I fulmini di guerra voleranno su ali italiane
Accordo Usa-Italia sui caccia F-35
Il governo Prodi ne acquisterà 131 con una spesa di 11 miliardi di dollari
Dura condanna di due vescovi
Dopo Kabul e Vicenza ecco un altro eloquente "segnale di discontinuità" in politica estera e militare del governo di "centro-sinistra" Prodi! Il 7 febbraio a Washington il sottosegretario alla Difesa Giovanni Forcieri (DS) ha firmato il memorandum d'intesa con il Pentagono per la produzione del caccia-bombardiere Joint Strike Fighter, denominato JSF o anche F-35 Lightning (fulmine). Si tratta di un caccia d'attacco di nuova generazione in grado di portare anche ordigni atomici, progettato e prodotto da un consorzio internazionale guidato dagli Usa e dalla Gran Bretagna, e che vede al terzo posto l'Italia come impegno finanziario e industriale, in questo che il compiaciuto viceministro italiano ha definito "il più grande e tecnologicamente più evoluto programma della storia dell'aviazione".
"Questo dovrebbe essere considerato un aereo italoamericano", ha dichiarato il rinnegato Forcieri esaltando con orgoglio la partecipazione in prima fila dell'Italia alla realizzazione del supercaccia come un "segno tangibile dell'importanza della cooperazione transatlantica". E difatti quest'arma micidiale, che secondo gli strateghi del Pentagono "come un fulmine colpirà il nemico con forza distruttiva e inaspettatamente", volerà su ali italiane, essendo la realizzazione delle ali dell'apparecchio affidata alla italiana Alenia aeronautica.
Dopo il collaudo dei prototipi, nel 2008 inizierà la produzione dell'aereo nelle sue tre varianti: a decollo e atterraggio convenzionali, per le portaerei e a decollo verticale. Usa e Gran Bretagna ne acquisteranno circa 2600. L'Italia, come ha confermato Forcieri, ne ha prenotati 131 che saranno assemblati nel sito di Cameri, vicino a Novara. La nostra marina e la nostra aeronautica saranno così dotate, a suo dire, di "uno strumento idoneo ad assolvere ai rispettivi ruoli in modo completo, efficace e, possibilmente, con il minimo impegno finanziario". Quale sia questo "ruolo" delle forze armate italiane, che abbisogna di un'arma così mostruosamente offensiva per essere affermato, il viceministro d'assalto non lo dice, ma non ci vuol molto a capirlo. Quanto poi sia "minimo" questo impegno basta pensare che ognuno di questi ordigni di morte costerà dai 45 ai 55 milioni di euro, e che il costo totale di tutta l'operazione, secondo lo stesso Forcieri, è stimato (ad oggi, e quindi destinato certo ad aumentare) in 11 miliardi di dollari. Di cui uno l'Italia si è impegnata ad anticiparlo cash solo per poter partecipare al progetto. Tutto ciò mentre l'Italia partecipa contemporaneamente al progetto europeo del caccia Eurofighter Typhoon insieme a Gran Bretagna, Germania e Francia, che comporterà una spesa di altri 7 miliardi di euro per acquistarne 121 esemplari.
Sarebbe questa la "politica di pace" del governo di "centro-sinistra", in "coerenza con l'articolo 11 della Costituzione", come Prodi si è vantato ipocritamente dalle colonne compiacenti de "la Repubblica", con una lettera pubblicata nel tentativo di recuperare qualche punto di popolarità nell'elettorato di sinistra, sempre più deluso e indignato nel vedere la perfetta continuità con la politica interventista e guerrafondaia di Berlusconi? Nel caso degli F-35 la continuità della politica italiana va addirittura oltre Berlusconi e arriva fino alla prima stagione del "centro-sinistra", visto che fu nel 1998 con il governo D'Alema che venne firmato il primo memorandum con gli Usa per l'avvio del progetto. Progetto che fu poi confermato con un secondo memorandum nel giugno 2002 dal governo Berlusconi, e infine perfezionato dal governo Prodi con la firma dell'accordo da parte del capo di Stato maggiore Tricarico nel giugno del 2006 e con la firma definitiva del protocollo d'intesa da parte di Forcieri il 7 febbraio scorso.
Passano i governi, la "sinistra" e la destra borghese si alternano alla guida del Paese, ma la politica imperialista, militarista, interventista e guerrafondaia del capitalismo italiano di cui esse sono entrambe al servizio è sempre quella, e questa dei mostruosi F-35 ne è la dimostrazione più lampante. Una verità che si va facendo strada anche nei settori cattolici più sensibili al tema della pace. Albino Bizzotto, dei Beati i costruttori di pace, ha accolto la notizia dell'accordo Italia-Usa sottolineando per esempio che "il mondo cambia ma i governi sembrano non accorgersi di quel che pensa la gente. Non si vede mai un segnale se non qualche ritocco e si va avanti sulle logiche di sempre. Mi accontenterei che si rispettasse la lettera della Costituzione".
Sul sito di Pax Christi è comparsa una lettera firmata dall'arcivescovo di Alessandria, Fernando Charrier, e dall'arcivescovo di Pescara e presidente di Pax Christi Italia, Tommaso Valentini, in cui si riafferma, come comunità cristiana e in riferimento esplicito all'"avvio dell'assemblaggio finale di velivoli da combattimento da effettuarsi nel sito aeronautico di Cameri", la "necessità di opporsi alla produzione e alla commercializzazione di strumenti concepiti per la guerra". Rispondendo indirettamente a Forcieri, che per giustificare la firma dell'accordo aveva esaltato, come del resto fanno sempre i militaristi e i guerrafondai, il "grande affare per l'Italia" in termini di commesse per le nostre industrie e di posti di lavoro, i due religiosi sottolineano che la produzione di armamenti non si può "considerare alla stregua di beni economici qualsiasi". E sbugiardando implicitamente la proclamata "vocazione di pace" del governo Prodi, giustamente si chiedono: "Quale cammino di pace sarà mai possibile se si continua a investire nella produzione di armi e nella ricerca applicata a svilupparne di nuove"?

14 febbraio 2007