(L'eccidio di Katyn fu opera di Hitler e non di Stalin) (La foresta di Katyn: il punto di vista sovietico)
Il film del polacco Wajda è un falso storico antisovietico e anticomunista
Neofascisti, anticomunisti, filonazisti e revisionisti storici organizzano proiezioni gratuite per dare fiato alle loro falsità
Falso, antisovietico, anticomunista e filonazista sul piano storico, politico e ideologico; patetico, lordo, vile e ripugnante sul piano artistico: questo è il giudizio che si può dare del film del regista polacco Andrzej Wajda intitolato "Katyn" uscito nel 2007 in Polonia e in distribuzione nelle sale italiane dal 13 febbraio 2009.
Il film catalogato nel genere "drammatico-storia-guerra" sposa in pieno le truffaldine tesi dei nazisti e dei fascisti rilanciate a ritmo martellante nei vari "libri neri del comunismo" e, per ammissione dello stesso autore, non ha niente a che vedere né con la storia né con la ricostruzione oggettiva e imparziale dei fatti basata su documenti e prove inconfutabili. In sostanza esso rappresenta l'ennesimo tentativo da parte dei revisionisti storici e della reazione mondiale di riscrivere la storia della seconda guerra mondiale a loro uso e consumo addossando le responsabilità del massacro di Katyn a Stalin e alla gloriosa Armata Rossa sovietica e non a Hitler e ai criminali nazisti come in realtà è avvenuto. Tutto ciò senza esibire né uno straccio di prova storicamente verificata né un minimo di spiegazione logica sul perché l'Armata Rossa sovietica avrebbe dovuto compiere tale crimine.
L'obiettivo che costoro cercano di perseguire con queste odiose campagne di disinformazione storica e politica è fin troppo evidente: attaccare il socialismo di Lenin e Stalin, dipingerlo come il male assoluto dell'umanità, rilanciare in grande stile sul grande schermo l'equazione perversa nazismo uguale comunismo, presentando addirittura Stalin come alleato di Hitler nella spartizione della Polonia. Tutto ciò senza distinguere l'aggressore dall'aggredito, le vittime dai carnefici, col chiaro tentativo di cancellare ogni memoria storica, specie nelle giovani generazioni che nulla sanno di quella immane tragedia, inculcandogli la "verità" comoda alla borghesia dominante e i "valori" di questo marcio sistema economico e politico imperialista.
Si tratta dunque di un'odiosa falsificazione storica che, nonostante sia stata affidata a un arcirevisionista come Wajda proprio per dargli un minimo di credibilità in quanto figlio di uno delle migliaia di ufficiali e soldati polacchi trucidati a Katyn dai nazisti, è miseramente fallita. Il film infatti si è rivelato un clamoroso flop facendo registrare in questi due primi mesi di proiezione una media di incassi di appena 397 euro a serata. Un insuccesso totale di pubblico e di critica che ha letteralmente mandato in bestia i neofascisti e i revisionisti storici nostrani secondo cui il film sarebbe "vittima della censura del mercato" e che per questo hanno scatenato una vergognosa campagna stampa sui mass media di regime organizzando proiezioni gratuite in varie città italiane nel tentativo di rilanciare "la magistrale opera del maestro polacco" e le loro infami tesi filo naziste.
Del resto basta assistere alle scene iniziali del film per rendersi subito conto che si è di fronte a una falsificazione della storia fatta "ad arte". Il film dà subito per scontato che con la stipula del patto di non aggressione (siglato a Mosca il 23 agosto 1939 fra i ministri degli esteri tedesco Ribbentrop e quello sovietico Molotov) Hitler e Stalin si siano messi d'accordo per "spartirsi la Polonia" sulla base di alcuni "protocolli segreti" che però nemmeno la "perestrojka" di Gorbaciov è riuscita a portare alla luce semplicemente perché non esistono.
