Festa in Piazza Navona a Roma per la consegna delle schede in Cassazione
1.401.432 firme per i tre referendum sull'acqua pubblica
Continuare la mobilitazione delle masse per la vittoria referendaria

Un piccolo primato per la prima consultazione popolare contro la privatizzazione dei servizi idrici: 1 milione e 401 mila e 432 firme sono state infatti le firme consegnate alla Corte di Cassazione per il referendum "L'acqua bene comune" che mira 1) ad affossare il decreto Ronchi "che prevede la cessazione delle società pubbliche per la gestione del servizio idrico entro la fine del 2011 e la diminuzione della quota di partecipazione pubblica, che passerà dall'attuale 51% al 30% entro il 2015" 2) ad abrogare tutta una serie di altre leggi varate dai governi del neoduce Berlusconi e da quelli di "centro-sinistra" che hanno promosso l'affidamento dei servizi idrici a società private 3) fermare il processo di mercificazione e privatizzazione dell'acqua per aprire la strada alla ripubblicizzazione del settore idrico e degli altri servizi pubblici essenziali.
Il "Forum italiano per i movimenti per l'acqua" che insieme a moltissime associazioni e comitati di lotta ha organizzato la raccolta delle firme parla di un "primo grande traguardo raggiunto", in quanto le firme "superano abbondantemente la soglia di 500 mila valide, una quota raggiunta dopo soli 25 giorni di raccolta" mentre "confortante è anche il numero delle firme che siamo riusciti a controllare (1.070.000) che ci farà dormire sonni tranquilli": in Calabria sarebbero state raccolte 41 mila firme di cui quasi 20 mila solo nella provincia di Cosenza, in Piemonte quasi 100.000 firme depositate, altrettante ne sono state raccolte nella sola giornata del 25 Aprile, anniversario della Liberazione dal nazi-fascismo. "Nessun referendum nella storia repubblicana ha mai raccolto tante firme" precisa un comunicato del comitato promotore che per l'occasione lunedì 19 luglio ha organizzato un incontro in mattinata a Piazza Navona a Roma, da dove è partita una carovana e un presidio dinanzi alla sede della Corte di Cassazione.
La raccolta firme per la ripubblicizzazione dell'acqua, partita tre mesi fa, appunto nel fine settimana del 24 e 25 aprile, ha visto impegnati su tutto il territorio italiano migliaia di volontari che hanno organizzato migliaia di banchini, spesso in occasioni di mobilitazioni di piazza, come il 1° Maggio e gli scioperi generali nazionali e locali, spesso in coordinamento con altri movimenti di lotta, come quello studentesco, i comitati No Dal Molin, No Ponte, No Tav, No inceneritori e discariche, No al nucleare, ma anche grazie a tante iniziative artistiche e dibattiti. Raggiunta questa prima tappa ora l'obiettivo successivo "è raggiungere quota 25 milioni di Sì entro la prossima primavera", quando si svolgerà la consultazione referendaria. Alla consegna delle firme in Cassazione dovrebbe seguire infatti entro febbraio del prossimo anno il parere della Corte costituzionale sull'ammissibilità dei quesiti referendari. Poi, forse già nel giugno 2011, il voto. Nel frattempo è stata chiesta una moratoria che rimandi gli affidamenti dei servizi idrici fino alla data di svolgimento del referendum. Una rivendicazione che non si può certo sperare sia concessa senza colpo ferire dal nuovo Mussolini e i suoi gerarchi e che quindi va sostenuta con la mobilitazione di piazza, intrecciandola cioè alla battaglia urgentissima per abbattere il governo della macelleria sociale, del bavaglio ai media e della restaurazione del fascismo.
In questo senso va detto che se la Fiom-Cgil, il "sindacalismo di base" e il PMLI stanno dando un significativo contributo teorico e pratico alla battaglia di piazza e referendaria per la ripubblicizzazione dell'acqua non altrettanto si può dire dei liberali e liberisti dirigenti del PD e dell'IDV che anzi l'hanno attivamente boicottata, con l'imbroglione Di Pietro che ha addirittura promosso una raccolta firme sullo stesso tema. Per quanto riguarda invece il responsabile "green economy" (sic!) del PD, Ermete Realacci, che ora parla opportunisticamente di "un buon risultato", che rappresenta "una notevole leva per cambiare la legge", a smascherarne le gravissime responsabilità è lo stesso "Forum italiano dei movimenti per l'acqua" quando sottolinea come la privatizzazione "tra il 1995 e il 2005 (un periodo che include le norme varate dai governi Amato, Prodi I, D'Alema e Prodi II, ndr) ha provocato un crollo degli investimenti nel settore da due miliardi a 700 milioni di euro l'anno. Incuria e degrado delle reti di distribuzione non hanno però impedito aumenti significativi delle bollette, addirittura del 300% in otto anni nell'esemplare caso della città laziale di Aprilia". Un messaggio rivolto indirettamente anche a tutti gli amministratori e neopodestà del PD, come i privatizzatori toscani, emiliano-romagnoli, campani, pugliesi, ecc: "A riaffidare la gestione del servizio idrico agli enti locali - ha sottolineato ancora il segretario Carsetti - è stata persino Parigi, cuore dell'impero delle più grandi multinazionali dell'acqua, Suez e Veolia".
Il movimento però a nostro parere non deve ora stare con le mani in mano e sperare solo nella via referendaria, prendendo a proprio modello di riferimento il legalitarismo e pacifismo di certi movimenti dei paesi europei, anche perché occorre tenere conto della natura piduista e mafiosa dell'attuale governo, della complicità del nuovo Vittorio Emanuele III e della finta "opposizione" parlamentare, tutti insieme alleati dei predoni dell'acqua e maestri nel calpestare la volontà popolare (vedasi il caso del referendum contro il nucleare).
Deve guardare invece ai movimenti del Sud del mondo ricordando che la rete internazionale che si batte per l'acqua pubblica e gratuita e come diritto umano fondamentale dei popoli sottratta alle leggi del massimo profitto è nata e si è consolidata a partire dal 2000, l'anno della "guerra del agua" di Cochabamba. Il pensiero corre quindi alle valli ai piedi dell'altipiano boliviano, ai cortei contro i rincari delle bollette e i servizi inesistenti, all'esercito nelle strade e alla sanguinosa repressione del governo in camicia nera - e finalmente - alla rivolta popolare che ha portato alla rescissione del contratto capestro con la multinazionale statunitense Bechtell.

21 luglio 2010