Tutti in piazza il 20 marzo a Roma per affossare il decreto Ronchi
Giù le mani dall'acqua!
Ai referendum sulla ripubblicizzazione dell'acqua votare tre Sì
I beni comuni e i servizi essenziali devono essere pubblici e gratuiti

Elettricità, gas, rifiuti, telefonia, radio e televisione, scuola e università, sanità, trasporto aereo, ferroviario e marittimo, fino ai beni architettonici, alle carceri, alla riscossione dei tributi. Tutto questo che era dello Stato è finito o finirà nelle mani dei privati e dei grandi trust monopolistici.
Ora i pescecani capitalisti italiani e stranieri stanno per divorare la fonte primaria e il principio della vita individuale, sociale e produttiva, l'acqua.
È quanto prevede il decreto Ronchi approvato nel novembre dell'anno scorso dal Parlamento attraverso l'ennesimo "voto di fiducia" imposto dal carro armato governativo del neoduce Berlusconi.
Obbligando tutti gli enti locali a consegnare la gestione nelle mani delle multinazionali e della mafia, comunque denominata, questa legge completa il processo di privatizzazione dei servizi idrici e degli altri servizi pubblici.
La gestione del servizio idrico - recita l'art.15 - in via ordinaria è affidato ad un soggetto privato o ad una società mista (pubblico-privato) nella quale il privato è scelto con gara, gli affidamenti "in house", ossia ad aziende comunali e consorzi intercomunali, cessano alla data del 31 dicembre 2010, nelle Società per azioni (Spa) già quotate in borsa la partecipazione pubblica deve scendere al 30% entro il 2015, le aziende speciali e miste possono mantenere i contratti già stipulati, anche senza gara formale, solo nel caso in cui le amministrazioni cedono loro almeno il 40% del capitale.
Il giro d'affari di questa grande operazione di svendita delle infrastrutture acquedottistiche del nostro Paese, dalle fonti ai rubinetti, è stratosferico, stimato in 23 miliardi di euro, poiché riguarda 62 Ato (ambiti territoriali), 870 tra ex-municipalizzate e consorzi di gestione, con un totale di oltre 160 mila lavoratori impiegati.
Il PMLI saluta e appoggia con forza i movimenti e i comitati di lotta contro la privatizzazione e mercificazione dei beni comuni, che contro questo infame decreto hanno indetto per sabato 20 marzo una grande manifestazione a Roma. Essi hanno ben compreso la portata criminale del provvedimento, assaggiando sulla propria pelle cosa significa regalare la gestione idrica nelle mani delle Spa: licenziamenti, aumento progressivo e incontrollato delle tariffe, aumento dei costi degli allacciamenti, anarchia dei prezzi dell'acqua, discriminazioni nella capacità di acquisto da parte dei più poveri. E ancora più "cartelle pazze", più supersfruttamento e lavoro nero, più appalti e subappalti fuori da ogni controllo, più denaro pubblico che sparisce nelle fauci dei padroni. Uno dei casi più emblematici delle conseguenze della privatizzazione è quello del Comune di Agrigento, nel quale la distribuzione dell'acqua non è garantita 24 ore su 24 mentre la bolletta per gli utenti si è sestuplicata.