Saltando a pie' pari la proditoria aggressione nazista contro la Polonia del 1° settembre '39, i massacri e le atrocità compiute dai nazisti fin dalle prime ore dell'occupazione; la scena si sposta subito al 17 settembre successivo nella parte della Polonia orientale al confine con la Bielorussia occidentale dove sono "rinchiusi gli ufficiali polacchi prigionieri dei russi": menzogne che in verità lo stesso film nella scena successiva svela in modo plateale. In un primo momento infatti si vede la protagonista Anna in fuga da Cracovia invasa dai nazisti e con al seguito la figlioletta Nika di 5 anni che assiste alle presunte "atrocità" compiute dai "russi" e inventate di sana pianta tra cui spicca la scena strappalacrime del crocifisso mutilato e gettato a terra fra i cadaveri. Subito dopo però Anna si muove liberamente fra le linee degli "occupanti russi" senza incontrare né un soldato né un posto di blocco sovietico a guardia dei presunti "prigionieri polacchi" e, una volta raggiunto il marito Andrzej, capitano dell'8° reggimento dell'esercito polacco, lo invita a tornare a casa con lei proprio "perché non c'è nessun controllo per le strade". Andrzej, però, al culmine di un'altra scena patetica e strappalacrime, rifiuta liberamente di seguirla per non macchiare il suo onore di ufficiale polacco e non perché i sovietici glielo impediscono.
La verità è che tra il settembre del '39 e la primavera del '40 l'Armata Rossa sovietica non partecipò a nessuna spartizione della Polonia con Hitler, ma, a scopo preventivo e per guadagnare tempo sull'ormai imminente e annunciata aggressione nazista e, ancora di più, di fronte all'inaspettata e repentina capitolazione dell'esercito polacco che riuscì a resistere solo poche settimane alle armate hitleriane, tra il 16 e il 17 settembre del '39 schierò le sue truppe sulla Bielorussia occidentale. E che non si trattò di un'aggressione né di un'occupazione militare lo testimonia il fatto che poche ore dopo lo schieramento dell'Armata Rossa sul confine bielorusso il maresciallo Rydz-Smigly, comandante in capo dell'esercito polacco, diramò l'ordine di non considerare l'Urss paese belligerante. Infatti quasi tutti i 300 mila soldati e ufficiali polacchi rispettarono l'ordine. Molti tornarono a casa o si spostarono in Lituania e Romania ma tanti altri, circa 130 mila decisero di restare e di lottare al fianco dei sovietici contro il comune nemico nazi-fascista.
Del resto lo stesso Wajda ha più volte dichiarato che "io ho voluto solo raccontare il dolore e il dramma vissuto dalle famiglie, dalle madri, dalle mogli e dalle figlie dei prigionieri che per anni li hanno aspettati invano e per decenni non li hanno potuti onorare degnamente. Non ho voluto indagare sui fatti storici" proprio perché, aggiungiamo noi, le sue farneticanti menzogne su Katyn non hanno alcun fondamento storico. Egli spaccia per verità storica le stesse falsità ripetute nel dopoguerra dai nazi-fascisti, antisovietici e anticomunisti e in tempi più recenti anche dai revisionisti, rinnegati e neoliberali come Occhetto, Gorbaciov e Eltsin che dopo la caduta del muro di Berlino avevano promesso di aprire gli archivi segreti di Mosca e rendere pubblici i documenti che incolperebbero i sovietici ma che a tutt'oggi nessuno ancora ha potuto vedere semplicemente perché non esistono in quanto l'eccidio di Katyn fu opera dei nazisti di Hitler e non dell'Armata Rossa di Stalin. Tant'è che al processo di Norimberga nel 1945-46 furono esibite prove schiaccianti e testimonianze incontrovertibili che confermavano le responsabilità dei nazisti e l'innocenza dell'Armata Rossa sovietica.
Che credibilità può avere la tesi secondo cui Stalin ordinò la strage di Katyn per eliminare gli ufficiali dell'esercito polacco e la classe dirigente della Polonia? Quando in realtà l'Unione Sovietica di Stalin fin dalla salita al potere di Hitler ha cercato in tutti i modi di creare un fronte unito con tutte le nazioni del mondo per preservare la pace e lottare contro il comune nemico nazi-fascista; senza dimenticare che alla fine furono Stalin e l'Armata Rossa e non certo la politica di "appeasement" di Usa e Inghilterra a sconfiggere Hitler e a liberare il mondo dal giogo nazi-fascista pagando un prezzo altissimo: oltre 25 milioni di morti su un totale di 50 milioni stimati nel corso di tutta la seconda guerra mondiale!

22 aprile 2009