In caso di guerra all'Iraq
FIACCOLATE SILENZIOSE O ASSEDIO ALLE BASI MILITARI? LEGALITA' O ILLEGALITA'?
Nell'incontro che si è svolto il 25 gennaio 2003 a Porto Alegre, nell'ambito del Forum sociale mondiale, sul tema dell'"insorgenza cittadina", Guglielmo Epifani, Segretario generale della Cgil, Luca Casarini e Francesco Caruso, esponenti dei disobbedienti, hanno discusso sulle forme di lotta da adottare in caso di guerra all'Iraq.
Il primo privilegia le "fiaccolate silenziose" e nel rispetto della "legalità costituzionale", gli altri due "l'assedio alle basi militari, alle ambasciate e ai consolati Usa", pur riconoscendosi anch'essi nel "valore della Costituzione".
Chi ha ragione e torto? Né l'uno né gli altri, secondo noi. Perché, come dimostra la pratica, sia il legalitarismo assoluto e il pacifismo sia le "azioni esemplari" della disobbedienza civile di piccoli gruppi non portano da nessuna parte, anzi dividono, chi per un verso chi per un altro, le masse.
Invece c'è bisogno dell'unità, del coinvolgimento, della mobilitazione delle masse, senza di che non si arriverà mai a costringere il governo a tener fuori l'Italia dalla guerra contro l'Iraq. E una volta messe in moto le masse, in primo lungo la classe operaia, non ci deve essere alcun limite nell'uso delle forme di lotta che si rendono via via necessarie, crescendo il livello della lotta, per vincere la battaglia, senza farsi condizionare dalla legalità costituzionale. Dal momento, tra l'altro, che sarebbe stata già violata dal governo non rispettando l'art. 11 della Costituzione: "L'Italia ripudia la guerra".
Bisogna dare libero sfogo alla lotta delle masse anche quando fosse necessario, e lo sarà, assediare le basi Usa e Nato. E' una necessità sabotare la macchina da guerra, ma da parte delle masse avvalendosi anche dei militari e dei lavoratori civili che sono impiegati in essa.
Epifani e la Cgil che attualmente dirigono la parte sindacale maggioritaria dei lavoratori hanno il dovere di chiamare in piazza i lavoratori, di proclamare immediatamente lo sciopero generale in caso di attacco all'Iraq. I disobbedienti dovrebbero mettere a frutto il loro coraggio, determinazione e spirito di iniziativa per tenere alto il clima e la combattività della battaglia. Tutti insieme, lavoratori, giovani, pensionati, forze politiche, sociali, sindacali, culturali e religiose antimperialiste e amanti della pace dobbiamo scendere in piazza e lottare per tutto il tempo che sarà necessario perché il governo del neoduce Berlusconi chiuda tutti gli spazi aerei e terrestri dell'Italia all'uso degli imperialisti americani contro l'Iraq.
Non ci dobbiamo dividere sulle forme di lotta, ma nemmeno lasciare che ciascun gruppo "faccia come crede e senza pestarsi i piedi l'uno e l'altro", come sostiene Casarini. La decisione di quale forma di lotta occorre adottare in una determinata circostanza va lasciata invece alle masse in lotta, dal momento che esse sanno che non hanno limiti da parte delle forze che le dirigono.