaria possibile e auspicabile, per giustificare di fronte alla base del partito sempre più disorientata e insofferente la "svolta'' di nuovo verso l'alleanza di governo coi rinnegati, i riformisti, i neoliberali e i democristiani del "centro-sinistra'', ora sostiene in pratica il fallimento dei "movimenti'' stessi e li chiama a sostenere elettoralmente gli sforzi della "sinistra'' borghese di tornare al governo!
E questo anche se il suddetto "progetto politico'' dovesse assumere la forma di un "partito dei riformisti'' guidato da Prodi: che "non è il nostro progetto'', ha detto l'imbroglione politico, aggiungendo però a smentita di sé stesso di ritenerlo importante affinché "l'Ulivo esca da una fase difensiva e sfidi il futuro''.