FASSINO, L'UOMO DI AGNELLI, CANDIDATO VICE DI RUTELLI
"E' vero, abbiamo storie ed esperienze diverse, ma sono molto felice e affascinato da questo ticket, che mi intriga proprio perché veniamo da percorsi differenti. Io penso che un liberaldemocratico leader di una formazione di laici e cattolici come la Margherita e un socialdemocratico insieme sono un bel mix. Tutto sommato può essere la versione italiana del lib-lab che in altri paesi si è rivelato vincente''.
Così Piero Fassino, in un'intervista a "la Repubblica'' del 29 gennaio, ha commentato la sua nomina a candidato vice premier di Rutelli, vagheggiando una sorta di governo Blair a due teste benedetto dal responso delle urne il prossimo 13 maggio. In realtà la scelta di Fassino come suo vice non risponde solo per Rutelli alla necessità di colorare di rosa con un pizzico di socialdemocrazia il suo liberalismo, quanto di rafforzare proprio quest'ultimo e acquistare credibilità e appoggi negli ambienti "che contano'', cioè della ricca borghesia del Nord, decisivi per vincere il confronto elettorale con Berlusconi.
Piero Fassino, 52 anni, DS, torinese, è l'uomo giusto per spianare la strada a Rutelli in questi ambienti. Sì, perché in questi ambienti Fassino ci è nato, per così dire, essendo di famiglia ricca (carburanti e pompe di benzina), con tanto di studi dai gesuiti e frequentazioni intime di casa Agnelli e degli altri "salotti buoni'' della grande borghesia piemontese e non solo. Tutto ciò senza minimamente interferire (anzi) con la sua "brillante'' carriera di segretario della federazione torinese del PCI e consigliere comunale, prima, per poi diventare responsabile Esteri del PDS e fare una rapida carriera di governo come sottosegretario agli Esteri con Prodi e come ministro del Commercio con l'estero nel primo e secondo governo D'Alema, e infine come ministro della Giustizia nell'attuale governo Amato, dove si sta distinguendo nel portare avanti una politica di stampo liberticida e razzista, tale da fare concorrenza alla politica forcaiola e fascista del Polo e della Lega.
Insomma, senz'altro una delle personalità emergenti del partito dei rinnegati del comunismo e dell'intera coalizione dell'Ulivo, la cui ambiziosità e i cui buoni rapporti con gli ambienti dell'alta borghesia e con tutti i leader del suo partito, da Berlinguer (che gli offrì la segreteria della FGCI ma lui rifiutò in favore di D'Alema) a Occhetto, D'Alema, Veltroni, Mussi, ecc., gli hanno sempre permesso non solo di rimanere a galla, ma di assumere un ruolo da protagonista nei vari passaggi che hanno portato il PCI revisionista al rinnegamento ufficiale del comunismo e ad abbracciare il socialismo liberale. Non per nulla Fassino si vanta di essere - tra i leader diessini - un socialdemocratico della prima ora, come ha teso a sottolineare in un'intervista al "Corriere della Sera'' dell'8 aprile, in cui alla domanda se si definisce un socialdemocratico, ha risposto: "Mi sono definito così quando ero nel PCI, figuriamoci oggi. Sono stato tra i protagonisti della nascita del PDS e dell'ingresso nell'Internazionale Socialista, penso che la socialdemocrazia sia capace di tenere insieme modernità e giustizia''.
In qualità di sottosegretario agli Esteri nel governo Prodi si è distinto nella politica imperialista e militarista, facendosi fautore dell'espansionismo economico e militare dell'Italia e dell'esercito professionale interventista. Sua l'enunciazione del principio dell'"esercizio di leadership'' da parte dell'Italia "potenza mondiale'', e suo anche quello delle "tre direttrici'' della politica imperialista italiana, Europa centrale, sud-orientale e bacino del Mediterraneo. Inoltre, sempre come vice di Dini, ha avuto un vero e proprio ruolo trainante e da protagonista nell'intervento militare in Albania, deciso dal governo Prodi con l'appoggio del Polo neofascista e l'acquiescenza del PRC, intervento da lui stesso definito spudoratamente parte integrante "della nostra strategia di proiezione dell'Italia nell'Europa centrale e nei Balcani''.
Come ministro del Commercio con l'Estero nei governi del rinnegato D'Alema ha proseguito e rafforzato l'espansionismo italiano verso l'Europa dell'Est e in altri paesi, e stretto ulteriormente i già ottimi rapporti da sempre coltivati con il mondo dell'economia, dell'industria e della finanza. Fu lui ad organizzare l'incontro tra l'avvocato Agnelli e il duo Veltroni-D'Alema dietro le quinte del congresso diessino al Lingotto, con il quale il padrone di casa dette il suo beneplacito allo sdoganamento ufficiale degli ex comunisti. Eccellenti i rapporti di Fassino anche con altri esponenti della grande industria e della finanza, come Cantarella, Tronchetti Provera, Benedini. Rapporti che anche il suo concorrente Pierluigi Bersani può vantare, ma che non sono bastati all'ex ministro dell'Industria, oggi ai Trasporti, per essere preferito al suo compare di partito e di governo nel ruolo di candidato vice premier per il "centro-sinistra''.
è proprio su questi ottimi rapporti con la grande e media borghesia del Nord che il duo Rutelli-Fassino basa la strategia dell'Ulivo di riconquista di posizioni elettorali nell'Italia settentrionale, dove l'alleanza, Polo-AN-Lega è data per stravincente nei sondaggi. E su quali posizioni l'Ulivo intende strappare voti moderati all'altro polo nel Nord Italia? Manco a dirlo facendogli concorrenza sullo stesso piano ultraliberista, federalista e razzista, come lo stesso Fassino ha così spudoratamente enunciato nella già citata intervista a "la Repubblica'': "Io penso che il centrosinistra deve intanto mandare un messaggio: quello che accade al Nord riguarda l'Italia intera. Per tradurre, se quando ci viene detto : `badate abbiamo bisogno di più flessibilità' la risposta è `no, voi volete solo licenziare', è chiaro che quella impresa non si sente riconosciuta. Se quella parte del paese dice `attenzione c'è un cari-co fiscale troppo alto' la risposta non può essere `voi non volete pagare le tasse'. Se ci dicono `l'immigrazione suscita inquietudine e paura' non si può rispondere semplicemente `siete razzisti', perché non è una risposta''.
Questo per quanto riguarda il liberismo e il razzismo adottato per fare concorrenza a Berlusconi, Fini e Bossi. Quanto al federalismo il vice di Rutelli lo contrabbanda dietro la formula "autogoverno e autonomia'', rifacendosi al "progetto forte di federalismo democratico'' che "Cacciari e le forze di centrosinistra hanno elaborato in Veneto''.