Alla festa del tricolore a Mirabello
Il fascista ripulito Fini espone la linea governativa della "sinistra" del "centro-destra"
Il leader di "Futuro e libertà" di fatto ha lanciato un nuovo partito di destra. Da fascista ha accusato Berlusconi di stalinismo anziché di mussolinismo

Col comizio di chiusura alla festa tricolore di Mirabello il fascista ripulito Fini ha lanciato di fatto un nuovo partito di destra, con i piedi nel fascismo nostalgico vecchio stampo e la testa nel liberalismo di tipo europeo, col quale si propone in prospettiva di contendere al neoduce Berlusconi l'egemonia della destra, pur accontentandosi per il momento di sopravvivere rivendicando un suo spazio alla "sinistra" del "centro-destra".
Questo potrebbe essere in estrema sintesi il senso finale di una giornata molto attesa per le sorti del governo e della legislatura, occasione che il leader di "Futuro e libertà" ha gestito con molta abilità, senza risparmiare attacchi durissimi a Berlusconi ma badando sempre a non spingersi fino a proclamare lui la rottura e a lasciare invece in mano al neoduce il cerino della responsabilità della crisi e delle elezioni anticipate.
Chi come molti commentatori politici si aspettava un Fini conciliante e con la mano tesa verso il premier, o viceversa pronto ad andare allo sbaraglio proclamando subito la nascita del nuovo partito e l'uscita dalla maggioranza, ha sbagliato infatti le previsioni, perché l'ambizioso gerarca fascista ha spiazzato gli uni e gli altri.
Nei confronti di Berlusconi e del PDL è stato durissimo e non ha lesinato giudizi sprezzanti e critiche taglienti, vendicandosi visibilmente dei rospi che ha dovuto ingoiare in silenzio da oltre un mese, da quando lui e i suoi uomini sono stati espulsi dal PDL per "incompatibilità" ed è subito partito il martellante linciaggio mediatico nei suoi confronti e della sua famiglia da parte dei media di proprietà o agli ordini del neoduce. Una campagna condotta senza scrupoli secondo il "metodo Boffo", sfruttando la vicenda poco chiara di una casa a Montecarlo di cui il presidente della Camera si sarebbe appropriato ai danni dell'ex Alleanza nazionale.

"Il PDL non c'è più"
Sostenuto da una platea di alcune migliaia di militanti dell'ex AN e di nuovi simpatizzanti di "Futuro e libertà", per la maggior parte antiberlusconiani che ci tenevano a mostrarlo (frequenti i cori "chi non salta Berlusconi è" e diversi gli striscioni con slogan contro il premier), Fini si è mosso subito all'attacco del neoduce e del suo partito-azienda, un partito - ha scandito e ripetuto più volte - "che non c'è più", in quanto è finito il giorno della sua espulsione come ritorsione al suo "legittimo dissenso". Un atto che ha definito "illiberale", "autoritario" e, manco a dirlo, "stalinista": da buon fascista Fini ha usato infatti Stalin, che c'entra come il cavolo a merenda, per non dover chiamare gli atti di Berlusconi col loro vero nome, mussoliniani. E ciò sia per coprire il nuovo Mussolini sia per non urtare la suscettibilità dei tanti nostalgici del duce presenti alla festa.
Comunque sia, ha detto e ripetuto che il PDL non solo non c'è più, e che lui e i suoi uomini non andranno "a implorare perdono" per rientrarvi dentro perché "è contrario alle leggi della fisica rientrare in un partito che non c'è più", ma che ormai il PDL è solo "il partito del predellino, una Forza Italia allargata, supportata (e qui ha sparato una sprezzante bordata ai suoi ex gerarchi passati al soldo di Berlusconi, come Gasparri, La Russa, Matteoli, Alemanno ecc., ndr) da quei colonnelli che hanno cambiato generale e sono pronti a cambiarlo ancora".
Ma gli attacchi di Fini a Berlusconi e ai suoi scherani non si sono limitati solo a questo. Ha definito "infame" la campagna di "lapidazione islamica" capeggiata da Il Giornale di Feltri, di proprietà dei Berlusconi, perché diretta contro la sua famiglia (evitando peraltro di entrare in merito alla vicenda della casa di Montecarlo di cui lo si accusa); ha accusato il premier per l'indecente campagna acquisti verso i parlamentari di Fli, da lui trattati come "clienti della Standa" da premiare con la ricandidatura alle elezioni "se non cambiano supermercato"; lo ha rampognato per "lo spettacolo indecoroso" con cui ha accolto e "si è genuflesso" a Gheddafi e per la sua concezione "padronale" del partito e del parlamento; gli ha detto sul muso, sapendo di farlo andare in bestia, che "il garantismo non è impunità permanente", che la magistratura "è il caposaldo della nostra democrazia" e che se vuole rispetto il premier deve averlo a sua volta "verso le altre istituzioni, a partire dal capo dello Stato" (e da se stesso, ovviamente).
Fini non ha risparmiato neanche il governo e la sua politica, criticando i "tagli lineari" alla spesa ed ergendosi a "difensore" delle forze dell'ordine e dei precari della scuola penalizzati dai tagli di Tremonti e della Gelmini; nonché a "protettore" del Mezzogiorno minacciato dalle spinte egoistiche della Lega, chiedendo un federalismo "equo e solidale" e agitando davanti a Bossi e ai suoi lo spauracchio di votare contro i decreti attuativi del federalismo fiscale. Ha criticato - offrendo una sponda allo speranzoso PD - anche la legge elettorale "immorale", perché fa scegliere i candidati alle segreterie dei partiti, la politica del governo sull'immigrazione basata solo sulla repressione senza integrazione, l'abbandono del progetto di legge contro la corruzione, e così via.

