Su un terreno democratico borghese e costituzionale
GRANDE MANIFESTAZIONE A ROMA CONTRO IL GOVERNO BERLUSCONI
Discorso legalitario del trotzkista Moretti al servizio dell'Ulivo. Sulla stessa linea gli altri trotzkisti, il marchese D'Arcais e il leader del PRC Bertinotti: "Questa manifestazione concorre alla crescita democratica del Paese''
SIMPATIZZANTI DEL PMLI DIFFONDONO LA DENUNCIA DE "IL BOLSCEVICO'' DEL GOLPE GIUDIZIARIO
La manifestazione di protesta in difesa della giustizia e contro il governo Berlusconi che si è svolta sabato 14 settembre in piazza San Giovanni a Roma è stata un successo superiore alle aspettative degli stessi organizzatori. Erano attese 200 mila persone, ma ne sono arrivate molte di più, almeno 800 mila, forse addirittura un milione e anche più, riempiendo per intero la vasta piazza e un buon tratto di tutte le strade adiacenti.
Erano confluite a Roma da ogni regione d'Italia con ogni mezzo di trasporto pubblico e privato, più centinaia di pullman appositamente noleggiati e diversi treni speciali. La manifestazione era stata indetta dai vari movimenti dei "girotondi'', sorti in tutta Italia per iniziativa di professori, intellettuali e cittadini appartenenti ai cosiddetti "ceti medi riflessivi'', contro gli attacchi e le minacce del governo all'indipendenza della magistratura, alla libertà di informazione e alle libertà democratico borghesi in generale. In particolare il tema centrale della manifestazione era rivolto contro la legge Cirami cosiddetta "sposta-processi'' che il governo intende far approvare a tappe forzate in parlamento.
Erano presenti tutte le forze dell'"opposizione'' parlamentare con i loro leader, da Di Pietro a Rutelli, da Fassino a Rosy Bindi, da Cofferati a Bertinotti, che anche se non invitati a parlare hanno fatto sentire la loro presenza pavoneggiandosi sotto il palco e rilasciando interviste alla diretta tv trasmessa da La7. Particolarmente nutrita la presenza dei DS, le cui sezioni si sono mobilitate per assicurare una massiccia presenza e recuperare il terreno perduto dopo le contestazioni ai loro dirigenti nelle piazze.
IL POMPIERAGGIO DEGLI ORGANIZZATORI
Questa grande manifestazione avrebbe potuto andare ben oltre il carattere e gli obiettivi iniziali. Non solo grazie alle importanti dimensioni che ha assunto, e non solo per la composizione dei manifestanti, che ha visto oltre ai "girotondini'' una grande partecipazione popolare fatta di lavoratori, delegazioni di fabbriche, tantissime ragazze e ragazzi, pensionati, immigrati, intere famiglie, perfino diversi elettori del "centro-destra'' delusi dalla politica del governo, ma anche per la forte carica spontanea di protesta che la animava contro il governo Berlusconi e la sua politica neofascista, antipopolare e guerrafondaia in generale, espressa negli striscioni, negli slogan, nei cori di protesta, compreso il finale con "Bella ciao'' cantata da tutta la piazza all'unisono.
Ma i suoi organizzatori, in particolare i trotzkisti Nanni Moretti e Paolo Flores D'Arcais, e i vari leader dell'Ulivo, hanno cercato in tutti i modi di mantenerla rigidamente sul terreno democratico borghese e costituzionale, e di evitare accuratamente che sconfinasse sui temi della natura neofascista del governo, della guerra e dell'incombente aggressione imperialista all'Irak, dello scontro sull'articolo 18 e sulle numerose questioni sociali che sono sul tappeto.
Già alla vigilia della manifestazione Moretti aveva sottolineato il carattere scrupolosamente democratico borghese e legalitario e di supporto elettorale ai partiti dell'Ulivo dell'iniziativa romana: "Noi, noi non ci vogliamo mettere in contrapposizione con i partiti, siamo la loro rampa di lancio, vogliamo aiutarli a combattere. Vogliamo infondere loro la forza, nuove energie'', aveva dichiarato tra l'altro in un'intervista al quotidiano ulivista la Repubblica del 10 settembre.
Nell'intervista a La7, prima di salire sul palco, ha precisato ancor meglio lo spirito di servizio verso i partiti dell'Ulivo della manifestazione romana, denominata non a caso con tipica terminologia trotzkista "Festa di protesta'' per smorzarne appunto la carica di lotta. Infatti se n'è uscito con la seguente frase, rivelatrice tra l'altro del suo passato di trotzkista (Moretti ha fatto parte dal 1969 al 1972 del gruppo trotzkista "Nuclei comunisti rivoluzionari'' che pubblicava la rivista "Soviet'' diretta da Paolo Flores D'Arcais) e del suo presente di liberale e anti marxista-leninista: "Non chiediamo autocritiche maoiste in piazza ai dirigenti dell'Ulivo. Non appartengo a quella tradizione''.
Nel suo discorso al microfono si è poi sgolato per ribadire più e più volte che "noi siamo moderati'', che "ci piace la Costituzione'', che "noi vogliamo essere la forza della tranquillità, noi vogliamo difendere le istituzioni democratiche'', e via di questo passo. Ai leader dell'Ulivo ha rimproverato solo di fare i "capricci'' e di "litigare sul nulla'', e ha rivolto loro una sola, piagnucolosa preghiera, che poi è l'unica cosa che gli stia veramente a cuore: "vincere le prossime elezioni''.
