Centinaia di cortei in Francia
3 milioni e mezzo in piazza contro la "riforma" delle pensioni di Sarkozy

Il 19 ottobre in centinaia di piazze francesi 3 milioni e mezzo di manifestanti hanno ribadito, nel sesto sciopero generale, la loro opposizione alla "riforma" delle pensioni che il presidente Nicolas Sarkozy e il primo ministro François Fillon vorrebbero imporre al paese come una misura necessaria per parare i colpi della crisi economica.
La proposta governativa è già stata approvata dall'Assemblea nazionale e dal 5 ottobre è in discussione al senato che prevedeva di chiudere col varo della legge entro il 20 ottobre. Il progetto governativo prevede l'innalzamento a partire dal 2018 dell'età minima pensionabile da 60 a 62 anni e da 65 a 67 l'età in cui si ottiene la pensione a tasso pieno; previsto anche l'allungamento della durata dei versamenti obbligatori che passerà dai 40,5 di oggi ai 41,5 nel 2020.
Una "riforma" rigettata dai lavoratori e dalle masse popolari, come sottolineato dai sondaggi che danno oltre due terzi dei francesi solidali con i manifestanti, con una lotta che è cresciuta a mano a mano che il provvedimento seguiva l'iter di approvazione.
Lo sciopero del 19 ottobre ha visto una larga partecipazione tra i dipendenti degli aeroporti, conducenti di autobus e treni, insegnanti di licei e università, dipendenti delle poste, oltre ai lavoratori delle 12 raffinerie nazionali che da più di una settimana hanno bloccato gli impianti e picchettato i depositi per non far uscire i carburanti; massiccia la presenza nei cortei dei lavoratori cui da giorni si erano uniti gli studenti, in particolare dei licei, che si sono distinti per la combattività.
Dagli inizi di ottobre sono in sciopero anche i portuali di Marsiglia che hanno bloccato lo scarico delle merci chiedendo consistenti aumenti salariali e garanzie occupazionali dopo la decisione del governo di privatizzare alcune attività cui sono stati già trasferiti un terzo degli addetti.
Nel primo sciopero generale del giugno scorso i partecipanti erano stati oltre 2,5 milioni, un risultato positivo se si considera che il tasso di sindacalizzazione in Francia non arriva al 10%. Le piazze di tutto il paese si sono riempite da un numero crescente di manifestanti, fino ai 3,5 milioni degli ultimi scioperi, mentre alcune categorie come i ferrotranvieri il 12 ottobre iniziavano uno sciopero a oltranza.
Allo sciopero generale del 12 ottobre partecipavano in massa gli studenti liceali che mantenevano alta la protesta anche il 14 ottobre con circa 900 scuole occupate. Una partecipazione temuta dal governo quella dei giovani, che già nel 2006 costrinsero il governo a ritirare la legge sul Cpe, il Contratto di primo impiego.
Sarkozy spera che con l'approvazione della "riforma" in senato almeno una parte delle organizzazioni sindacali, che chiede solo di poter discutere il provvedimento, mollino la presa. Conta sulla chiusura delle scuole per le vacanze di fine ottobre e conta sulle deboli posizioni dell'opposizone socialista che oggi appoggia il movimento ma che non chiede il ritiro della riforma e ha presentato una proposta alternativa che comunque allunga gli anni di lavoro prima di aver diritto alla pensione. Su queste basi si è appoggiato il premier Fillon che Sarkozy ha spedito in televisione ancora il 18 ottobre per ribadire che il governo vuol portare fino in fondo il progetto. Ma la lotta contro la "riforma" delle pensioni non si è arrestata e si è sviluppata anche perché ha fatto da coagulo ai tanti problemi che colpiscono i lavoratori, dal precariato in particolare dei giovani alla crescente disoccupazione, dai bassi salari alle peggiorate condizioni di lavoro testimoniate dalla drammatica ondata di suicidi nella compagnia telefonica France Telecom. Il governo fa pagare la crisi alle masse popolari mentre da parte sua si trova sempre più sommerso da una serie di casi di corruzione e di scandali finanziari, a partire dal caso Bettencourt che ha coinvolto il ministro del lavoro, Eric Woerth, ed è arrivato a sfiorare lo stesso Sarkozy. Non è scontato che la partita si chiuda del tutto a vantaggio del governo col varo della legge in senato.

20 ottobre 2010