Con la controriforma fiscale inserita nella finanziaria 2005
Berlusconi dà più soldi ai ricchi e ai capitalisti e delle briciole ai lavoratori
Nemmeno un soldo a un terzo degli italiani. Cancellati 75 mila posti nel pubblico impiego. Tagliate la sanità, la scuola, la spesa sociale e i servizi fondamentali
Abbattuto il principio della progressività delle imposte

Sbaglia profondamente chi non prende sul serio la estrema pericolosità neofascista e neoliberista del neoduce Berlusconi, chi lo sottovaluta, anche minimamente, e non fa tutto il possibile per buttarlo giù con la lotta di piazza, prima possibile. Sbaglia ancora di più chi crede, addirittura, che il neoduce sia già in crisi e prossimo a gettare la spugna. Lo dimostra la controriforma fiscale approvata dal consiglio dei ministri giovedì 25 novembre. Voluta, fortissimamente voluta, dal piduista di Arcore, il quale per raggiungere questo obiettivo e per piegare le resistenze nate nella sua stessa maggioranza, in particolare da parte di AN e UDC, non ha esitato a usare "il bastone e la carota", proprio come faceva a suo tempo Mussolini. Agitando la minaccia di elezioni anticipate e promettendo ritorsioni contro i "tecnici", leggi Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli, rispettivamente ministro dell'Economia e Ragioniere generale dello Stato, affinché la smettessero di far storie sui conti e sulle cifre. Distribuendo cariche ministeriali: vedi Fini neo-ministro degli Esteri e Follini neo-vicepremier in pectore. "Se le imposte si riducono in modo consistente e visibile - aveva detto il nuovo Mussolini - la corsa continua. Altrimenti la parola deve tornare agli italiani".
E una volta approvato, Berlusconi ha commentato raggiante il provvedimento come "una svolta storica" un "fatto epocale" per il Paese, una diminuizione della presenza dello Stato che assicura all'individuo "più libertà economica, che equivale alla libertà politica e religiosa". E ha aggiunto: "La riduzione strutturale delle imposte combinata con un intelligente ridimensionamento e cambiamento qualitativo della spesa pubblica e con un duttile ricorso al deficit di bilancio è la leva che ha permesso i più grandi risultati nella storia dell'economia occidentale". In queste frasi, assai significative e rivelatrici, c'è un po' di tutto: le menzogne, gli imbrogli contabili, l'inganno propagandistico e mediatico, ma anche una concezione iperliberista delle questioni economiche e sociali, da capitalismo selvaggio, dove regnano le dure regole del "mercato" e del privato, l'assenza di protezioni sociali, la negazione dei diritti fondamentali, la legge del massimo profitto capitalistico, dove il ricco diventa più ricco e il povero diventa più povero. Gli Usa di Bush insegnano!

Controriforma fiscale
Non c'è alcun dubbio che nella furia berlusconiana abbia contato l'approssimarsi delle elezioni regionali (2005) e delle elezioni politiche (2006), tanto più se queste ultime dovessero essere anticipate. E non c'è dubbio che, in questa prospettiva, il neoduce doveva dare agli elettori almeno una parvenza di rispetto del famoso "contratto con gli italiani" firmato in diretta nella trasmissione "Porta a porta" del valletto Vespa, alla vigilia delle elezioni politiche. Tuttavia non c'è solo questo, c'è una volontà controriformatrice sul piano fiscale e dunque economico e sociale, che fa da pendant con le "riforme" costituzionali neofasciste e federaliste e con la politica estera apertamente imperialista. è riduttivo definire tutto ciò solo "un annuncio pubblicitario", come sostiene Fassino.
La controriforma fiscale della Casa del fascio è anzitutto inaccettabile nel metodo. Essa è stata definita senza il confronto e anzi contro il giudizio negativo delle confederazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, ed è contenuta in un emendamento, blindato e immodificabile, alla legge finanziaria 2005, invece di avere la veste, più consona, del disegno di legge da discutere e approvare in parlamento. Ancor più inaccettabile e da respingere in toto con grande determinazione e fermezza, risulta nei contenuti, nella sua struttura, nelle finalità: più soldi ai ricchi, nulla o quasi ai lavoratori e ai redditi più bassi, cancellazione della progressività delle imposte, tagli pesantissimi alla spesa sociale per reperire la copertura finanziaria a questo regalo ai capitalisti.