Il giorno dopo Moretti si è calato ancora di più le brache, dichiarando che "ieri i politici di professione si sono avvicinati alle persone e le persone si sono avvicinate ai politici di professione'', e ha fatto marcia indietro persino sulle sue blande accuse di "estraneità alla democrazia'' rivolte a Berlusconi e alla sua banda neofascista, proclamando che "chi dice che noi delegittimiamo il risultato delle elezioni, mente sapendo di mentire. Né una virgola né un punto esclamativo del mio discorso mettono in discussione la loro legittimità politica''.
MANOVRA DI RECUPERO DEL "CENTRO-SINISTRA''
Anche gli altri trotzkisti, il già menzionato direttore di "Soviet'', poi ex craxiano, ex membro de "L'Italia dei valori'' di Di Pietro e attuale direttore di "Micromega'', e cioè il marchese Paolo Flores D'Arcais, secondo il quale in Italia non c'è il regime ma "un'irrefrenabile pulsione totalitaria, pericolo attuale per la democrazia'', e il leader neorevisionista e trotzkista del PRC, Bertinotti, hanno retto il sacco a Moretti sulla sua stessa linea opportunista e legalitaria. Per Bertinotti "Questa manifestazione concorre alla crescita democratica del Paese'', come ha dichiarato al microfono di La7. Non per nulla i leader dell'Ulivo, da D'Alema, a Rutelli e Fassino, che prima della manifestazione nutrivano ancora qualche timore di essere se non contestati come accadde a piazza Navona, almeno pubblicamente criticati, hanno subito approfittato dell'aiuto morettiano per mettere il loro cappello sulla manifestazione e ricondurla nell'alveo della strategia elettorale liberale e riformista dell'Ulivo. Il rinnegato Massimo D'Alema, che si era tenuto volutamente alla larga da Roma, con la scusa delle feste de l'Unità, si è subito affrettato a dichiarare che ora quel che serve è "una politica riformista che passa attraverso il rilancio dell'Ulivo e che serve a battere Berlusconi più che a gridare contro Berlusconi'', invitando così sprezzantemente i "girotondini'' a smobilitare e a lasciar lavorare gli "addetti ai lavori'' come lui.
Fassino, da parte sua, in un'intervista a l'Unità del 16 settembre, dopo aver ascritto ai "tantissimi dirigenti, militanti e elettori dei DS venuti da tutta Italia'' il merito del successo della manifestazione, si è rallegrato per il fatto che "quella piazza non ha delegittimato nessuno, semmai ha rafforzato il nostro grado di legittimazione dandoci più forza e più fiducia''. Dopodiché ha riconfermato in pieno proprio quella politica di inseguimento dell'elettorato di destra che ha portato i DS e tutto l'Ulivo alla batosta elettorale e al ribellismo dei "girotondi'': "Per vincere - ha detto infatti il segretario della Quercia - serve confermare la fiducia di chi si è affidato a noi, ma serve anche conquistare nuovi consensi penetrando nel campo avversario. Per questo è necessaria una cultura e una strategia riformista''.
Ma nonostante questa azione concentrica di pompieraggio dei leader rinnegati, trotzkisti, liberali, riformisti, democristiani e chi più ne ha più ne metta, la manifestazione di Roma ha comunque dimostrato che sta crescendo la mobilitazione delle masse contro il governo del neoduce Berlusconi e che ad esse va sempre più stretta la camicia di forza elettoralista e parlamentarista che vorrebbero imporgli i partiti del "centro-sinistra''.
Ne è un chiaro segnale anche la buona accoglienza ricevuta dai simpatizzanti del PMLI che hanno diffuso un volantino con la nostra posizione sul golpe giudiziario, diverse copie de Il Bolscevico e molti adesivi con l'effige di Berlusconi vestito da Mussolini e la parola d'ordine "Buttiamolo giù!'', diversi di questi anche pagati spontaneamente. Molto osservati e commentati dalla folla anche i corpetti con la stessa immagine degli adesivi e la bandiera dei maestri, sventolata fieramente da una compagna, che però le telecamere di La7 hanno evitato accuratamente di riprendere, mentre per esempio hanno insistito fino alla nausea su quelle di Guevara.
Un altro segnale, di natura completamente opposta, ma che conferma la crescita dell'insofferenza delle masse verso il governo e il neoduce, viene dal berlusconiano Il Giornale della Toscana, che ha attaccato i manifestanti di Roma accusandoli di fomentare odio anti Berlusconi "come il PMLI'', ricordando che è stato querelato da Forza Italia per il manifesto sulla Liberazione di Firenze con la parola d'ordine "Buttiamolo giù!''.
Ai compagni simpatizzanti che hanno diffuso la posizione del Partito alla manifestazione di Roma l'Ufficio politico del PMLI ha inviato un ringraziamento ufficiale, sottolineando il loro coraggio e il valore storico della loro partecipazione. Ringraziamento che è stato calorosamente espresso loro anche dalla presidenza e da tutti i partecipanti alla commemorazione di Mao tenutasi il 15 settembre a Firenze.