Organizzate contromanifestazioni. Attaccato Fanciullacci per diffamare la gloriosa Resistenza
IL GOVERNO NEOFASCISTA VUOL CANCELLARE IL 25 APRILE
Si è tentato di trasformare la festa della Liberazione dal nazifascismo in una "giornata nazionale di pacificazione"
BERLUSCONI NON PARTECIPA ALLA MANIFESTAZIONE UFFICIALE
Inebriati dalla "facile vittoria" degli aggressori anglo-americani in Iraq, i neofascisti nostrani hanno tentato di approfittare del vento bellicista e imperialista per riscrivere in chiave "irachena" anche i nostri libri di storia istituendo osceni paralleli con la cosiddetta "liberazione" dell'Iraq, cancellando la Resistenza e la festa della Liberazione, o quantomeno trasformando il 25 Aprile in una "giornata di pacificazione nazionale". Mai come quest'anno, infatti, si erano visti tanti e furiosi attacchi alla Resistenza, ai partigiani e alla Liberazione, secondo un piano ben concertato che parte dal neoduce Berlusconi e dai suoi tirapiedi, e arriva fino alle amministrazioni locali guidate dalla Casa del fascio e agli squadristi fascisti di Forza nuova. Per non parlare delle massime istituzioni dello Stato, da Ciampi ai presidenti di Camera e Senato, che hanno fatto anch'essi la loro parte per screditare la Liberazione e stravolgerne il significato.
Il via agli infami attacchi al 25 Aprile è stato dato dallo stesso Berlusconi, che dalla sua villa principesca in Sardegna ha fatto sapere, adducendo la necessità di prendersi una vacanza per curarsi una "tendinite", che non avrebbe partecipato a nessuna cerimonia di celebrazione della festa della Liberazione, neanche a quella voluta quest'anno per la prima volta da Ciampi al Quirinale. Non contento di aver già espresso eloquentemente in questo modo il suo totale disprezzo e avversione per questa ricorrenza, ha pure voluto attaccarla come un "argomento" che la sinistra "tira fuori perché ha tante cose da farsi perdonare", in quanto "ha sempre difeso e tuttora difende le dittature e i dittatori". Quanto alla Liberazione, per il neoduce, che già pochi giorni prima aveva liquidato come "sovietica" la Costituzione, essa si deve esclusivamente agli americani, che "ci hanno liberato dal nazifascismo e difeso dal comunismo. Speriamo che anche in Iraq si passi alla democrazia". Amen.
E a chi gli suggeriva polemicamente di passare il 25 Aprile in visita a Marzabotto, ha fatto rispondere al suo cane da guardia Bondi, che alloggia nella Villa di Arcore (un rinnegato del PCI-PDS, ex sindaco di Fivizzano), che si è avventurato in uno dei più infami e velenosi attacchi ai partigiani che mai si siano sentiti, a parte i fascisti dichiarati: "Neanche a Marzabotto i comunisti hanno le carte in regola", ha detto infatti l'ex "migliorista" pidiessino, oggi portavoce di Forza Italia, in quanto a suo dire le 1.830 vittime della furia nazista sarebbero da addebitare ai partigiani, che hanno "radicalizzato lo scontro con i nazisti in ritirata", facendo pagare alle popolazioni locali "un prezzo troppo alto". Non a caso il sindaco di Marzabotto ha bollato con indignazione come "argomentazione di estrema gravità, a suo tempo usata solo dall'estrema destra", questa vigliacca tesi dello stolido tirapiedi berlusconiano.

CRIMINALIZZAZIONE DELLA RESISTENZA
Ma gli attacchi alla Resistenza, con la criminalizzazione dei partigiani comunisti, non si sono fermati qui. A Bologna il deputato di Forza Italia Fabio Garagnani - già tristemente noto per aver istituito un "telefono verde" per denunciare gli insegnanti comunisti e per una proposta di legge di epurazione dalle scuole dei testi di storia di "ispirazione marxista" - ha chiesto di dedicare il 25 Aprile anche al ricordo delle "vittime del terrore di sinistra nel periodo 1945-1948". Tesi ripresa dall'UDC Giovanardi, che ancora non si è levato di testa l'elmetto da marine, e che si è scagliato contro quei partigiani "che tentarono, a guerra finita, di imporre un regime stalinista non esitando a uccidere chi la pensava in modo diverso". E dal suo compare democristiano Casini, pure lui pronto a cogliere l'occasione del 25 Aprile per ricordare "quei morti che nel triangolo rosso dell'Emilia Romagna si batterono per la libertà contro il totalitarismo".
Nella stessa direzione si sono mosse tutte quelle forze fasciste e neofasciste, con a capo FI e AN, che a Firenze si sono scagliate contro la decisione del Comune, definita "inopportuna" e tale da fomentare "l'odio anziché la pacificazione", di dedicare una strada all'eroico partigiano Bruno Fanciullacci, vittima dei torturatori fascisti a "Villa Triste", e che guidò il gruppo di gappisti che giustiziarono Giovanni Gentile.

