Chiara e forte denuncia di Fucci, segretario dell'Associazione nazionale magistrati
"Vogliono fascistizzare la magistratura"
I diessini Bruti Liberati e Fassino prendono le distanze
Due giorni di sciopero contro la controriforma governativa

Dal 5 all'8 febbraio si è tenuto a Venezia il 27° congresso dell'Associazione nazionale magistrati (Anm), il parlamentino che riunisce tutte le sigle sindacali della categoria, con all'ordine del giorno la risposta da dare alla controriforma governativa della magistratura già passata al Senato e le iniziative da prendere per far sentire forte il profondo dissenso e la protesta dei quasi 9.000 magistrati italiani.
Tutte le correnti dell'associazione sono state unanimi nel condannare gli attacchi del governo e la controriforma dell'ordinamento giudiziario, cosiccome nel decidere di ricorrere all'eccezionale arma dello sciopero per costringere il governo ad ascoltare le loro ragioni. Nel documento conclusivo, infatti, i magistrati italiani denunciano "l'insoddisfazione profonda per lo stato di crisi in cui versa l'amministrazione della giustizia" e l'"insostenibilità della situazione" attuale. Chiedono "investimenti commisurati" a far fronte alla pesante crisi della giustizia, la mancanza di personale e di mezzi, la lentezza dei processi, e riforme realmente adeguate a migliorare la professionalità, la formazione, la selezione e la responsabilità dei magistrati. In questo quadro denunciano la controriforma governativa già approvata dal Senato, perché anziché rispondere a queste esigenze "tende a ripristinare un ordinamento gerarchico che vulnera il principio costituzionale della pari dignità delle funzioni giudiziarie", crea un "modello di giudice burocrate e gerarchicamente organizzato contrapposto al modello di giudice delineato dalla Costituzione", ripristina "un metodo di selezione interno basato su concorsi a cascata", e perciò "comporta il rischio di ridurre l'indipendenza interna senza garantire una migliore professionalità in quanto stimola il conformismo giurisprudenziale ed induce a privilegiare una preparazione tecnico-giuridica astratta e slegata dalla concreta attività giudiziaria".
Il documento denuncia inoltre "l'attribuzione al procuratore della repubblica dell'autocratico ed esclusivo esercizio dell'azione penale, l'esasperata gerarchizzazione dell'Ufficio di procura, il ripristino di un generalizzato potere di avocazione in capo al procuratore generale", attaccando anche i limiti posti ai magistrati all'attività di interpretazione delle leggi e alla partecipazione alla vita sociale, "che si traduce nella pretesa di imporre un modello di giudice avulso dalla realtà del suo tempo". Ed infine, stigmatizzando l'istituzione di percorsi separati tra giudici e pm come una "separazione di fatto delle carriere che allontana il pubblico ministero dalla cultura della giurisdizione", il documento finale boccia senza appello il progetto governativo e avverte che "è a rischio la tutela dei diritti e della legalità demandata dalla Costituzione alla magistratura autonoma e indipendente".

La denuncia di Fucci
Sulla base di queste critiche e rivendicazioni il Comitato direttivo centrale dell'Anm ha deciso la proclamazione di due giorni di sciopero (attaccato da Berlusconi in tv perché "al limite dell'eversione"), da effettuarsi l'11 marzo con astensione dalle udienze e lo svolgimento di assemblee aperte e incontri per spiegare ai cittadini le ragioni della protesta, e il giorno successivo in forma virtuale", cioè lavorando regolarmente ma devolvendo gli emolumenti della giornata a sostegno della giustizia.
