Dal convegno nazionale organizzato a Milano
La Fiom lancia la campagna contro il precariato
Via Legge 30 e Bossi-Fini. Cambiare l'intera legislatura sul lavoro. No allo scambio padronale: meno precariato più flessibilità oraria
Appoggiamo la piattaforma ma è sbagliato e illusorio fare affidamento sul governo Prodi
La Fiom scende in campo, gettando tutto il suo peso, contro il precariato. Lo ha fatto organizzando un importante convegno nazionale a Milano il 1° giugno scorso recante il titolo: "Il valore della contrattazione contro la precarietà che invade i tempi di lavoro e di vita" cui hanno partecipato economisti e giuristi oltreché sindacalisti. A disegnare il contesto in cui è cresciuto a dismisura e in modo disumano il lavoro precario ci ha pensato il segretario della Fiom milanese, Maria Sciacca, in apertura dei lavori. "L'Italia - ha detto commentando il rapporto Istat 2005 - è uno dei paesi più diseguali d'Europa, con forti differenze di reddito individuale e familiare, di opportunità di lavoro tra uomini e donne, di distanze sociali perenni e invalicabili, di nord e sud che si allontanano, di giovani con un futuro risicato". Nella sua introduzione ha ricordato che 8 milioni di persone vivono in condizioni di indigenza, il costo del lavoro è nel nostro Paese tra i più bassi, il 20% dei lavoratori percepisce meno di 800 euro al mese (percentuale che sale al 40% per gli assunti a contratto a termine).
"Questo è il paese - ha aggiunto - in cui esiste una legge, la legge 30, che regala alle aziende la possibilità di assumere con le più devastanti forme di contratto precario in cui qualcuno propone persino di eliminare l'articolo 18 per tutti i nuovi assunti". Il fatto è che per i padroni precariato e flessibilità significano possibilità di disporre unilateralmente dei lavoratori, di usarli quando servono, di espellerli senza discutere, di pagarli il meno possibile, di utilizzarli 24 ore su 24 quando occorre, di gestire insomma la loro vita a piacimento. Facendo riferimento anche alla esperienza milanese, Sciacca afferma che, non è vero che oggi la precarietà è una condizione transitoria. Incertezza sul posto di lavoro, incertezza retributiva, incertezza sul futuro, negazione dei diritti più elementari sono i tratti caratteristici del lavoro precario. Di cui le donne sono le maggiori vittime (il 73% delle assunzioni femminili a Milano e provincia nel 2005 sono avvenute a tempo determinato).
Il segretario della Fiom milanese ha ricordato l'impegno assunto dalla Cgil in sede di congresso nazionale per il "superamento della legge 30". È sulla contrattazione - dice in conclusione - che si deve poggiare per battere la precarietà. Ci vuole coerenza, occorre evitare la firma di accordi, vedi il contratto dei chimici, che vanno nella direzione opposta.
I temi appena accennati sono stati approfonditi dalla relazione di Giorgio Cremaschi, della segreteria nazionale della Fiom. Anche lui ha voluto in premessa sottolineare le dimensioni abnormi e insopportabili del lavoro precario che rappresenta l'11% dell'occupazione complessiva e il 13% del lavoro dipendente. "Oggi - ha detto - il 50% di coloro che hanno meno di 30 anni sono assunti con contratto precario". Ai quali si aggiungono i lavoratori falsamente autonomi, i famosi co.co.pro con partita Iva, pur svolgendo un lavoro di tipo subordinato. Per Cremaschi la precarietà "incide su tutto il mondo del lavoro, anche su chi ancora è formalmente tutelato dal lavoro dipendente a tempo indeterminato, garantito dallo Statuto dei lavoratori". Questo perché i fenomeni di delocalizzazione, di ristrutturazione, di outsourcing rendono incerto il futuro di ogni lavoratore. La precarietà riguarda anche le pubbliche amministrazioni, le nuove assunzioni avvengono con contrati precari. I servizi vengono appaltati a cooperative le quali a loro volta usano lavoro precario.