La verità sulle tasse del neoduce
Per sbugiardare Berlusconi e la sua controtriforma è sufficiente rispondere, senza trucchi, alle seguenti domande: considerate complessivamente le manovre economiche varate e da varare (quella di metà anno, la Finanziaria in discussione e i tagli e i balzelli previsti per la copertura della "riforma" fiscale) le tasse sono diminuite o sono aumentate? Chi beneficia e di quanto con la nuova struttura dell'Ire (ex Irpef)? Qual è il prezzo che viene fatto pagare alle larghe masse popolari e al Paese intero per portare a termine questa operazione?
Bisognerà tornarci sopra, in modo dettagliato e approfondito. Tuttavia, sin da ora si può dire che le tasse, per via diretta e indiretta, sono aumentate. Le cifre dicono questo. Da un lato gli sgravi fiscali varati dal governo per un valore di 6,5 miliardi di euro (ma nel 2005 saranno meno, 4,3 miliardi). Dall'altro abbiamo l'incremento delle tasse pari a 1.510 milioni di euro, attuata con il decreto n.168 del luglio scorso; altri 5.340 milioni di gettito tributario aggiuntivo arriveranno dalla legge finanziaria già approvata alla Camera; si aggiungano i nuovi balzelli previsti a copertura della "riforma"; si aggiungano le tasse "invisibili" derivanti dall'inflazione e dalla mancata restituzione del fiscal-drag sui salari e le pensioni, si parla di ben 5 miliardi di euro per il biennio 2003-2004, per non dire dell'incremento impositivo sul Tfr (Trattamento di fine rapporto lavoro) dal 18 al 23%, deciso dall'ex ministro dell'Economia Tremonti, e la somma è presto fatta. Sono 11 miliardi di euro di maggiori entrate tributarie. Nel frattempo, il potere d'acquisto dei salari e delle pensioni si è ridotto drasticamente, e i livelli di povertà sono cresciuti: 8 milioni di persone sono sotto la soglia della sopravvivenza.

La nuova imposta sul reddito (Ire)
La nuova struttura dell'Ire (Imposta sul reddito) prevede tre scaglioni di reddito a cui sono applicate le seguenti aliquote: fino a 26.000 euro il 23%; da 26.000 a 33.500 euro il 33%; da 33.500 a 100.000 euro il 39%; più un "contributo etico" del 4% oltre questa soglia di reddito. Fino ad ora le aliquote erano cinque: sui redditi fino a 15.000 euro agiva un prelievo del 23%, fino a 29.000 euro il 29%, fino a 32.600 euro il 31%, fino a 70 mila euro il 39%, oltre questa cifra il 45%. Nel raffronto emerge che i redditi che vanno da 70 a 100 mila euro risparmiano ben il 6% di tasse, quelli superiori il 2%, che il prossimo anno, con la soppressione del "contributo etico", salirà al 6%. La nuova imposta sul reddito prevede inoltre un nuovo sistema di deduzioni per carichi familiari (coniuge e figli, qualcosina in più se uno di loro è portatore di handicap, qualcosina in più per le badanti di anziani non autosufficienti). Deduzioni che sono in parziale sostituzione delle vecchie detrazioni. Rimangono per esempio, quelle per le spese sanitarie e per gli interessi passivi sui mutui della prima casa. Ebbene, questo nuovo sistema dell'imposta sul reddito favorisce prevalentemente, in modo sfacciato, un pugno ristretto di ricchi e ricchissimi. Basti dire che il presidente della Confidustria, Cordero di Montezemolo, risparmia la scandalosa cifra di 256.000 euro all'anno e lo stesso Berlusconi ottiene uno sgravio di 255.000 euro. Mentre a un terzo degli italiani non tocca un soldo e il 40% di essi "incassano" da 5 a 25 euro al mese appena.
Eccoli i favolosi sgravi di Berlusconi: il 31,4% dei contribuenti che vive con non più di 10.000 euro l'anno non guadagnerà assolutamente nulla, anzi rischierà di perderci qualcosa. Il 40,5% che percepisce un reddito tra i 10 e i 20 mila euro, forse, risparmierà 347 euro in tutto, all'incirca 28 euro al mese. Un dato analogo ci dice che il reddito che va da 0 a 40.000 euro otterrà un beneficio massimo di appena 40 euro al mese. Questa fascia di reddito rappresenta ben il 75% del totale. Per i redditi facoltosi l'abbuono è assai più consistente: per 100.000 euro di reddito imponibile, 2.292 euro; per 250.000, 5.292 euro; per 500.000, 10.292 euro.
Non bisogna farsi ingannare da una lettura superficiale degli sgravi decisi dal governo. Il 4% di 20.000 euro fa 800 euro, la stessa percentuale su un reddito di 200.000 euro fa 8000 euro. Ergo, non sono le percentuali che contano, ma le cifre assolute che ne derivano.
Secondo uno studio della Cgil, del complesso degli sgravi fiscali stabiliti, al 10% della popolazione più ricca andranno 2,5 miliardi di euro, pari al 40% dell'intera torta. Agli operai che rappresentano il 15% dei contribuenti andrà poco più del 7% delle risorse. Mentre a professionisti e imprenditori che rappresentano l'8% dei contribuenti, andrà il 25% del complesso della riduzione fiscale.

