Conferenza Onu sul razzismo a Durban
L'EUROPA NON SI SCUSA PER LO SCHIAVISMO. COMPROMESSO SUL RAZZISMO DI ISRAELE
I delegati degli imperialisti Usa e di Tel Aviv hanno abbandonato
La terza Conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e le relative intolleranze si è chiusa a Durban con un giorno di ritardo sui tempi previsti per permettere alle 170 delegazioni presenti di trovare un compromesso sui due temi che hanno tenuto il centro delle discussioni: le scuse dei paesi colonialisti e imperialisti responsabili dello schiavismo e la questione palestinese.
Il primo atto ufficiale della conferenza aperta nella città sudafricana il 31 agosto era stato il documento approvato dal Forum delle organizzazioni non governative dove si accusava chiaramente Israele di essere uno Stato razzista e si condannava il sionismo come razzismo. La delegazione palestinese appoggiata dai paesi arabi e islamici premeva perché tali definizioni fossero inserite nei documenti finali della conferenza. Le delegazioni degli imperialisti Usa e di Tel Aviv rigettavano con arroganza la proposta e il 3 settembre decidevano di abbanonare i lavori. La fuga della delegazione Usa era anche dettata dalla volontà dell'amministrazione Bush di non voler discutere delle responsabilità americane sulla questione della schiavitù e sulle riparazioni chieste dalle vittime. Non a caso gli Usa non erano presenti alle due precedenti conferenze Onu sul razzismo.
Il ruolo di difensore delle ragioni dei paesi imperialisti se lo assumeva la superpotenza europea con l'aiuto della responsabile della Conferenza, l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Mary Robinson. La conferenza si chiudeva l'8 settembre con l'approvazione di una "Dichiarazione di principi'' e un "Piano d'azione'' mondiale per combattere razzismo, discriminazioni, xenofobia e intolleranza con un compromesso sul razzismo di Israele e con l'assenza di scuse dell'Europa per le sue responsabilità nello schiavismo.
Fra gli altri punti dei temi in discussione al capitolo su diritti e razzismo la Conferenza esprime la sua condanna per "il persistere e il riemergere di neonazismo, neofascismo e ideologie nazionaliste violente basate su pregiudizi razziali e nazionali''.
La messa a punto del capitolo sullo schiavismo era stata affidata a un gruppo ristretto guidato da Brasile e Kenya. I paesi africani chiedevano che "lo schiavismo, la tratta degli schiavi, il colonialismo, l'apartheid e il genocidio siano considerati crimini contro l'umanità'', scuse esplicite da parte "degli stati che hanno praticato, beneficiato o che si sono arricchiti con lo schiavismo, la tratta di schiavi e il colonialismo''. E poiché "la presente situazione di povertà, sottosviluppo e marginalizzazione dei paesi di sviluppo e in particolare dell'Africa'' discendono da quelle ingiustizia del passato, volevano adeguate riparazioni. L'Ue non accettava la definizione di colonialismo come "crimine contro l'umanità'' per impedire una valanga di richieste di risarcimento contro le ex potenze coloniali e comunque nessuna scusa ufficiale, al massimo un'espressione di rincrescimento.
Nel testo finale perciò si afferma che "la Conferenza mondiale riconosce ed esprime rincrescimento per le enormi sofferenze umane e per la tragica condizione di milioni di uomini, donne e bambini causata da schiavitù, tratta degli schiavi, commercio di schiavi attraverso l'Atlantico, apartheid, colonialismo e genocidio'', ritenute tragedie del passato. Si afferma che tutte le attività collegate alla piaga della schiavitù "sono e dovranno sempre essere crimini contro l'umanità e costituiscono le principali cause ed espressioni del razzismo, della discriminazione razziale, la xenofobia e le intolleranze collegate''. La dichiarazione rende "onore alla memoria delle vittime'' e chiede alle nazioni che non hanno ancora presentato scuse o espresso rimorso di "restituire dignità alle vittime''.
In ogni caso nessuna riparazione economica diretta come chiedevano i paesi africani. Le ex potenze coloniali sono solo invitate a "prendere misure appropriate ed efficaci per fermare e invertire le durature conseguenze'' di quelle pratiche schiavistiche.
La negoziazione del capitolo sul Medio Oriente era affidata al ministro degli Esteri sudafricano, la signora Dlamini Zuma, che il 6 settembre proponeva un testo approvato dalla Ue e dalla delegazione di Arafat. I paesi della Lega araba e della Conferenza Islamica lo consideravano insufficiente perché non nominava gli insediamenti dei coloni ebraici nei Territori palestinesi e non affermava che Israele deve accettare il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi. Il pressing imperialista sui paesi arabi e islamici era proseguito dal socialista Jospin che con un dispaccio di agenzia da Parigi dichiarava che "se il legame tra il sionismo e il razzismo viene mantenuto'' la Francia e l'Unione europea abbandonavano i lavori.
Il documento finale, non approvato su questo punto da Siria, Iran, Canada e Australia, afferma che "sul Medio Oriente, la Conferenza chiede la fine delle violenze e la pronta ripresa dei negoziati di pace; il rispetto dei diritti umani e delle leggi umanitarie internazionali; il rispetto del principio di autodeterminazione e la fine di tutte le sofferenze, in modo da permettere a Israele e ai Palestinesi di riprendere il processo di pace, e di evolvere e prosperare in sicurezza e libertà''. "Preoccupata per la difficile condizione del popolo Palestinese sotto occupazione straniera'', la Conferenza riconosce l'inalienabile diritto del popolo Palestinese all'autodeterminazione e all'istituzione di uno Stato indipendente.