Anticipando la controriforma costituzionale federalista
IL GOVERNO BERLUSCONI DA'
IL COLPO DI GRAZIA AL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE
Ogni regione avrà autonomia
finanziaria, impositiva, organizzativa e legislativa sulla Sanità. Abolito il Fondo
sanitario nazionale nel 2004. Tagliati la spesa sanitaria pubblica, i posti letto, gli
ospedali. Via libera al modello privatistico ed assicurativo lombardo di Formigoni
di Enrico Del Golfo
Abbiamo chiesto al compagno Enrico Del Golfo, militante di una Cellula campana del
PMLI, laureato in medicina e specializzando in Igiene e medicina preventiva, occupato
presso il Servizio di epidemiologia e prevenzione di una Asl, di scrivere una denuncia
della politica sanitaria del governo guerrafondaio del neoduce Berlusconi. Con piacere
pubblichiamo il suo interessante e approfondito lavoro per il quale lo ringraziamo
calorosamente.
Il 18 settembre il governo Berlusconi ha varato il decreto legge n° 347 dal titolo
"interventi urgenti in materia di spese per l'assistenza sanitaria''.
Già dal titolo è chiaro l'obiettivo immediato dell'esecutivo di tagliare ulteriormente e
drasticamente la spesa sanitaria pubblica mentre l'obiettivo generale, con la scusa
dell'urgenza finanziaria, è quello di dare il colpo di grazia controriformatore al
sistema sanitario nazionale tramite il federalismo e la privatizzazione.
Vediamolo nel dettaglio.
TAGLI DELLE SPESE PER L'ASSISTENZA SANITARIA E FEDERALISMO
Per quanto riguarda la spesa sanitaria è prevista la modifica dell'articolo 1 della legge
502 (controriforma De Lorenzo del '92) per cui "l'ammontare delle spese per
l'assistenza sanitaria fino al 2004 è regolata nei termini stabiliti dall'accordo
Stato-regioni approvato l'8 agosto 2001 dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le provincie autonome''. Questo accordo sancisce che nel 2004
scomparirà definitivamente il Fondo sanitario nazionale ed ogni regione sarà
completamente autonoma dal punto di vista finanziario, mentre prevede una spesa sanitaria,
del tutto insufficiente, da parte dello Stato di 138.000 miliardi per il 2001, 144.376
miliardi per il 2002, 150.122 miliardi per il 2003 e 155.871 miliardi per il 2004.
Ricordiamo che circa il 60% della spesa complessiva per la sanità proviene dai contributi
di malattia che gravano sul lavoro dipendente.
Tali livelli di spesa, già abbondantemente al di sotto della già misera soglia del 6%
del Pil stabilita dal decreto stesso, potranno essere ulteriormente ridotti se una o più
regioni non rispetteranno le "misure di contenimento della spesa'', le "misure
per stipulare convenzioni per l'acquisto di beni e servizi'', le misure per "il
monitoraggio della spesa'', il "patto di stabilità interno'', il "contenimento
delle prestazioni erogate nell'ambito dei livelli di assistenza'', "le misure di
anticipazione di verifica degli andamenti di spesa del 2001''.
Dal 2001 al 2004 ogni eventuale "sforamento'' rispetto ai fondi statali destinati
alle regioni sarà addebitato alla regione stessa. Soltanto per l'anno 2000 l'ulteriore
fabbisogno evidenziato dalle regioni per un totale di 7.080 miliardi sarà coperto dallo
Stato per un totale di 2.700 miliardi, mentre il rimanente deficit resterà a carico delle
singole regioni.
Il ministro della Salute Girolamo Sirchia ha affermato: "è avvenuto un fatto
importantissimo, è stato stipulato tra Stato e Regioni un patto di stabilità in base al
quale tra tre anni il Fondo sanitario nazionale... verrà a cessare e le Regioni saranno
totalmente autonome. La decentralizzazione riguarderà anche le entrate perché le regioni
finanzieranno la sanità con mezzi propri''.