Evasione e familismo
La controriforma fiscale berlusconiana non è solamente iniqua nella distribuzione degli sgravi. Ha una impostazione di fondo assolutamente inaccettabile. Non fa nulla per combattere l'erosione e l'elusione fiscali, non contiene una misura, una che ampli la base imponibile. Ciò vale in particolare per le rendite finanziarie, che sottratte al criterio di progressività, sono tassate con un'aliquota fissa sostitutiva del 12,5%. E per le rendite fondiarie tassate con estimi catastali di gran lunga sottostimati. Il che porta a una erosione dell'Irpef del 95% per le prime e dell'85% per le seconde. Vi è poi una quota di circa il 60% dei redditi da lavoro autonomo e da impresa che illegalmente sfuggono all'Irpef.
Inoltre, sostituendo in gran parte le detrazioni personali con le deduzioni da carico familiare, si imprime al nuovo sistema impositivo un marchio familista, penalizzando coloro che non sono sposati ufficialmente, come le gerarchie ecclesiastiche cattoliche e i loro adepti nel governo pretendono. C'è infine la sostanziale cancellazione del principio della progressività delle imposte, sancito peraltro anche nella Costituzione. Tenuto conto che il cosiddetto "contributo etico" del 4% sopra i 100.000 euro scomparirà dopo un anno e che il progetto di Berlusconi prevede in futuro di ridurre l'Ire a soli due scaglioni di reddito e due aliquote, al 23% fino a 100.000 euro e al 33% sui redditi superiori.

Stangati Pubblico impiego, scuola e "Stato sociale"
L'inserimento del tetto del 2% agli incrementi di spesa dei ministeri, della pubblica amministrazione, delle regioni e degli enti locali aveva già assestato un colpo pesantissimo a pubblico impiego, sanità, servizi e assistenza sociali. Nella forsennata ricerca di risorse per coprire la controriforma fiscale, Berlusconi e con lui il ministro dell'Economia, Domenico Siniscalco, hanno assunto ulteriori provvedimenti che appesantiscono la stangata su questi settori.
Di cosa si tratta? Di un taglio di ben 75 mila posti in tre anni nel pubblico impiego, attraverso la chiusura, pressoché totale, del turn-over. In pratica su cinque lavoratori che escono, solo uno sarà rimpiazzato. Secondo i calcoli della Fp-Cgil la riduzione dei dipendenti pubblici potrebbe essere molto più alta, fino a 400 mila unità. Della indisponibilità a rinnovare i contratti di lavoro dei settori pubblici, limitando le risorse al 3,7% quando la richiesta di aumento contrattuale dei sindacati è dell'8%. Di un nuovo taglio alla scuola pubblica del 2% del personale docente pari a 17 mila posti (momentaneamente sospeso) che si sommano alla riduzione di 20 mila insegnanti e di 9.600 dipendenti non docenti avvenuta nel triennio 2002-2004.
Altri soldi il governo conta di rastrellarli con l'aumento delle sigarette, dei bolli e delle tariffe su ferrovie e poste, nonché con l'allungamento dei tempi dei vari condoni fiscali ed edilizi. Ma non è detto che ciò sia sufficiente. Anche perché le cifre previste nella Finanziaria sono considerate dalla Corte dei conti "sovrastimate". Altrimenti non si capirebbe perché Berlusconi chiede alla Commissione della Ue capeggiata da Barroso, di allentare i parametri economici del 3% di deficit sul prodotto interno lordo. Non è improbabile perciò che nella prossima primavera la Casa del fascio torni a lanciare la "stangatina di aggiustamento".
Così, lo sciopero generale del 30 novembre si è arricchito di motivazioni. Cgil, Cisl e Uil hanno espresso la loro contarietà a tagli fiscali indiscriminati e alla limitazione della progressività delle imposte. Hanno giudicato la "riforma" fiscale "inutile e sbagliata" e perciò da ritirare. Perché non si tradurrà né in un rilancio dei consumi, né degli investimenti, perché premia, in modo consistente, i ceti più ricchi, mentre si diffonde una preoccupante riduzione del potere d'acquisto dei redditi medio e bassi, e in generale dei lavoratori e dei pensionati.
La mobilitazione delle larghe masse lavoratrici, dei pensionati, popolari e studentesche deve continuare, deve svilupparsi e intensificarsi, programmando in tempi rapidi un nuovo sciopero generale, però di 8 ore e con manifestazione nazionale a Roma. Per affossare la legge finanziaria, ivi compresa la controrifoma fiscale, per buttare giù il governo del neoduce Berlusconi.

1 dicembre 2004