Indagato dalle procure di Roma e Milano e tirato in ballo da Fiorani per la scalata ad Antonveneta
Fazio costretto a dimettersi da governatore di Bankitalia
Ma Berlusconi ancora lo difende

Per 5 mesi Antonio Fazio è stato coperto, difeso e protetto dai massimi esponenti sia della destra che della "sinistra" del regime neofascista; ma alla fine, come risulta dalle indagini delle procure di Roma e Milano, il suo coinvolgimento nella tangentopoli bancaria si è rivelato talmente grave e compromettente che perfino i suoi altolocati santi protettori nel governo Berlusconi, nell'UDC, nella Lega Nord, nella massoneria cattolica e in Vaticano di fronte all'incalzare delle inchieste giudiziarie gli hanno voltato le spalle "consigliandolo" il 19 dicembre a rassegnare le dimissioni e a smettere finalmente i panni del grande "moralizzatore" per indossare quelli scomodi dell'indagato.
L'inchiesta giudiziaria prende le mosse dalla notte dell'11 luglio scorso con l'ormai famigerata telefonata del "bacio in fronte" nella quale Fazio anticipa al suo pupillo, ex amministratore delegato della Banca Popolare Italiana Bpi (già Banca Popolare di Lodi Bpl) nonché "fraterno amico di famiglia", Gianpiero Fiorani, il via libera all'Opa di Bpi su Antonveneta.
Una conversazione che fa il giro del mondo e che svela una "criminale complicità" tra il controllore Fazio e il controllato Fiorani.
Dal 24 giugno l'utenza di Fiorani è intercettata nel quadro delle indagini condotte dalla Procura di Milano per i reati di aggiotaggio e insider trading nella vicenda Antonveneta. La Guardia di Finanza passa al setaccio 24 ore su 24 tutti i contatti del banchiere lodigiano, tra cui spiccano quelli frequenti con il governatore e la sua famiglia.
La trascrizione del colloquio comincia con Fazio che chiede a Fiorani: "Ti ho svegliato?". Fiorani: "No, no, guarda sono qui a Milano ancora a parlare con i miei collaboratori". Fazio: "Va beh, ho appena messo la firma, eh". Fiorani: "Ah Tonino... io sono commosso, con la pelle d'oca, io ti ringrazio, io ti ringrazio... Guarda, ti darei un bacio in questo momento, sulla fronte ma non posso farlo...". Fazio: "Va anche detto a Gigi, che adesso avvertiamo, di non parlarne, per un po' di giorni deve stare lontano da qua". Fiorani: "Esatto, ci siamo capiti, bravissimo".
Pochi minuti dopo Fiorani chiama Gnutti, che, "per caso?" era nel veronese a una cerimonia di Forza Italia insieme con Berlusconi, per avvisarlo della "bella notizia". Gnutti richiama Fiorani per dirgli che "il presidente è rimasto molto contento della riuscita dell'operazione". Pochi minuti ancora, e da Roma giunge notizia che anche Grillo e la moglie di Fazio erano stati informati cosiccome tutti gli uomini di Fiorani in Bpi.
Insomma, Fazio doveva ancora firmare, ma il via libera all'Opa di Bpi su Antonveneta aveva già fatto il giro dell'Italia dei potenti boss politici ed economici.
Nell'ordinanza che il 13 dicembre ha portato in carcere Fiorani il Gip Forleo scrive che il banchiere lodigiano nel suo interrogatorio del 31 agosto dice "di aver ricevuto la nota telefonata mentre si trovava presso lo studio" milanese dei propri legali insieme a Boni, Favaré e D'Amico (tre funzionari di Bpl) e rileva che era stato "Fazio a riferire a Fiorani che avrebbero provveduto 'loro' ad avvisare il senatore di Forza Italia Luigi Grillo" (il Gigi della telefonata), dove loro sta per Fazio e i suoi in Banca d'Italia. Fiorani aggiunge "che il ruolo di Grillo era stato di 'lobbysmo puro'".