Quali saranno gli effetti di questa ulteriore controriforma, dopo quelle di De Lorenzo e
Bindi, sulle masse popolari delle regioni più povere e arretrate del Sud, è evidente
quando si chiarisce che "gli effetti positivi o negativi derivanti dall'entrata in
vigore delle leggi o dei provvedimenti regionali adottati ai sensi del presente decreto
sono acquisiti o ricadono sui bilanci delle regioni'' e che "gli eventuali disavanzi
di gestione accertati o stimati sono coperti dalle regioni con le modalità stabilite da
norme regionali che prevedono alternativamente o cumulativamente l'introduzione di misure
di compartecipazione alla spesa (ticket e assicurazioni sostitutive) o variazioni in
aumento dell'addizionale comunale dell'Irpef'' o altri balzelli.
Il complesso dei provvedimenti finanziari contenuti nel decreto legge definiscono il
quadro di un vero e proprio ricatto con il quale il governo intende portare a termine il
processo di federalizzazione e privatizzazione del sistema sanitario nazionale. Il 2001
viene infatti considerato quindi l'"anno zero'' al decorrere dal quale lo Stato non
finanzierà più il deficit delle regioni che si vedranno anche costrette se vogliono
continuare a ricevere finanziamenti minimi per i successivi tre anni ad autorganizzarsi
per tagliare, privatizzare, tassare le prestazioni sanitarie nel proprio territorio ed
eventualmente per restaurare un sistema sanitario di tipo assicurativo.
Le regioni avranno non solo autonomia finanziaria di entrata e di spesa, secondo il
famigerato federalismo fiscale, ma anche una larghissima autonomia organizzativa e
legislativa. Potranno stabilire i cosiddetti "livelli di assistenza essenziali'',
determinare il rapporto posti letto-residenti, il completamento dello scorporo,
dell'aziendalizzazione e della privatizzazione degli ospedali, la rimborsabilità o meno
dei farmaci, il monitoraggio e le sanzioni per le "prescrizioni inappropriate'', i
provvedimenti per il controllo dell'equilibrio economico delle aziende sanitarie o
ospedaliere, il rispetto da parte delle aziende delle convenzioni per l'acquisto di beni e
servizi, l'accensione di mutui, ecc. Sostanzialmente l'intera organizzazione della sanità
e gli stessi "livelli di assistenza essenziali'' (se mai verranno definiti)
varieranno da una regione all'altra a seconda delle compatibilità finanziarie regionali,
regalando ambiti di intervento enormi alle strutture private e "no-profit'' ed anche
al mercato delle assicurazioni di malattia.
Il processo di disgregazione del sistema sanitario nazionale, la cancellazione
dell'uguaglianza del diritto universale alla salute su tutto il territorio nazionale e di
un selvaggio mercato delle prestazioni sanitarie si accompagnano anche all'attacco al
contratto nazionale di lavoro e all'unità e al potere contrattuale dei lavoratori del
comparto della sanità dato che il decreto prevede due livelli di contrattazione, uno
nazionale ed uno regionale ed aziendale.
La gravità delle conseguenze di questa ulteriore controriforma e di questo golpe
istituzionale devono rappresentare un motivo in più, concreto e visibile, per denunciare
e combattere con un secco "no'' le posizioni federaliste del "centro-sinistra''
che anche attraverso il referendum del 7 ottobre intende sancire costituzionalmente il
ribaltamento della "piramide istituzionale dando il primato di poteri e competenze
alle regioni e lasciando in coda lo Stato, trasformato in una stato federale a tutti gli
effetti''. Come scrive il documento dell'UP del PMLI del 27 agosto 2001 "con questa
controriforma costituzionale, infatti, lo stato unitario nazionale viene così distrutto.