Grande scalpore, ma anche grande consenso tra i 1.200 delegati congressuali, ha suscitato la relazione finale del segretario dell'Anm, Carlo Fucci, di Unità per la Costituzione (la corrente maggioritaria dell'Anm, considerata di "centro"), qui sotto riportata in estratti, soprattutto quando per spiegare il senso della controriforma governativa l'autore si è ricollegato alla "riforma Oviglio" dell'ordinamento giudiziario attuata dal governo di Mussolini per sottomettere la magistratura al regime: denunciando i secondi fini dell'azione di governo, volti a "saldare i conti" con i magistrati, Fucci ha infatti giustamente osservato che questi fatti "riportano, facilmente, alla mente la `deriva' istituzionale del 1923 rappresentata dall'emanazione dell'Ordinamento giudiziario "Oviglio" che ricostituì in pieno la struttura gerarchica dell'ordine giudiziario e pose le premesse per tentare la `fascistizzazione' della magistratura italiana".
Una tesi questa, anzi una constatazione, largamente condivisa nella categoria, a giudicare dagli scroscianti applausi con cui è stata sottolineata dalla platea. Basti pensare che lo stesso concetto era stato espresso anche nell'applauditissimo lavoro di un insigne studioso di diritto, il rettore dell'Università di Messina prof. Gaetano Silvestri ("I problemi della giustizia italiana fra passato e presente"), dove si legge testualmente: "Dopo il `canto del cigno' del decreto Rodinò del 1921 - che estendeva l'inamovibilità ai pretori e stabiliva l'elettività del Consiglio superiore - la rovina della democrazia liberale seguita alla marcia su Roma portò rapidamente all'ordinamento giudiziario Oviglio del 1923, che ricostituì in pieno la struttura gerarchica dell'ordine giudiziario e pose le premesse per la `fascistizzazione' della magistratura italiana. Tale processo di rapida assimilazione del corpo dei giudici al regime - causa di un grande elogio del Guardasigilli Rocco nel 1929 - fu possibile perché nel periodo anteriore lo smantellamento della piramide giudiziaria era stato più apparente che reale".
Retromarcia della "sinistra" borghese
Eppure, anticipando le sfuriate degli stessi esponenti della casa del fascio punti sul vivo, sorprendentemente il presidente Bruti Liberati (diessino, di Magistratura democratica) prendeva immediatamente le distanze dai giudizi di Fucci, definendoli espressi "a titolo personale", e altrettanto facevano il segretario di Md, Claudio Castelli, e il segretario di Unicost (la corrente di Fucci), Fabio Roia. Più in generale è tutta la "sinistra" borghese che ha avuto paura della chiara e forte denuncia di Fucci e ha subito cercato di dissociarsi da essa innestando la retromarcia. Come ha fatto per esempio Fassino, che ipocritamente ha parlato di "clima esasperato in cui possono maturare anche espressioni infelici come è accaduto ieri".
In queste condizioni la casa del fascio ha avuto via libera per sparare a zero su Fucci e ribaltare su di lui e l'intera categoria dei magistrati le sue denunce, con gli insulti e gli attacchi più isterici e persino minacce di "usare la clava" contro i giudici "politicizzati"; mentre il presidente della Camera, Casini, pontificava che "chi parla di fascismo è fuori dalla realtà", e da parte sua il Quirinale faceva "trapelare" tutta la sua irritazione per le parole usate dal segretario dell'Anm. Il quale, nonostante le lettere e le telefonate di solidarietà di centinaia di colleghi (da sottolineare in proposito un intervento di Gerardo D'Ambrosio su "l'Unità" di sostanziale condivisione dei giudizi di Fucci), scaricato dai vertici della sua associazione ha dovuto rimettere il mandato nelle loro mani, in pratica dare le dimissioni.
Non è un buon segnale. In questo modo l'imbelle "sinistra" borghese dimostra tutta la sua pavidità e debolezza nei confronti del neoduce e della sua banda di neofascisti, e incoraggia la loro arroganza. E in definitiva copre e avalla il nuovo regime mussoliniano che è stato silenziosamente imposto al Paese, lasciando i magistrati indifesi di fronte al progetto della loro fascistizzazione che avanza a rapidi passi, appunto come nel 1923. 24 febbraio 2004