Acea, la multinazionale pubblico-privata
Un altro esempio emblematico è l'Acea Spa, la ex-municipalizzata romana che è stata trasformata in una holding con le partecipazioni azionarie del gigante Suez e della famiglia Caltagirone. Quest'ultima ha un patrimonio stimato di 2,6 miliardi di dollari, è proprietaria dell'impero del cemento, Vianini e Cementir (divoratori di suoli, ecosistemi e acqua), possiede il quinto gruppo editoriale del Paese (il Messaggero, il Mattino, il Gazzettino), ha partecipazioni azionarie in Grandi stazioni spa e al Monte dei Paschi di Siena.
Quotata alla Borsa di Milano dal 16 luglio 1999, quando al governo c'era D'Alema, alla Regione Badaloni e al Comune Rutelli, Acea Spa è attualmente tra le più voraci nell'acquisire il controllo dei servizi idrici in Italia e nel mondo. In questo settore è diventata in breve tempo il maggiore operatore italiano, con un bacino di utenza di oltre 8 milioni di abitanti, pari a circa il 14% dell'intero mercato nazionale. Gestisce il servizio idrico integrato nell'Ato 2 Lazio centrale - Roma, acquedotto (compreso i controlli di qualità!), fognatura e depurazione. Sotto il nome di Gori Spa ha creato una joint venture con le imprese in odore di camorra e spadroneggia nell'Ato 3 sarnese-vesuviano della Campania, è entrata in Acquacampania spa che si è aggiudicata la concessione trentennale dell'acquedotto del Serino.
Nel corso del primo semestre del 2008 ha acquisito il servizio idrico del Comune di San Polo dei Cavalieri e del Comune di Cerveteri, nel corso del secondo semestre il Consorzio costituito tra i Comuni di Trevi nel Lazio, Piglio (ATO 5) e Altipiani di Arcinazzo per la gestione del depuratore.
I suoi artigli sono da tempo piantati in Toscana e in Umbria, e ad Erevan, la capitale dell'Armenia, dove Acea gestisce l'acquedotto e riscuote le bollette per conto del Comune di Roma.
Ovunque le è stato affidato il servizio idrico si registra l'impennata delle bollette, malfunzionamenti, scarsissima manutenzione e qualità dell'acqua. Come se non bastasse sta inviando massivi solleciti di pagamento a chi ha contestato i nuovi piani tariffari 2009-2011, minacciando e attuando distacchi improvvisi dell'utenza, una pratica odiosa che si sta ripetendo sempre più spesso, nel silenzio del Consiglio comunale e della giunta del fascista Alemanno attenta a non turbare i titoli del grande azionista in borsa.
In partnership con la belga Electrabel, Acea è anche la seconda più grande azienda di generazione, trasporto e vendita ai clienti finali di elettricità e gas, attraverso una rete di società regionali per il mercato residenziale e le piccole e medie imprese. Gestisce la rete elettrica di Roma servendo 2,7 milioni di abitanti e l'illuminazione pubblica della capitale e di altri comuni italiani. Nel luglio 2006 Acea ha acquisito anche il Gruppo Tad Energia Ambiente proprietario di 2 termovalorizzati finanziati con la truffa dei Cip6 nella bolletta Enel, quello di Terni, sequestrato dalla magistratura perché altamente tossico per lavoratori e cittadini e quello di S.Vittore.
Non devono sorprendere i profitti che, nel 2008, ammontavano a 3.144 milioni di euro (+21,7% rispetto al 2007), come non deve sorprendere se il potere delle assemblee elettive e dei sindaci è stato ridotto a zero.
Il delirio di onnipotenza del Consiglio di amministrazione di Acea deriva dalla consapevolezza che avere in mano le fonti idriche è una formidabile arma di pressione e di ricatto non solo nei confronti della popolazione e dei lavoratori ma anche dei partiti parlamentari, delle istituzioni in camicia nera, nonché degli agricoltori e degli imprenditori fuori dalla propria galassia finanziaria di riferimento.
Sarà questo forse il motivo per cui Pierferdinando Casini, leader dell'UDC, nel 2007 ha deciso di sposare Azzurra Caltagirone, la figlia del vecchio "patron", e se persino il papa Ratzinger ha voluto di recente rendere ossequioso omaggio al predone imperialista, in occasione del centenario dalla nascita: "Il rapporto fra l'Urbe e l'Azienda è diventato sempre più stretto, e questo grazie soprattutto alla pluralità di servizi che l'Acea ha erogato e continua a erogare alla città, sostenendone e favorendone la trasformazione in una moderna Metropoli" (sic!).
Nonostante le dichiarazioni elettoralistiche per l'acqua pubblica rilasciate da Renata Polverini è stata confermata la decisione del neopodestà di Roma di cedere un ulteriore 20% di Acea ai privati. La vendita, ha precisato Alemanno, dovrà avvenire prima del 2015, data imposta dal decreto Ronchi, e la selezione dell'acquirente, senza gara, sarà di sua competenza.
Per noi marxisti-leninisti Acea è un impasto micidiale di acqua, rifiuti, energia sporca e cemento che va sciolta in quanto insaziabile parassita pronto a divorare uno dei bocconi più grossi sul mercato, l'Ato2 Napoli-Caserta (172 comuni e bacino d'utenza di oltre tre milioni di abitanti). Così come vanno espropriati gli altri vampiri altrettanto assetati di acqua e di sangue, come Veolia-Vivendi, Hera di Bologna, Iride di Genova e Torino, l'A2A lombarda e l'Acquedotto Pugliese Spa controllato dal trotzkista liberale Nichi Vendola. Vanno tutti nazionalizzati.