Il 29 settembre, con l'accusa di abuso d'ufficio, il nome di Fazio finisce nel registro degli indagati della procura di Roma che nel frattempo ha aperto un fascicolo sulle irregolarità dell'autorizzazione data da Palazzo Koch alla Bpl e in particolare sui requisiti patrimoniali attestati da Fiorani ma messi in dubbio dagli ispettori di Bankitalia Claudio Clemente e Giovanni Castaldi; in sostanza Fazio e il coindagato per lo stesso reato, Francesco Frasca, responsabile della vigilanza di Bankitalia, pur sapendo della fittizietà dei requisiti patrimoniali minimi della Bpl, "abbelliti" da Fiorani con finte cessioni di partecipazioni di minoranza; hanno abusato del loro ufficio dando lo stesso il via libera alla scalata.
Il 15 dicembre, due giorni dopo l'arresto di Fiorani, Fazio finisce anche nel registro degli indagati della Procura di Milano per il reato di insider trading. Gli inquirenti gli contestano una norma della legge 62/2005 (entrata in vigore da maggio) in materia di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato, e in particolare gli contestano di aver divulgato alla "banda dei furbetti del quartierino" di Fiorani informazioni privilegiate (riservate e sensibili per il mercato) proprio nel corso dell'iter di valutazione di competenza della Banca d'Italia nella procedura di autorizzazione dell'Offerta pubblica di acquisto (Opa) lanciata in primavera dalla Popolare di Lodi sull'Antonveneta contesa agli olandesi di Abn Amro.
Ma a schiodare definitivamente Fazio dall'ambita poltrona di via Nazionale sono state probabilmente le dichiarazioni di Fiorani che nel corso dei suoi 5 lunghi interrogatori sostenuti nei giorni a cavallo delle feste di fine anno ha svelato ai giudici di Milano molti altri inquietanti retroscena della tangentopoli bancaria. Infatti appena 24 ore dopo il primo interrogatorio fiume di Fiorani, il nome di Fazio è stato nuovamente iscritto nel registro degli indagati della procura di Milano con l'accusa di aggiotaggio e, forse, anche per associazione a delinquere.
Perciò, lasciato solo con la paura che Fiorani possa aver raccontato cose ancora più compromettenti tanto da rendere necessario un mandato di arresto nei suoi confronti, evento più volte ipotizzato nel corso delle ultime settimane, alla fine Fazio ha deciso di gettare definitivamente la spugna. Anche perché, nell'ordinanza di arresto contro Fiorani la Forleo, parla di una "rete di complicità" che ha riguardato "soggetti esterni e anche istituzionali". E il riferimento, è scritto, è a chi per anni, nonostante gli esposti di associazioni di consumatori e privati cittadini, "è rimasto inerte, tradendo numerosissimi piccoli risparmiatori, continuando pervicacemente a difendere l'istituto in questione anche nell'ultima clamorosa vicenda, quella relativa alla scalata Antonveneta.
Eppure, nonostante il suo coinvolgimento oggettivo nei crack Cirio, Parmalat, Banca 121 e i bond argentini e nonostante i 3 avvisi di garanzia ricevuti, sia la destra che la "sinistra" del regime neofascista (quest'ultima, fra l'altro, in occasione delle politiche del 2001 tentò di candidarlo premier dell'Ulivo al posto di Prodi ndr) invece di condannare duramente le malefatte di Fazio continuano a difendere il suo operato. Su tutti spicca il neoduce Berlusconi che a poche ore dalle sue dimissioni ha dichiarato: "io ho sempre considerato Fazio una persona onesta, di principi e di grande moralità. Può darsi che abbia sbagliato, ma lo ringrazio per le dimissioni... un passo che poteva anche non fare" ma che ha tolto il governo e il parlamento "da una situazione difficile e complicata". Inoltre, ha aggiunto ancora il neoduce: "Credo che Fazio che ha resistito in quel posto proprio perché non voleva, dando le dimissioni, che si potesse credere che avesse commesso qualcosa di illecito. Fazio ha servito egregiamente il Paese, vedremo se effettivamente avrà mancato in questa ultima vicenda". Parole eloquenti che dimostrano quanto Palazzo Chigi lo abbia protetto, assecondato e aiutato.

4 gennaio 2006