DA DESTRA UN UNICO CORO: "ABOLIRE IL 25 APRILE"
C'è poi tutta la schiera di quelli che hanno chiesto in vari modi l'abolizione pura e semplice della festa della Liberazione, come il fascista Romano La Russa, presidente di AN al Consiglio regionale lombardo, per il quale il 25 Aprile "non deve essere più occasione di propaganda ideologica che per volere dei comunisti, ma non solo, ancora oggi produce odio. Anzi, non deve essere proprio più festa". Come il presidente dei senatori della Lega, Francesco Moro, che ha sentenziato: "Di feste ne abbiamo già abbastanza. Quella del 25 Aprile crea ancora troppe divisioni e polemiche: per questo francamente l'abolirei". E come i suoi compari leghisti Calderoli, che vuol trasformare il 25 Aprile in una giornata "contro tutti i regimi ancora presenti nel mondo", e Borghezio, che vorrebbe abolire i sovvenzionamenti pubblici all'Anpi.
Rientra in questo quadro abolizionista anche ciò che è successo a Trieste, con il sindaco forzista Di Piazza, spalleggiato dal vicesindaco fascista Menia, federale di Fini, che ha ingaggiato un duro braccio di ferro col Comitato provinciale per la difesa della Resistenza (che Menia ha chiesto più volte di sciogliere) sulla celebrazione del 25 Aprile all'ex campo di sterminio nazista della risiera di San Sabba, che Di Piazza voleva a tutti i costi far precedere da una cerimonia alla foiba di Basovizza, minacciando perfino di disertare la commemorazione e andarsene in vacanza. Alla fine ha dovuto cedere al Comitato, ma non senza rendersi protagonista di un altro e più grave insulto alla Resistenza, quando durante la cerimonia alla risiera ha avuto un "lapsus" gridando "onore ai martiri delle foibe" anziché "onore ai martiri di San Sabba", sollevando le proteste indignate del pubblico.
Alla foiba di Basovizza c'è stata comunque la più disgustosa delle contromanifestazioni inscenate dai fascisti e dai neofascisti nello stesso 25 Aprile in contrapposizione alla Resistenza: circa 600 squadristi di Forza nuova e del "Fronte veneto skinheads", provenienti da tutto il Veneto e dal Friuli con diversi pullman, si sono dati appuntamento qui in un'orgia di simboli nazifascisti e saluti romani. C'è da chiedersi come mai Ciampi abbia stigmatizzato i fischi a Pezzotta come "un riprovevole episodio, contrario ai principi di libertà e dialogo propri della ricorrenza del 25 aprile", e non si sia nemmeno accorto di questa squallida e provocatoria adunata nazifascista.
Come non si è accorto, il capo dello Stato, delle altre contromanifestazioni di Forza nuova che si sono tenute in varie altre città, come Palermo, Cagliari, Monza e Lucca, e della spedizione a Predappio organizzata da un circolo di AN di Civitanova Marche. Altre contromanifestazioni sono state organizzate da esponenti della Casa del fascio e del Partito radicale con visite e deposizione di fiori a cimiteri di guerra americani, in evidente chiave antipartigiana e filoimperialista.

"PACIFICAZIONE" NAZIONALISTA
Ci sono infine quelli che vorrebbero trasformare la festa della Liberazione in una giornata di "riconciliazione" e "pacificazione" nazionale, mettendo sullo stesso piano fascisti e antifascisti, partigiani e repubblichini, vittime e carnefici. Ha cominciato l'ex "ragazzo di Salò" Mirko Tremaglia (definizione di Violante, ndr), che ha chiesto che "il 25 aprile non sia più festa della liberazione, ma festa della pacificazione e dell'unità nazionale". Seguito dal suo camerata di AN, Landolfi, per il quale "il 25 aprile dovrebbe diventare la festa della pacificazione dove commemorare tutti i caduti e tutti i martiri". Per finire col loro caporione, Fini, che vorrebbe trasformare questa ricorrenza in un'occasione per "celebrare tutti nel rispetto della verità".
Su tutti coloro che coltivano questo disegno di "pacificazione nazionale" primeggia Ciampi, la cui stessa decisione di celebrare il 25 Aprile al Quirinale, contrariamente alle apparenze non significa esaltare la Resistenza, nel suo più genuino significato antifascista e partigiano, di rottura con il passato monarco-fascista e portatrice delle istanze popolari, bensì risponde appunto all'esigenza di riassorbirla nel processo storico di "unità della patria", dal Risorgimento alla seconda Repubblica neofascista. La celebrazione al Quirinale, ancorché snobbata e disertata dai massimi esponenti della Casa del fascio - Berlusconi, Fini, Pera, Bossi, ecc. - mira cioè alla "riconciliazione nazionale", nel nome della "comune patria" - l'Italia capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e imperialista - come dimostra la raccomandazione di Ciampi ai partiti del regime a smorzare le polemiche e le contrapposizioni, perché "la Liberazione deve essere una data che unisce, non che divide".