I referendum per la ripubblicizzazione dell'acqua
Il Forum italiano dei Movimenti per l'acqua pubblica, a cui aderiscono oltre 80 reti nazionali e più di 1.000 realtà territoriali e alcune centinaia di Enti Locali, sta organizzando tre referendum abrogativi che dovranno raccogliere, fra aprile e luglio 2010, circa seicentomila firme. Il Comitato Promotore invita a votare "Tre SI' per la ripubblicizzazione dell'acqua, tre SI' per dire basta ai profitti su un bene essenziale". Le date della consultazione verranno rese note nella manifestazione nazionale di Roma, alla vigilia della Giornata Mondiale dell'acqua (22 marzo).
Il primo quesito si propone di eliminare l'art. 23bis della legge n°133 approvato dal governo Berlusconi il 6 agosto 2008, che inserisce il servizio idrico nei servizi pubblici di "rilevanza economica". Il secondo quesito si propone l'abrogazione dell'articolo 150 del "decreto ambientale" 152 che definiva come modalità di gestione del servizio idrico la sola forma societaria della Spa.
Il terzo quesito si propone di eliminare dalla norma tariffaria l'"adeguata remunerazione del capitale investito", che garantisce per legge il profitto ai privati attraverso la bolletta degli utenti.
Il PMLI voterà e darà indicazione di votare SI' ai quesiti referendari pur consapevole che sarà ben difficile per questa via bloccare la privatizzazione, tanto meno ripubblicizzare i servizi idrici in quanto:
1) per loro natura i referendum abrogano delle norme, ma non hanno il potere di ripubblicizzare ciò che è stato privatizzato.
2) non è prevista la cancellazione della legge quadro Galli del 1994 che è quella che ha scardinato il vecchio sistema che era costituito da 8.000 soggetti gestori che praticavano la gestione diretta o attraverso enti pubblici. Questa legge ha aumentato la presenza dei privati nella gestione delle ex-municipalizzate, nel frattempo trasformate in Aziende speciali e Spa, oltre ad avere introdotto il già citato criterio della copertura dei costi di gestione e manutenzione tramite le tariffe sulla base della legge del massimo profitto capitalista (terzo quesito referendario)
3) non è per nulla scontato che il governo del nuovo Mussolini tenga conto del risultato, vedi il rilancio del nucleare, bocciato dal popolo italiano con un largo plebiscito
4) la privatizzazione dell'acqua a livello nazionale non può essere bloccata senza affossare la controriforma federalista dello Stato, nonché l'operazione di strangolamento operata dal governo e dalle banche nei confronti dei Comuni.
Contrariamente al PRC, che la riduce a una dichiarazione di principio non vincolante, ripubblicizzare l'acqua significa concretamente spazzare via le Spa. Per fare ciò occorre in primo luogo spazzare via il governo ad esse asservito e chi gli regge il sacco, come la "sinistra" borghese. Lo sciopero generale di 8 ore, di tutte le categorie, con manifestazione sotto Palazzo Chigi ci sembra l'arma di lotta più incisiva per spingere alla lotta di piazza anche i sindacati, in primo luogo la Cgil e i sindacati non confederali, e coordinare il grande movimento nato per costringere il governo del neoduce Berlusconi alle dimissioni, con i fronti di lotta antimperialista, anticapitalista, antifascista ed in difesa dei beni comuni e dell'ambiente.

Il Comitato centrale del PMLI

Firenze, 21 febbraio 2010