In difficoltà sulla casa di Montecarlo
Fini chiede una tregua a Berlusconi

La "sinistra" borghese copre il leader dei fascisti ripuliti per utilizzarlo nei propri obiettivi governativi. Il dibattito alla Camera potrebbe essere solo un passaggio tattico per i due galli della destra in vista delle elezioni anticipate
L'interminabile braccio di ferro tra il neoduce Berlusconi e il fascista ripulito Fini, alimentato quotidianamente da una ininterrotta campagna di bastonatura mediatica del presidente della Camera da parte de Il Giornale di proprietà della famiglia del premier e da altri quotidiani suoi fiancheggiatori come Libero e Il Tempo, è giunto a uno snodo cruciale sabato 25 settembre, con il discorso che Fini ha affidato ad un video trasmesso su Internet per difendersi dalle accuse sul caso dell'appartamento di Montecarlo abitato dal cognato Giancarlo Tulliani.
L'intervento in video era stato deciso al termine di una settimana drammatica, in cui Il Giornale aveva pubblicato una lettera del governo dell'isola di Santa Lucia (uno dei tanti staterelli caraibici che fungono da "paradisi fiscali" per le società off-shore), in cui si affermava che la società proprietaria dell'appartamento di Montecarlo e residente nell'isola risultava intestata effettivamente al Tulliani; ossia, stando al documento, il fratello della compagna di Fini sarebbe non un semplice affittuario, ma il proprietario occulto dell'appartamento già appartenuto ad AN e venduto a suo tempo (o svenduto, come accusa Il Giornale) alla misteriosa società off-shore.
Una lettera che per la sua sospetta singolarità (non si è mai visto uno Stato off-shore rivelare informazioni riservate sui suoi clienti, se non costretto da inchieste giudiziarie, pena una grave perdita di affidabilità), e per le circostanze misteriose con cui è approdata sulla stampa italiana, ha fatto gridare i seguaci di Fini alla "patacca" confezionata da faccendieri e agenti dei servizi segreti "sguinzagliati" dal premier in Centro America alla ricerca di "prove" contro il suo rivale; come l'equivoco ex craxiano Walter Lavitola, editore del quotidiano Avanti!, che sembra avere una parte da protagonista nell'oscura vicenda.
Ma dopo le dichiarazioni di un ministro del governo di Santa Lucia, che hanno confermato l'autenticità della lettera (anche se non hanno dissipato comunque i sospetti di un intervento della lunga mano degli uomini di Berlusconi nella faccenda), la posizione di Fini si era fatta insostenibile e un intervento "chiarificatore" si imponeva, ed è così che si è arrivati al suo discorso in video.
Un discorso che è stato tutto sulla difensiva e condotto con un tono dimesso, ben diverso da quello sprezzante che aveva usato nel comizio di Mirabello e da quello tranquillo e sicuro ostentato nella successiva intervista al Tg La7, in cui aveva detto che "ci sarebbe stato da ridere" una volta conclusa l'inchiesta della magistratura e accertata la verità sulla casa di Montecarlo.

