In un'intervista a "la Repubblica"
Formigoni rivendica la primogenitura del federalismo e preme per quello istituzionale

Dal nostro corrispondente della Lombardia
"Sì al federalismo, ma a patto che sia vero". Appena chiuse le urne il forzista Roberto Formigoni, in qualità di artefice del "modello Lombardia", ha rilanciato il federalismo attraverso un'intervista a la Repubblica. Una causa che ha sposato al punto da millantare al riguardo persino un ruolo di apripista sfilando il copyright agli ingombranti alleati fascio-leghisti. "Senza nulla togliere alla Lega - ha infatti rivendicato -, sono stato io a battermi in questi quindici anni per attuare il federalismo".
Si tratta di una evidente forzatura che persegue due obiettivi: da un lato, a livello locale, serve per respingere all'indomani delle elezioni regionali l'assalto delle camicie nero-verdi agli assessorati del Pirellone, alle poltrone dell'Expo e a quella di neopodestà di Milano nel 2011. A livello nazionale per incalzare con il piglio dello "statista" e governatore della regione architrave della terza repubblica una "riforma" generale dello Stato.
"Per essere vero il federalismo deve essere completo - ha infatti precisato -. Non basta quello fiscale, ci vuole anche quello istituzionale". I cardini sono "il Senato federale", "un sistema monocamerale", il passaggio alle regioni di un insieme di competenze statali (ambiente, beni culturali, giustizia di pace, organizzazione sanitaria, comunicazione, protezione civile, previdenza complementare integrativa, infrastrutture, ricerca scientifica e tecnologica, università, cooperazione transfrontaliera e sistema bancario regionale). Lo stesso deve avvenire per i beni demaniali. Una vera e propria rottura dell'unità nazionale e frantumazione dell'Italia in venti staterelli.
Tuttavia, memore del voto popolare che tramite referendum nel 2006 bocciò la "devolution", Formigoni sa bene che per completare il golpe istituzionale che smantellerà una volta per tutte la già sbrindellata Costituzione del '48 serve il concorso di tutte le forze politiche borghesi.
"Il centrodestra ha vinto le elezioni e il centrosinistra non è uscito distrutto - ha cinguettato Formigoni con l'organo ufficioso del PD -. Abbiamo davanti tre anni. Il governo vuole fare i decreti attuativi dialogando anche con l'opposizione. Non ci sono più alibi".
Uno spudorato rilancio, per procedere alla costituzione della terza repubblica, dei famosi "inciuci" bipartisan regionali e nazionali, con i secondi che hanno trovato la massima espressione ai tempi della bicamerale D'Alema-Berlusconi e della famigerata "bozza Violante". Una serie di accordi sottobanco che in fin dei conti un merito lo stanno registrando, come attesta il voto regionale del 28 e 29 marzo: accelerare la capacità delle masse popolari di comprendere che la destra e la "sinistra" borghese sono speculari, le due facce della stessa moneta capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista, razzista e interventista.

14 aprile 2010