Ogni regione-Stato penserà a se stessa e ne faranno le spese le più deboli e povere,
specie quelle del Sud. Tutto sarà subordinato al mercato e agli interessi economici delle
borghesie regionali. Regnerà la legge della giungla all'interno di ciascuna regione e tra
una regione e l'altra''.
L'INGANNO DELL'ABOLIZIONE DEI TICKET
Slittano di un anno rispettivamente al 2003 e al 2004 la diminuzione e l'abolizione dei
ticket sulla diagnostica salvo che nel frattempo tali odiosi balzelli potranno essere
reintrodotti dalle singole regioni. E' evidente a questo proposito il grande inganno
perpetrato ai danni del proletariato e delle masse popolari dal partito della Rifondazione
trotkista che ai tempi del governo Amato, per coprirne la vera natura neofascista,
liberista ed antipopolare e la propria capitolazione, pubblicava a tutta pagina su
Liberazione "aboliti i ticket'' glorificando gli ex-ministri della Sanità, il barone
controriformatore Umberto Veronesi e la democristiana Rosy Bindi.
TAGLIO DI OSPEDALI E POSTI LETTO, MOBILITA' DEL PERSONALE, ATTACCO AL CONTRATTO
NAZIONALE, MODELLO DI FORMIGONI
I posti letto per acuti saranno ulteriormente ridotti da 5 a 4 per mille residenti (nel
'92 erano al 6,6) mentre i posti letto per la riabilitazione e la lungodegenza scenderanno
all'1 per 1.000. Gli "esuberi'' di personale derivanti dal taglio di almeno 56.000
posti letto e dalla "chiusura di almeno 900 ospedali'' (intervista al ministro della
Salute a la Repubblica del 12 agosto) dovranno trovare posto nella ipotetica
"riconversione delle strutture dismesse'' e nei "servizi domiciliari per anziani
e pazienti cronici'' o andando a sostituire coloro che nel frattempo vanno in pensione.
La prospettiva più plausibile è uno spostamento di parte della forza lavoro del settore
sanitario nelle strutture private o in quelle "no-profit'' alle quali si vorrebbe
affidare proprio la fantomatica "assistenza domiciliare''. A questo proposito è
interessante rilevare una dichiarazione del ministro Sirchia che ci illumina sul modello
assicurativo di stampo americano che intende instaurare, in sintonia con la Confindustria
e Formigoni, nel nostro Paese: "mi piace pensare ad un sistema assicurativo nel quale
durante la vita lavorativa lavoratore e datore di lavoro costruiscono insieme un fondo che
copre i rischi della non autosufficienza''.
Addirittura il sistema sanitario regionale privato e assicurativo portato avanti da
Formigoni in Lombardia viene definito "modello'' per le altre regioni e lo stesso
ministro Sirchia sta studiando provvedimenti per allargare al resto del Paese le
cosiddette "sperimentazioni gestionali'' lombarde che spalancano le porte degli
ospedali e delle aziende ospedaliere al capitale privato (trasformandoli in fondazioni).
In ogni caso con questi provvedimenti ferocemente antipopolari si otterranno da un lato
una vera e propria sforbiciata alle strutture sanitarie "pubbliche'' e il dilagare di
quelle private dall'altro, se non il licenziamento, quanto meno il blocco definitivo delle
assunzioni nel settore con buona pace dei circa centomila precari e disoccupati in attesa
di una occupazione stabile.
TAGLI ALLA SPESA FARMACEUTICA E NUOVI BALZELLI
La spesa farmaceutica è fissata al max 13% del totale del fondo sanitario nazionale sia a
livello nazionale che regionale. Essa quindi dovrebbe passare dagli attuali 24.000
miliardi a circa 19.000 miliardi.