Incertezza ed imbarazzo
Pur non rinunciando a denunciare con sdegno le "manganellate" mediatiche a cui è stato sottoposto per mesi dai giornali del premier, con il "metodo Boffo" delle veline, dei dossier prefabbricati e del fango raccolto da "personaggi torbidi e squalificati", nonché di non essere lui "ad avere barche o ville off-shore per tutelare patrimoni familiari o aziendali e per pagare meno tasse" (con chiara allusione a Berlusconi), Fini è apparso tuttavia molto più incerto e imbarazzato quando si è trattato di spiegare la sua versione sulla proprietà della famosa casa di Montecarlo, cercando di addossare tutta la responsabilità sul cognato che avrebbe eventualmente abusato della sua "ingenuità". Fino ad arrivare ad ammettere che neanche lui sa di chi è realmente l'appartamento, per quanto il Tulliani gli abbia spergiurato di non essere lui il proprietario. E fino a dichiarare che "se dovesse emergere con certezza che Tulliani è il proprietario e che la mia buona fede è stata tradita, non esiterei a lasciare la Presidenza della Camera. Non per personali responsabilità - che non ci sono - bensì perché la mia etica pubblica me lo imporrebbe".
Infine ha concluso offrendo una tregua al suo stesso persecutore, a cui aveva appena alluso come il mandante della manganellatura mediatico-politica ai suoi danni, invitandolo a "fermare il gioco al massacro prima che sia troppo tardi" e a riprendere "il confronto" perché "gli italiani si attendono che la legislatura continui", augurandosi che "tutti, a partire dal presidente del Consiglio, siano dello stesso avviso".
Se questa di Fini non è un'andata a Canossa, poco ci manca. Sono chiari infatti il cambiamento di tono e una prima ammissione almeno di "ingenuità" nella vicenda della casa al cognato. Ed è chiaro anche l'invito ad una tregua, sottolineato ulteriormente dal passaggio in cui, sbugiardando lo stesso suo braccio destro Bocchino, ha voluto scagionare pubblicamente i servizi segreti da ogni sospetto esprimendo anche la sua "stima" a Gianni Letta, sottosegretario ai servizi, e al loro direttore De Gennaro. In ogni caso è così che il suo intervento è stato letto dal nuovo Mussolini e dai suoi gerarchi, a giudicare dall'esultanza con cui lo hanno commentato, rilevando con Quagliariello che con questo discorso "Fini ha abbassato le penne". Quantomeno, se quella di Fini non è un'offerta di dialogo vera e propria, è un tentativo di passare ancora una volta il cerino nelle mani di Berlusconi, in modo da scagionarsi da ogni responsabilità in caso di una rottura definitiva dell'alleanza di governo e di elezioni anticipate, contentandosi per il momento di rivendicare un suo spazio alla "sinistra" del "centro-destra", quale sua "terza gamba" accanto a PDL e Lega.
Sorprendente a questo proposito il commento di Bersani, secondo cui l'intervento di Fini mostra "una crisi evidente. La destra non garantisce un governo del Paese. In ogni caso il presidente della Camera ha mostrato sincerità". È evidente, anche alla luce delle voci di contatti che dopo l'intervento si sarebbero avviati tra il PD e il gruppo di Futuro e libertà, che la "sinistra" borghese sta coprendo il leader dei fascisti ripuliti pensando di poterlo utilizzare per i propri obiettivi governativi in vista di una caduta del governo che le appare sempre più vicina.

Guerra di posizione
Per quanto certe "colombe" nel giro dei suoi gerarchi mostrino di aver colto questi segnali di "apertura" di Fini e gli consiglino "moderazione", il neoduce non sembra voler prestare molto orecchio all'offerta di tregua del rivale, e ringalluzzito per averlo messo nell'angolo non vuole allentare la presa per costringerlo a sloggiare da Montecitorio, tanto che i suoi giornali stanno rincarando la dose di manganellate tirando fuori sempre nuove puntate del "giallo" della casa di Montecarlo.
Berlusconi tira dritto per la sua strada rilanciando anzi la posta, annunciando in segno di sfida che ripresenterà il "processo breve" e la legge bavaglio sulle intercettazioni e mostrandosi sicuro di "avere i numeri" in parlamento per governare anche senza i voti dei finiani di Futuro e libertà. E a questo proposito ha intensificato la "campagna acquisti", in vista dell'intervento di mercoledì 29 settembre in parlamento per rilanciare il programma di governo, dicendosi sicuro che una buona parte dei finiani finiranno per tornare all'ovile ora che il loro leader appare sotto scacco e potrebbe finire addirittura per dover rassegnare le dimissioni.
In ogni caso il nuovo Mussolini è disposto a concedere una tregua al suo rivale solo a patto che accetti senza discutere di votargli la legge-scudo per salvarlo dai processi: "processo breve", nuovo "legittimo impedimento", nuovo Lodo Alfano o qualunque altra legge gli parrà necessaria allo scopo. Altrimenti è pronto ad andare alle elezioni anticipate per far saltare il tavolo e prendersi tutta la posta in gioco. Non a caso la "riforma" della giustizia è al primo posto tra i cinque punti programmatici su cui il neoduce sfiderà i finiani ad esprimersi in Aula. In un primo tempo aveva deciso di non chiedere nemmeno il voto di fiducia, proprio per non concedere ai finiani quel riconoscimento di essere la "terza gamba" del governo che essi reclamano.
Poi considerazioni tattiche, o forse addirittura un qualche temporaneo accordo dietro le quinte con i finiani, devono avergli suggerito un ripensamento, tanto che mentre scriviamo, alla vigilia dell'intervento, Berlusconi ha deciso per il voto di fiducia sul suo documento. E da parte loro, con il capogruppo Bocchino, i finiani hanno fatto sapere che il loro voto dipenderà dal contenuto del discorso del presidente del Consiglio. Ma si tratta appunto di manovre tattiche temporanee, una guerra di posizione che i due galli del "centro-destra" Berlusconi e Fini conducono per sgambettarsi a vicenda in vista di elezioni anticipate che, nonostante il voto di fiducia quasi scontato che si preannuncia anche da parte dei finiani, appaiono invece sempre più probabili e incombenti.

29 settembre 2010