Critiche degli studenti tedeschi
I fasci all'ambasciata italiana a Berlino
Ciampi li avalla

Per vederlo incorniciato da due fasci littori d'ora in poi non sarà necessario ricorrere al nostro apprezzato fotomontaggio di Berlusconi nei panni di Mussolini affacciato al famigerato balcone di Palazzo Venezia. Basterà che il neoduce si lasci ritrarre nella neoinaugurata ambasciata italiana a Berlino, dove sono stati recuperati, restaurati e fanno bella mostra di sé due fasci della sua stessa altezza scolpiti all'epoca in bianco travertino romano, quando vi si insediò per la prima volta l'ambasciata italiana regalata "generosamente" da Hitler a Mussolini per suggellare con un edificio fortemente simbolico quel Patto d'acciaio stipulato tra Germania e Italia e costato ai popoli la carneficina della seconda guerra mondiale.
La vicenda è talmente scandalosa da aver suscitato l'accorata protesta di un gruppo di studenti tedeschi e italiani presso l'università di Berlino che hanno accolto il 26 giugno il presidente Carlo Azeglio Ciampi intervenuto in pompa magna all'inaugurazione della fascistissima ambasciata con striscioni, volantini e la domanda, rimasta senza risposta, postagli da una dottoranda italiana presente in aula magna durante la cerimonia.
Il semestre di presidenza italiana della Ue non poteva aprirsi in modo peggiore: il regime neofascista ha voluto far sapere al mondo intero che ha chiuso definitivamente i conti col secondo dopoguerra ed eredita e ostenta sfrontatamente persino i simboli della dittatura mussoliniana. Mentre Ciampi si spinge più in là del suo predecessore Vittorio Emanuele III, impossibilitato a presenziare all'apertura della rappresentanza diplomatica prima fascista e poi repubblichina.
Ma facciamo un passo indietro e ripercorriamo brevemente questa vicenda. Il tutto ha inizio alla fine degli anni Trenta, allorché il Führer avviò una monumentale ricostruzione di Berlino che aveva lo scopo di celebrare ed esaltare la grande capitale del "Terzo Reich" nel mondo intero. Affidò l'incarico di questa micidiale demolizione dei vecchi edifici e la faraonica ricostruzione urbanistica della città al suo architetto di fiducia Albert Speer, che supervisionò il progetto di costruzione dell'edificio in Tiergartenstrasse realizzato da Friedrich Hetzelt, noto per aver anche disegnato e progettato Lager e campi di concentramento nei dintorni della capitale. Costruito anche grazie ai lavori forzati di 80 ebrei, l'edificio racchiude in sé tutti i canoni perversi dell'architettura nazista e fascista: monumentalità imperiale, pomposità e tronfia apologia dell'antica Roma; analogamente a quanto accadeva in Italia con gli architetti di regime come Marcello Piacentini, che peraltro si resero responsabili dello sventramento di Roma e della costruzione di via della Conciliazione (tra Vaticano e Stato italiano).
Dopo che per un cinquantennio le rovine belliche avevano opportunamente sepolto quell'obbrobrio storico e politico, nel 1996 il governo Dini decise di farlo rinascere avviando un costosissimo progetto (pagato questa volta interamente dal popolo italiano con oltre 30 miliardi di vecchie lire) di recupero e restauro dell'edificio, poi i governi di "centro-sinistra" lo avallarono e quasi lo completarono e, infine, il governo in carica lo ha ultimato e insediato gli uffici diplomatici, la residenza dell'ambasciatore e l'Istituto italiano di cultura nelle ben 500 stanze disposte su cinque piani, con terrazze, logge e persino un bunker sotterraneo (di hitleriana memoria), su un'area complessiva di oltre diecimila metri quadrati.
Si deve personalmente a Berlusconi, quando si era preso anche l'interim agli Esteri, la decisione di recuperare dagli scantinati i due fasci littori e farli tornare a vivere alla luce del sole, mentre il suo ambasciatore, Silvio Fagiolo, in una intervista lunga cinque pagine a un giornale fascista di Stoccarda, "Oltre confine", rivendicava al restauro il pregio di aver preservato e resi "ben visibili" tutti i simboli della nostra storia. Il che è come dire, davanti un edificio nato e morto fascista, far tornare a vivere tutti e soli i simboli mussoliniani, fasci compresi.
E se oggi non compaiono tra questi simboli le insegne diplomatiche della famigerata "RSI" dobbiamo unicamente ringraziare l'eroico Esercito rosso diretto da Stalin, che quando liberò Berlino le requisì e le distrusse.