Un "patto di legislatura" con Berlusconi
Accanto a tutto questo l'abile politicante fascista ripulito ha anche offerto la mano tesa a Berlusconi per offrire il sospirato scudo anti-processi e al governo e alla sua maggioranza per evitare la crisi e completare la legislatura. Egli ha infatti escluso cambiamenti di campo, "ribaltoni e ribaltini", e ha riaffermato solennemente di voler restare fedele a questo governo e a questa maggioranza fino alla fine del mandato parlamentare; ma, beninteso, attraverso un "patto di legislatura" che sancisca il riconoscimento di Fli come "terza gamba" della maggioranza di governo con pari dignità rispetto a PDL e Lega.
In questo quadro il nuovo gruppo parlamentare di Fini è disposto a votare, previa discussione e "a certe condizioni", il programma in 5 punti che la maggioranza sottoporrà tra breve al voto di fiducia del parlamento. Ed è disposto altresì a votare uno scudo giudiziario per il premier (Fini ha ricordato di non essere "mai stato contrario" al legittimo impedimento e al Lodo Alfano, cosa di cui nessuno dubitava), il quale "ha il diritto di governare senza che nessuno imbocchi scorciatoie giudiziarie", purché tale provvedimento non comporti la cancellazione di migliaia di processi. Inoltre ha esposto alcuni punti della sua linea di governo, recuperando da una parte il corporativismo fascista, col proporre un "nuovo patto tra lavoro e capitale" in piena sintonia col trio Marchionne-Montezemolo-Marcegaglia, e dall'altra sposando il familismo cattolico caro a Casini, CL e Vaticano, con la proposta di puntare sul "quoziente familiare" come nuovo modello di Stato sociale.
Insomma, Fini si è comportato in modo simile a quando nella Direzione nazionale del PDL sfidò a viso aperto Berlusconi, rivendicando un suo spazio in dissenso nel PDL e lanciandosi come suo diretto concorrente, ma più liberale e democraticamente affidabile, per l'egemonia del "centro-destra". Con la differenza che stavolta non si è presentato da solo, ma con un suo "esercito" di militanti e di parlamentari al seguito capace di trasformarsi in un nuovo partito di destra a tutti gli effetti: "Andiamo avanti", ha ripetuto più volte, come a dire che la trasformazione di Fli in un vero e proprio partito è ormai inevitabile. Ciò però richiederà del tempo, ed è per questo che Fini ha interesse a restare quanto più possibile nella maggioranza e far proseguire la legislatura e lo stesso governo di cui giura di fare ancora parte e a cui assicura la sua "lealtà". Se rottura ha da essere, che la responsabilità se la prenda Berlusconi. Con Mirabello la palla è rinviata ancora una volta nel suo campo.

Il dilemma del nuovo Mussolini
Bossi ha capito benissimo il gioco del leader di Fli, ed è per questo che vorrebbe rompere ogni indugio e far abortire il suo progetto andando subito alle elezioni anticipate, possibilmente già a novembre. Perciò ha chiesto a Berlusconi di andare insieme da Napolitano a chiedere le dimissioni di Fini da presidente della Camera, con la motivazione che dopo Mirabello costui non può più essere considerato "imparziale". Ma per quanto voglioso di chiudere seduta stante i conti col "traditore" Fini, il nuovo Mussolini è anche consapevole di avere ancora bisogno dei suoi voti in parlamento, almeno finché non gli riuscisse di procacciarsene di alternativi con la campagna acquisti. Soprattutto ne ha bisogno subito per varare un provvedimento urgente - "processo breve", "nuovo legittimo impedimento" (come gli ha suggerito Napolitano), "prescrizione breve" o altro che sia - che lo salvi dai processi ora sospesi che ripartirebbero se a dicembre la Consulta dovesse bocciare il "legittimo impedimento".
In ogni caso deve fare in modo che sia Fini a fare il passo decisivo che sancisce la crisi così da sgravarlo da ogni responsabilità rispetto ad eventuali conseguenze sulla stabilità economica del Paese. Perciò, tormentato da questo dilemma, è probabile che per ora rimandi la resa dei conti quantomeno al confronto parlamentare sui 5 punti della maggioranza, per vedere che cosa faranno i finiani e se ci sono le condizioni per ottenere almeno lo scudo giudiziario e poi andare alle elezioni a primavera. Per quanto invece Bossi insista per convincerlo che il governo non potrà andare molto avanti mendicando voti a Fini e Casini e quindi alle elezioni è meglio andarci subito.
Tutto questo mentre la "sinistra" borghese, anziché approfittare delle contraddizioni in seno al "centro-destra" per fare appello alla piazza per buttare giù il neoduce Berlusconi e il suo governo neofascista, continua ad illudersi e fantasticare di poter reclutare l'ambizioso presidente della Camera in un'improbabile "alleanza costituzionale" contro il premier, da Fini a Ferrero passando per Casini. O quantomeno di averlo come alleato per sostenere la sua proposta di cambiare la legge elettorale prima di andare alle elezioni.
È incredibile che la "sinistra" borghese si affidi ad un fascista, per quanto ripulito, il cui richiamarsi alla "legalità" e alla Costituzione non è certo "disinteressato" ma è chiaramente strumentale alle sue ambizioni politiche, sperando che gli tolga le castagne dal fuoco facendo fuori lui Berlusconi e ripescandola dal vuoto assoluto in cui è sprofondata.

8 settembre 2010