FOLLI, IL PUPILLO DI CIAMPI, DELLA MASSONERIA E DI BERTINOTTI
Elogiato anche dal gerarca fascista La Russa

Per formazione politica, ideologica, culturale e professionale, Stefano Folli, il neo direttore responsabile del "Corriere della Sera" imposto dal neoduce Berlusconi col concorso del presidente della Repubblica Ciampi sulla poltrona di comando del più prestigioso e influente quotidiano della borghesia italiana al posto del "dimissionario" Ferruccio De Bortoli, è un anticomunista doc in odore di massoneria, che ha costruito la sua carriera all'ombra del Quirinale e tra i salotti neri della nobiltà romana fra cui quello della signora Angelillo a Palazzo Giustiniani.
Illuminante in tal senso è l'investitura del Quirinale che ha salutato il colpo di mano in via Solferino con questa eloquente frase: "Ferruccio De Bortoli è un grande giornalista, ma Stefano è un amico".
Nato a Roma il 18 giugno 1949, iscritto all'albo dei professionisti dal 1975, Folli compie i primi passi da giornalista proprio alla Voce Repubblicana, prima che l'organo storico del Pri chiuda nel '78. Un giornale del quale poi, quando nell'81 torna in edicola, assume la direzione. In quell'anno Folli entra a far parte anche dello staff a Palazzo Chigi di Giovanni Spadolini, primo presidente del Consiglio laico nella storia della Repubblica. E proprio di Spadolini, che è stato direttore del "Corriere della Sera" dall'11 febbraio 1968 al 14 marzo 1972, Folli raccoglie 31 anni dopo l'eredità al timone del quotidiano di via Solferino.
Alla guida della "Voce Repubblicana" resta fino all'89, per passare poi al Tempo, il megafono della borghesia e della nobiltà in camicia nera romana, con l'incarico di caposervizio politico. Nel '90 Folli arriva al Corriere, durante la direzione di Ugo Stille, dove diventa notista politico e cura la rubrica di analisi politica "Il punto".
Ha fondato e diretto la rivista di affari internazionali "Nuovo Occidente" e ha collaborato a molte altre riviste fra cui spicca il bimestrale neofascista "IdeAzione" fondato nel 1994 e diretto dal fascista e neo consigliere Rai Marcello Veneziani.
Sposato, ha un figlio. Nel '97 ha vinto il Premio Fregene, nel '98 il Premio Ischia di giornalismo, recentemente è stato finalista del Premio Casalegno e negli ultimi tempi ha redatto le schede politiche per la trasmissione "Porta a Porta" condotta da Bruno Vespa. Con queste credenziali è normale che la destra del regime neofascista esulti e tenti di nascondere il vero significato di questo autentico golpe giornalistico dichiarando per bocca del gerarca fascista Ignazio La Russa che: "I partiti sono estranei a questa nomina: Folli è apprezzato da tutti". Ivi compreso, aggiungiamo noi, il vertice del partito della rifondazione trotzkista capeggiato da Bertinotti che, invece di smascherare l'intera operazione, ha addirittura definito Folli un giornalista di "grande professionalità, capacità analitica e equilibrio da liberale autentico", che "merita auguri non formali di buon lavoro" finendo, come al solito, per coprire a sinistra il neoduce Berlusconi.
Insomma, come Mussolini, che nel 1925, col beneplacito del re Vittorio Emanuele III costrinse alle dimissioni il liberale conservatore Luigi Albertini e piazzò alla direzione del "Corriere della Sera" i suoi fidi pennivendoli: Ugo Ojetti, per due anni, e poi Aldo Borelli; allo stesso modo il 30 maggio il neoduce Berlusconi, col concorso del presidente del Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi e la copertura a sinistra dei neorevisionisti di oggi hanno "convinto" Ferruccio De Bortoli a dimettersi e al suo posto hanno piazzato il "loro uomo": Stefano Folli.