Euro e Borse nella tempesta per il crollo finanziario dell'Irlanda
Il presidente del consiglio europeo: "L'euro rischia di saltare"

Nell'intervento alla commissione Affari economici e monetari del Parlamento europeo, il 30 novembre, il presidente della Banca centrale europea (Bce) Jean-Claude Trichet ha sostenuto che "al momento ci sono dei problemi ma non credo, per quel che ne so, che la stabilità finanziaria della zona euro possa essere messa seriamente in discussione".
Un ottimismo dovuto al fatto che se "si guarda allo stato reale dell'economia quello che finora ho visto non è nient'altro che un ritorno alla crescita dopo la recessione". I timidissimi segnali di ripresa economica, tutt'altro che stabilizzati, sono sufficienti al responsabile della Bce per essere ottimista che comunque punta soprattutto sulle riforme strutturali di tutti i paesi interessati all'area euro, ovvero alle politiche di lacrime e sangue adottate anzitutto dai governi che sono arrivati sull'orlo del baratro, come Grecia e Irlanda, o che ci si stanno arrivando, come Portogallo e Spagna, o che sono in difficoltà come tutti gli altri, a partire dall'Italia fino alla Gran Bretagna che non fa parte dell'eurogruppo.
L'ultimo intervento per il salvataggio dell'Irlanda dal crollo finanziario che stava trascinando euro e borse nella tempesta era arrivato il 28 novembre nel corso di una riunione in teleconferenza tra l'eurogruppo riunito a Bruxelles e il direttore generale dell'Fondo monetario internazionale (Fmi) Dominique Strauss-Khan, con la partecipazione anche dei ministri delle Finanze di Gran Bretagna, Svezia e Danimarca, i tre Paesi fuori dall'eurozona che si sono impegnati a rafforzare il piano di aiuti a Dublino con prestiti bilaterali. Il testo dell'intesa, successivamente approvato dall'Ecofin il 30 novembre prevede che a Dublino sia concesso un aiuto finanziario, sotto forma di prestito, per circa 85 miliardi di euro, di cui ben 35 miliardi destinato al salvataggio del sistema bancario irlandese. Un prestito concesso solo dopo l'adozione del piano di austerità varato dal governo irlandese, bocciato nella grande manifestazione del 27 novembre a Dublino.
Il progetto era stato discusso anche nel corso di una consultazione telefonica fra il presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy, il presidente della Commissione Josè Manuel Barroso, il presidente dell'Euro gruppo Jean-Claude Juncker, il presidente della Bce Jean-Claude Trichet, ovvero i vertici dell'Unione Europea, e la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy, il "nocciolo duro" che guida l'Europa per uscire dalla tempesta della crisi. L'allarme del presidente Van Rompuy era stato chiaro: "l'euro rischia di saltare".
L'adozione del piano ha fatto dire a Barroso che dopo i casi della Grecia e dell'Irlanda, l'Europa "ha tutti gli strumenti necessari per far fronte, nel caso in cui fosse necessario, ad altre crisi". Ma il deprezzamenteo dell'euro rispetto al dollaro e le turbolenze in borsa indicano piuttosto che per investitori e speculatori il Fondo di stabilità europeo potrà sostenere per un periodo limitato un paio di piccoli paesi dell'Unione ma non altri e soprattutto non quelli più grossi come si prospetta per la Spagna. Mentre alla borsa di Londra si commentava che negli "stress test", i controlli richiesti anche negli Usa per valutare lo stato di salute delle banche, effettuati dalla Bce solo pochi mesi fa avevano ampiamente promosso le banche irlandesi, portoghesi e spagnole. Le prime sono già saltate.
A dettare le regole per gli interventi di salvataggio dei paesi euro in difficoltà è la Germania, alla quale un euro indebolito rispetto al dollaro serve per facilitare le sue esportazioni e trainare l'auspicata ripresa economica ma che non può spingersi oltre un certo limite oltre il quale il castello dell'euro potrebbe crollare. Il piano tedesco illustrato al parlamento di Berlino dal ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble prevede che chi è in difficoltà debba stringere la cinghia e chi ha comprato obbligazioni dei paesi a rischio debba prepararsi a poter soffrire una perdita. In altre parole una politica di pesanti tagli ai bilanci pubblici per il contenimento del debito, come già avvenuto per i paesi più in crisi. Una partita che si giocherà anche sul tavolo del prossimo vertice del Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre dove Germania, Francia e Olanda detteranno le condizioni per il rientro nei parametri di deficit e di debito degli altri paesi, nessuno escluso.

1 dicembre 2010