Con il voto di DS e Margherita
Formigoni fa rientrare dalla finestra la devolution
A due mesi dal referendum costituzionale Casa del fascio e Ulivo avviano il processo per il federalismo fiscale in Lombardia

Dal corrispondente della Cellula "Lenin" della provincia di Bergamo
Anche se le masse popolari italiane il 25 e 26 giugno scorsi, con la sonora vittoria dei No, hanno bocciato la "riforma" golpista dello Stato, l'opulenta borghesia lombarda se ne infischia e torna a battere sul progetto dell'autonomia regionale, ossia della secessione. I suoi rappresentanti politici non si trovano solo nella Casa del fascio ma anche nella "sinistra" borghese lombarda e nazionale. A guidarli il governatore della Regione Lombardia, il ciellino forzista Roberto Formigoni che ha scoperto le sue carte durante e dopo i lavori del "Tavolo su Milano" del 25 luglio scorso, attorno al quale, alla presenza del presidente del consiglio, il democristiano Prodi e il suo galoppino Enrico Letta - "saliti" a Milano a certificare quanto il governo abbia a cuore la "questione settentrionale" - ha riunito i rappresentanti delle massime istituzioni lombarde, dalla neopodestà di Milano Letizia Moratti al rinnegato presidente della provincia Penati, per mettere a punto l'agenda delle priorità del capoluogo lombardo. In quell'occasione Formigoni "accenna" a Prodi e "discute" con Letta la sua idea di dare più autonomia alla Lombardia facendo rientrare dalla finestra quello che la schiacciante bocciatura della devolution di stampo leghista aveva fatto uscire dalla porta.
Alla fine dell'incontro erano tutti soddisfatti. Prodi esalta il progetto formigoniano riconoscendo che: "senza un contributo trainante della Lombardia e di Milano l'Italia non riprende il cammino dello sviluppo. Siamo venuti per dare ma anche a ricevere dal Nord. Se non si scommette su un grande salto innovativo qui a Milano il salto non ci sarà neanche per il resto del Paese". Insomma, da buon intrallazzone secondo cui la democrazia e le sue riforme si riducono a un dare e ricevere, per Prodi contrattare con Formigoni la secessione lombarda non è per nulla imbarazzante: si tratta solo di capire in che modo il governo e l'intera borghesia nazionale da esso rappresentata troveranno il punto di equilibrio con la borghesia lombarda, la più ricca del Paese, dato che la Lombardia da sola produce il 20% del Pil nazionale.

La regia di Enrico Letta
È evidente che le trattative con l'Ulivo sono un pezzo avanti e si respira aria di inciucio. Il 27 luglio infatti il governatore Formigoni presenta in Consiglio regionale un ordine del giorno "sulle priorità e le richieste della Regione Lombardia al governo nazionale" che negli ultimi paragrafi impegna la giunta ad "attivare le procedure che l'attuale Costituzione consente per l'assegnazione alla Regione Lombardia di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia", e altresì impegna la giunta a continuare il confronto col governo nazionale per attuare "i contenuti dell'articolo 119 della Costituzione sul federalismo fiscale nel rispetto dei principi di autonomia, responsabilità, crescita competitività e sussidiarietà", "con l'obbligo di salvaguardare la scala delle capacità finanziarie dei territori delle singole Regioni e consentire una partecipazione al capitale di Riscossione Spa in proporzione al peso dei gettiti tributari regionali". Insomma si reclama in modo chiaro che la ricchezza deve restare nella regione che la produce. La ricetta per lo spezzatino dell'Italia e per la separazione del Nord dal resto del Paese è servita, una ricetta che provoca un danno enorme all'unità della classe operaia e delle masse popolari, i cui diritti vengono trasformati in merce tramite la sussidarietà. L'ordine del giorno è stato firmato, e poi votato, da DS e Margherita che ancora una volta non perdono occasione di prendere parte attiva al processo di costruzione di un'Italia capitalista, neofascista federalista e presidenzialista. Del resto dietro il voto favorevole dell'Ulivo lombardo c'è la regia di Enrico Letta che la sera prima del voto in Consiglio ha cenato in un noto hotel milanese con l'assessore Cattaneo (braccio destro di Formigoni) ed alcuni consiglieri regionali dei DS e della Margherita. Il "Tavolo su Milano" si è così trasformato in un vero e proprio banchetto, dove i rappresentanti politici della borghesia locale e nazionale hanno deciso come spartirsi la ricchezza prodotta dalla classe operaia lombarda e italiana.

