Su pressione del Vaticano
Il governo ritira l'emendamento alla Finanziaria che concedeva i benefici della successione anche alle coppie di fatto
Per salvare la faccia promette una legge che "garantisca uguali diritti a tutti i conviventi". Ferrero: "Il matrimonio non è in discussione"
Fassino: "non equipareremo mai la convivenza col matrimonio"
Ancora un'eloquente dimostrazione di quanto il governo di "centro-sinistra" Prodi sia prono agli arroganti diktat del Vaticano! Il 7 dicembre, in Senato, cedendo alle pretese dei parlamentari ultracattolici della Margherita (i cosiddetti teo-dem, corrispettivo ulivista dei teo-con della Casa del fascio), il governo ha ritirato un proprio emendamento alla Finanziaria che estendeva anche ai conviventi di fatto i benefici fiscali sulle successioni concessi alle famiglie legali. Il colpo che ha affondato anche questa minima apertura al riconoscimento di uguali diritti anche alle coppie di fatto è stato sferrato con una lettera al premier e ai vicepresidenti D'Alema e Rutelli firmata dai teo-dem Binetti, Bobba, Bai Dossi e Lusi e dall'Udeur, dichiarando che non avrebbero mai votato una Finanziaria contenente quell'emendamento. Un ricatto in piena regola, suggerito in tutta evidenza Oltretevere, che sfruttava l'esiguità della maggioranza governativa al Senato e l'importanza che Prodi attribuiva all'approvazione della legge per la stessa sopravvivenza del suo esecutivo.
Immediatamente iniziava perciò una trattativa, con la mediazione della capogruppo dell'Ulivo, la diessina Finocchiaro, che ha portato a questa vergognosa "soluzione": Il governo ritirava l'emendamento sottomettendosi al ricatto clericale, e approvando per salvarsi la faccia un ordine del giorno in cui si impegna a presentare entro il 31 gennaio un disegno di legge che - recita il testo - "risulti coerente con le decisioni adottate dalla Consulta in materia di non discriminazione, con gli articoli 2 e 3 della Costituzione e con la Carta dei diritti fondamentali della Ue", e che riconosca "diritti, prerogative e facoltà anche in materia fiscale alle persone che fanno parte di unioni di fatto a prescindere dal genere dei conviventi e dal loro orientamento sessuale".
In altre parole è stata cancellata una sia pur minima misura concreta e immediata di giustizia sociale, in cambio dell'"impegno" a presentare un progetto più generale, ma tutto da definire. E che per di più era un atto già ampiamente dovuto, sia perché scritto nel programma dell'Unione, sia perché la scandalosa sperequazione tra le unioni di fatto e quelle legali in Italia non ha equivalenti in nessun altro paese della Ue ed è già incorsa nella censura della Corte costituzionale.
Con questo misero espediente opportunista Prodi ha potuto evitare per ora la spaccatura nella sua compagine, contentando i clericali e offrendo una foglia di fico ai "laici". Difatti, come da copione, costoro si sono subito affrettati a presentare questa vergognosa capitolazione all'arroganza clericale come una "vittoria", perché invece di un singolo provvedimento (concreto) avrebbero ottenuto una regolamentazione (virtuale) dell'intera materia delle unioni di fatto: "Coppie di fatto, arriva la legge. Diritti uguali per tutti i conviventi", titolava non a caso il quotidiano di Rifondazione trotzkista, "Liberazione", con un'operazione bassamente truffaldina verso i suoi lettori che comprendeva anche l'occultamento nell'occhiello, in corpo molto più piccolo, della notizia sullo stralcio dell'emendamento a favore delle coppie di fatto. Ben diverso dal giudizio delle associazioni e dei movimenti che lottano per il riconoscimento delle unioni di fatto, come quello espresso a nome dell'Arcigay dal suo presidente onorario, il deputato DS Franco Grillini, che ha parlato di "ricatto dell'ala estremista e clericale del centrosinistra", aggiungendo: "L'equiparazione ai fini successori dei coniugi ai conviventi era una misura di umanità. Se nemmeno di fronte al dolore, nemmeno di fronte alla morte e nemmeno di fronte alla sofferenza della perdita di una persona cara i 'teo-dem' arretrano da brutali e crudeli posizioni di principio, quale può essere il destino di una legge sulle unioni civili che viene svuotata di contenuto prima ancora di essere elaborata?"
In questa domanda è già contenuta la risposta. Difatti, non appena incassata la cancellazione dell'emendamento, il Vaticano ha subito sparato ad alzo zero anche sulla risibile ipotesi del disegno di legge sull'estensione dei diritti alle unioni di fatto da presentare a fine gennaio. Lo hanno fatto per primi due autorevoli cardinali teologi dell'entourage del papa, Poupard e Cottier, seguiti a ruota dall'''Osservatore romano", che ha tuonato contro lo "sradicamento della famiglia come priorità della politica italiana". In parallelo il Vaticano ha scatenato un'offensiva diplomatica chiedendo al governo di condannare l'episodio dei volantini lanciati dalla sede de "il manifesto" sul corteo papale l'8 dicembre scorso. Sulla loro scia sono tornati di nuovo alla carica i "teo-dem" della maggioranza, spalleggiati da mastelliani e dipietristi, mentre Rutelli ha cominciato a barare annunciando che invece di un ddl il governo potrebbe limitarsi a presentare una "direttiva" alle Camere sulle linee generali da seguire sulla materia.
Quanto a Prodi, l'economista democristiano da una parte moltiplica le espressioni di "comprensione" e di ossequio verso le arroganti rimostranze vaticane, temendo che Oltretevere si finisca per fare asse con chi vuole assestargli la "spallata", e dall'altra cerca di sedare le contraddizioni nella sua compagine con atteggiamento gesuitico, facendo capire ai suoi ministri che un accordo al ribasso si può trovare "attenendoci al programma". Programma che per l'appunto non prevede i Pacs, la cui esclusione fu accettata supinamente da Bertinotti, Pecoraro Scanio e Diliberto, né tantomeno l'equiparazione delle convivenze alle famiglie legali, ma solo il riconoscimento di "alcuni diritti individuali" alle "persone che fanno parte di unioni di fatto". Fatta la legge trovato l'inganno, insomma.
Messaggio ricevuto e immediatamente rilanciato dalla "sinistra" dell'Unione, con il rinnegato Fassino che dalle colonne de "l'Unità" dell'11 dicembre si è affrettato a rassicurare Ratzinger (da parte del quale ha detto di non vedere "nessuna ingerenza") che "è infondato" il suo timore che il governo voglia "sradicare la famiglia" come tuona l'"Osservatore romano": nessuna "equiparazione in toto" alla famiglia basata sul matrimonio, promette Fassino, bensì il riconoscimento di "alcuni diritti" tra due conviventi. Dello stesso tenore ipocrita e servile verso il diktat della chiesa l'intervento del ministro della Solidarietà sociale Ferrero (PRC), che in risposta all'attacco del quotidiano papalino ha dichiarato che le sue parole "confondono, o sembrano voler confondere, l'equiparazione dei diritti delle persone, cosa ben diversa - ha voluto sottolineare - dal matrimonio".

20 dicembre 2006