L'ideologia liberista che ha ispirato la legislazione berlusconiana, ma anche quella precedente, sostiene il relatore, poggia sull'idea che tutte le tutele dei lavoratori siano in qualche modo un privilegio; che le imprese debbano avere a disposizione la più vasta disponibilità di flessibilità e precarietà; che il lavoro migrante non abbia alcun diritto di "cittadinanza", che esso debba essere subordinato al permesso di soggiorno dando alle aziende il potere di ricatto del licenziamento e dell'espulsione dal paese. E questa impostazione è impressa non solo sulla "riforma" cosiddetta Biagi ma più in generale sulla legislazione del lavoro. Per queste ragioni, si legge nella relazione, occorre procedere alla cancellazione totale della Legge 30, articolata nel Decreto 276, del Decreto 368 che liberalizza i contratti a termine sotto i 7 mesi, della Bossi-Fini sul lavoro migrante, il Decreto 66 sugli orari di lavoro che cancella il concetto di orario giornaliero e settimanale. Stesso discorso per le nuove norme sul part-time che mettono il lavoratore a disposizione dell'impresa senza alcun diritto di contrattazione sugli orari. Per questo occorre andare alla riscrittura e alla ridefinizione complessiva della legislazione sul lavoro.
Sulla base di queste considerazioni Cremaschi individua, più nel dettaglio, 11 punti (pubblicati su "Il Bolscevico" scorso) rivendicativi che, di fatto, vanno a formare una piattaforma complessiva contro la precarietà. Al primo punto mette la truffa e l'abuso delle collaborazioni coordinate continuative (co.co.co.) e chiede la modifica del'art. 2094 del codice civile per cancellare le partite Iva dei finti imprenditori. Segue il lavoro a termine a cui dovrebbero ricorrere le aziende solo in casi eccezionali e in competizione, non in aggiunta, con il lavoro straordinario. Per quanto riguarda il lavoro interinale esso va ricondotto a mansioni non presenti nelle attività dell'azienda che ne fa uso. E deve essere evitato che sia strumentalizzato come periodo di formazione e selezione. Circa il lavoro part-time, non va considerato lavoro precario, il lavoratore deve avere il diritto di concordare il regime degli orari. Sull'apprendistato si chiede che sia l'unico contratto a causa mista, in modo da eliminare i contratti d'inserimento, che abbia un reale contenuto di formazione professionale e che sia limitato nella durata per le qualifiche basse. Al sesto punto è trattato il ripristino della legislazione sugli appalti per regolare e contenere la cessione dei rami d'azienda e istituire la responsabilità del committente sul lavoro terziariato. Circa la flessibilità degli orari, tasto su cui attualmente batte molto la Confindustria, la richiesta è che essa vada contrattata in azienda con le Rsu, all'interno di un orario massimo e minimo giornaliero e settimanale definito in sede di contratto nazionale. Per le delocalizzazioni che colpiscono l'occupazione, va affermata la responsabilità sociale dell'impresa, pagandone i costi. Importante inoltre la tutela contro i licenziamenti "ingiusti" in tutte le aziende, anche piccole. Anche gli ammortizzatori sociali devono essere estesi in modo generalizzato, ivi compreso il lavoro intermittente. Per il lavoro migrante ci vuole una nuova legislazione in luogo dell'abrogazione della Bossi-Fini.
Il segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini, chiudendo il convegno ha insistito molto su due punti. Il primo: è ora di dire basta alla precarizzazione di massa e di invertire questa tendenza rimettendo al centro il lavoro stabile a tempo indeterminato. Il secondo: bisogna riscrivere tutta la legislazione sul lavoro. "La sbornia è finita", ha affermato. In Europa sta cambiando il clima. In Francia gli studenti hanno affondato il contratto di inserimento a termine. In Spagna il governo Zapatero ha iniziato a mettere dei paletti al lavoro precario. In Danimarca gli universitari hanno occupato le facoltà in contrasto alla precarietà. La Fiom intende essere protagonista in Italia di questa lotta, valorizzando la contrattazione, sviluppando anche un'azione verso il governo "per ottenere una nuova legislazione sul lavoro, che parta dalla cancellazione della legge 30".
Su quest'aspetto Rinaldini è stato chiaro. La legge 30 è solo l'approdo di una lunga stagione, iniziata prima dell'arrivo di Berlusconi a Palazzo Chigi. Abrogare questa, perciò, non è di per sé sufficiente. Ha però aggiunto che: "il nostro agire non è contro il governo, ma a sostegno di scelte coerenti con il Programma dell'Unione".
In conclusione. È senz'altro encomiabile questa iniziativa della Fiom. Interessanti e largamente condivisibili la denuncia e la piattaforma rivendicativa per contrastare la precarietà del lavoro. Da appoggiare l'intenzione di suscitare un largo movimento di lotta. Però è sbagliato e illusorio pensare che il governo Prodi possa "pacificamente" recepire il messaggio della Fiom e trasformare in leggi le rivendicazioni avanzate.

21 giugno 2006