Salgono a cinque i più recenti licenziamenti politici di Marchionne
La Fiat licenzia un operaio a Termoli perché ha protestato a Pomigliano

Salgono a cinque i licenziamenti politici alla Fiat di Marchionne in pochi giorni. Dopo il delegato della Fiom di Mirafiori e i tre lavoratori della Sata di Melfi, anch'essi iscritti e attivisti della Fiom, ora la Fiat di Termoli (Power Train che si occupa di meccanica) ha dato il ben servito a Giovanni Musacchio, operaio Fiat da 12 anni, rappresentante Rsu e componente del coordinamento provinciale di Campobasso dello Slai Cobas.
La motivazione addotta dall'azienda per licenziarlo sarebbe scaturita dal fatto che Musacchio, in permesso fino alle 14 per accudire la figlia, avrebbe partecipato alla protesta di Pomigliano d'Arco, il 22 giugno scorso, giorno in cui si è svolto il referendum sul contestato piano di investimenti proposto da Marchionne. In realtà il sindacalista avrebbe raggiunto la delegazione sindacale dello Slai davanti allo stabilimento di Pomigliano solo nel pomeriggio.
La notizia è stata comunicata al lavoratore (che tra l'altro è nipote di Stefano Musacchio, anche lui lavoratore licenziato per aver esposto in fabbrica la bandiera della pace e poi reintegrato dopo il ricorso) il 20 maggio, mentre stava entrando nei cancelli dell'impianto per cominciare il suo turno di lavoro.
"È inammissibile, un atto gravissimo di repressione verso le maestranze" ha commentato Andrea Di Paolo, Rsu di stabilimento e anche lui del coordinamento provinciale dello Slai, che denuncia le pratiche spionistiche, come le fotografie prese da Repubblica, che Fiat ha allegato alla comunicazione di licenziamento come prova della sua presenza davanti ai cancelli dell'impianto di Pomigliano.
Il coordinamento nazionale dello Slai Cobas ha annunciato un'azione legale in difesa di Musacchio. "La Fiat, non riuscendo ad avere consensi, passa alla repressione nei confronti degli operai e dei sindacalisti" ha denunciato Vittorio Granillo.
Dopo l'ennesimo licenziamento, il coordinamento nazionale della Fiom ha proclamato per venerdì 23 luglio uno sciopero di 2 ore di sciopero per tutti gli impianti del gruppo, nonché previsto per il 28 luglio un sit in davanti a Montecitorio insieme alle forze politiche per denunciare "il clima antidemocratico e intimidatorio della Fiat". "Per non disperdere le forze" lo Slai Cobas ha deciso anch'esso di proclamare lo sciopero in concomitanza con quello indetto dalla Fiom, di 2 ore in tutti gli stabilimenti e 8 ore nello stabilimento di Termoli, per dare maggior sostegno al proprio sindacalista. Scioperi che hanno avuto un buon successo, come ad esempio negli stabilimenti di Mirafiori e alla Iveco di Torino dove le adesioni sono state, secondo dati Fiom, tra il 65 e il 70% e dove, alla protesta per i licenziamenti politici si sono unite le preoccupazioni per l'annuncio di Marchionne dello spostamento di parte della produzione in Serbia.
Nei giorni precedenti non sono mancate le iniziative per fronteggiare l'arrogante diktat antisindacale e antioperaio della Fiat. Il 21 è stato presentato il ricorso in tribunale per comportamento antisindacale, contro la Fiat, per i tre operai di Melfi. E sempre il 21 a Termini Imerese i lavoratori hanno scioperato per 8 ore, in concomitanza con l'assemblea dei delegati siciliani insieme al segretario generale della Fiom, Maurizio Landini per discutere del processo di deindustrializzazione del Mezzogiorno e ribadire il deciso no della Fiom al piano di Marchionne che intende chiudere la fabbrica siciliana entro l'anno.

28 luglio 2010