Al di là delle considerazioni riguardanti le incredibili e a volte criminali speculazioni
che le case farmaceutiche hanno sempre fatto, in combutta con la Cuf (Commissione unica
per i farmaci) e i governi, per quanto riguarda il prezzo e la distribuzione dei farmaci,
va rilevato che gli almeno 5.000 miliardi di deficit prevedibili nel settore farmaceutico
ricadranno sulle regioni e infine come al solito sulle masse popolari.
è stata varata inoltre una manovra dai contorni ingannatori per quanto riguarda i
cosiddetti "farmaci generici'' che dal 1| novembre 2001 saranno gli unici ad essere
rimborsati (vedi articolo de Il Bolscevico n° 38/2000). A questo proposito il governo ha
opportunisticamente lasciato in commercio entrambi i tipi di farmaci (generici e non).
Ora, dato che la prescrizione dipende principalmente dai medici di base, che come è noto
sono soggetti a grossissime pressioni culturali ed economiche da parte delle aziende
farmaceutiche, è molto probabile che i pazienti andranno a richiedere con la ricetta in
farmacia dei farmaci non più rimborsabili dal Ssn e quindi saranno costretti a pagarne la
differenza di prezzo con l'equivalente generico di tasca propria; il che potrebbe
prefigurare un aggravio di spesa per le masse popolari ben maggiore di quello
rappresentato dai vecchi ticket sui farmaci. Anche per quanto riguarda i farmaci si
prevede una disgregazione e differenziazione regionale del mercato dei farmaci e della
loro rimborsabilità a tutto vantaggio delle selvagge logiche di profitto portate avanti
dalle case farmaceutiche.
Inoltre è in arrivo un taglio anche sulle multiprescrizioni: si potranno infatti
prescrivere al massimo 3 pezzi per ricetta per un max di 60 gg, per gli antibiotici
monodose e i farmaci in fleboclisi si potranno pescrivere soltanto 6 pezzi per ricetta
mentre per gli analgesici oppioidi è previsto un solo pezzo per ricetta per max 60 gg.
A proposito di oppioidi (morfina, metadone, ecc.) ne viene generalizzato l'uso ospedaliero
a scopo palliativo secondo il principio dell'accanimento terapeutico sui pazienti
terminali tanto caro ai baroni Veronesi e Sirchia che definiscono l'"ospedale senza
dolore, il migliore antidoto all'eutanasia''. Tra l'altro è molto significativo il
contenuto razzista e antiscientifico del provvedimento che chiarisce che
"beneficeranno della nuova legge tutti quei pazienti che sono affetti da dolore
`severo' con patologia neoplastica o degenerativa e con l'esclusione del trattamento
domiciliare dei tossicodipendenti''. Di questi ultimi a chi lavora nel settore è noto il
calvario, le resistenze, gli impedimenti che i tossicodipendenti da eroina devono superare
nei Sert e nelle comunità per ottenere il trattamento, domiciliare e non, con il metadone
che è stato considerato dall'Organizzazione mondiale della sanità un cardine della
terapia della tossicodipendenza.
Il governo guerrafondaio del neoduce Berlusconi, insomma, mette a segno un altro nero
tassello per il completamento della seconda repubblica capitalista, neofascista,
presidenzialista e federalista che tuttavia ha potuto realizzare ritoccando appena, in un
decreto legge, le controriforme sanitarie del '92 e del '99. Tutto ciò rende ridicole e
inefficaci le "critiche'' e gli "strilli'' dell'imbelle e connivente
"centro-sinistra'' e della stessa democristiana Bindi. è grazie anche a questi
rinnegati, traditori e rimbambiti che ieri hanno cominciato a spianare l'autostrada, se
oggi siamo arrivati nel tunnel di un provvedimento ultrareazionario, ultraliberista e
antipopolare che fa tabula rasa di quel che resta del sistema sanitario nazionale
pubblico. Per questo motivo va combattuto ed affossato insieme a tutta la legislazione
controriformatrice dell'ultimo decennio, rivendicando il diritto alla salute gratuito e
uguale per tutti.
17 ottobre 2001
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