Uno Stato nello Stato
La casa del fascio e la "sinistra" borghese sono perciò d'accordo: anche se il referendum sulla devolution non è passato, il federalismo può e deve attuarsi con altri mezzi. La via lombarda all'autonomia passa per la riforma del Titolo V della Costituzione varata proprio e dal solo "centro-sinistra" nel 2001 che dà possibilità a livello regionale di decidere su tutta una serie di temi fondamentali come le infrastrutture, la sanità, la ricerca, l'istruzione, le professioni, le casse di Risparmio e altro ancora, e il federalismo fiscale che sancisce l'autonomia di entrata e di spesa per gli Enti locali. Tutti articoli di legge che animeranno lo Statuto Regionale, di cui la Lombardia è ancora scandalosamente priva, e che la renderanno uno Stato nello Stato. Come ha spiegato il presidente del Consiglio regionale lombardo, il leghista Ettore Albertoni, sull'Eco di Bergamo del 5 agosto 2006: grazie alla riforma del Titolo V della Costituzione "il Pirellone (ossia la Regione) è già di per sé una sorta di Stato: il governatore può essere considerato un presidente del Consiglio, la Giunta un governo e il Consiglio un Parlamento, il parlamento dei lombardi. Ora questa similitudine va rafforzata, resa operativa. Diventa necessario allora elaborare lo Statuto regionale", che verrà approvato entro un anno e non dovrà fare altro che sancire l'autonomia politica ed economica della borghesia lombarda. Non mancano i complimenti per l'Ulivo lombardo, dato che sul "Tavolo di Milano" da DS e Margherita è arrivato un bel sì di approvazione. Questi due partiti, ha civettato Albertoni, "dimostrano più sensibilità sui problemi concreti rispetto alle altre componenti di sinistra".

Il folclore del PRC
L'Ulivo regionale partecipa con entusiasmo all'ennesimo inciucio nell'interesse della borghesia lombarda arrivando addirittura a fare autocritica per non aver compreso nel passato l'esistenza di una "questione settentrionale". In Regione il ''centro-destra'' ha i numeri per approvare da solo il progetto di legge secessionista. Un'ipotesi questa che l'Ulivo combatte, proprio perché vuole parteciparvi da progonista. Come ha spiegato Battista Bonfanti, coordinatore regionale della Margherita e consigliere regionale, sempre sull'Eco di Bergamo del 5 agosto: "il centro-destra può anche non chiedere la nostra collaborazione, ma sarebbe un'occasione persa", perché "in quel caso sarebbe un progetto meno forte".
A questo punto appaiono davvero patetiche le lamentele del PRC (che insieme ai Verdi, Italia dei Valori e PdCI hanno votato contro l'ordine del giorno). Mario Agostinelli, consigliere regionale di Rifondazione trotzkista, si lamenta che "chi si accoda, oltre a spaccare l'Unione, cosa ci sta a fare nel centro sinistra?". Forse dovrebbe chiedersi cosa ci stanno a fare lui e il PRC nell'Unione, dato che imbrogliano le masse popolari chiedendone i voti per allearsi con chi non pensa ad altro che a impoverirle e a sfruttarle. Infatti, l'Ulivo lombardo va orgoglioso delle sue scelte scellerate sul federalismo, motivando in questo modo il sì al progetto formigoniano: "E ci mancherebbe che non fossimo d'accordo ad attuare il Titolo V così come l'abbiamo riformato noi cinque anni fa...". Anche il rinnegato Penati ha sbandierato ai quattro venti il suo entusiasmo per il "Tavolo su Milano", blaterando in una prosa bizantina: "L'installazione del Tavolo Milano spinge e incentiva ulteriormente gli enti territoriali milanesi e lombardi verso la concertazione istituzionale che definisca obiettivi per progetti largamente condivisi in modo da presentarsi concordi al tavolo di confronto con il Governo". Lo stupore di Agostinelli appare a questo punto davvero folcloristico, proprio come il suo stesso partito appare folcloristico a Prodi.
Solo le masse guidate da un Partito rivoluzionario e comunista possono contrastare le mire secessioniste della borghesia lombarda. La difesa e il rilancio dell'Italia unita, rossa e socialista è una battaglia essenziale del PMLI, l'unico Partito in Italia ad avere smascherato la strategia neofascista e piduista delle classi dominanti italiane e delle cosche parlamentari, siano esse di destra o di "sinistra", che le rappresentano politicamente.

6 settembre 2006