Frattini e La Russa aprono alla Nato e agli USa
I militari italiani andranno in prima linea in Afghanistan

I militari italiani andranno in prima linea in Afghanistan a combattere la resistenza all'occupazione imperialista, o meglio ci andranno ufficialmente dato che da tempo, da sotto il governo Prodi, partecipano attivamente alla guerra. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri Franco Frattini il 25 maggio a Bruxelles, in occasione della riunione con i responsabili degli Esteri e della Difesa dell'Unione europea.
"Parliamo di una maggiore flessibilità geografica e di un impiego operativo più rapido", ha dichiarato Frattini, che fingendo di essere stato frainteso ha precisato: "ho solo detto che si tratta di ridurre da 72 a 6 ore i tempi di risposta ad eventuali richieste, non si parla affatto di spostare truppe in modo permanente verso il Sud (dove maggiore è la resistenza all'occupazione, ndr). Ma posso assicurare che se vi dovesse essere una richiesta di interventi temporanei, risponderemo nelle sei ore".
Per quanto riguarda la messa in pratica della direttiva, Frattini ha precisato che "dipenderà dalle esigenze operative e dalle richieste che ci faranno, intanto cerchiamo di adeguare la nostra capacità di risposta".
Il 21 maggio il ministro degli Esteri aveva espresso la disponibilità dell'Italia a riesaminare i caveat, le limitazioni imposte all'utilizzo dei soldati italiani in Afghanistan, al fine di garantire una "maggiore efficacia e flessibilità di impiego delle nostre truppe". Una disponibilità accolta "con grande favore" dalla Nato.
I cosiddetti caveat furono adottati dal governo Prodi per continuare a gabellare quale "missione di pace" l'intervento in Afghanistan. Secondo tali regole il contingente di occupazione italiano doveva operare solo nell'area di competenza, nelle province del settore occidentale (Herat, Farah, Ghor, Baghis) e non poteva prendere parte a operazioni di guerra che non fossero azioni di difesa. Su pressione dei comandi Nato e Usa, il governo stabilì che deroghe a questi caveat erano possibili solo previa sua autorizzazione, rilasciata entro 72 ore dalla richiesta di intervento.
A quanto risulta dalle denunce di Peacereporter, i soldati italiani hanno partecipato a diverse operazioni di combattimento, anche fuori dai confini delle province del settore occidentale.
Il governo Berlusconi ha quindi trovato la strada spianata da Prodi e ha potuto annunciare solo una velocizzazione nei tempi di risposta del comando italiano alle richieste di intervento degli alleati imperialisti. "Noi abbiamo intenzione di modificare i tempi di decisione - ha spiegato il ministro della Difesa, il fascista Ignazio La Russa - in modo da dispiegare, in pochissime ore cioè sei, le nostre forze temporaneamente in zone dove è utile a fine logistico oltre che militare", ossia in prima linea.

11 giugno 2008