Con un documento firmato da Italia, Gran Bretagna, Spagna, Portogallo, Danimarca, Ungheria e Polonia
I GUERRAFONDAI EUROPEI, TRA CUI BERLUSCONI, SI SCHIERANO CON BUSH
"Il Consiglio di sicurezza per essere credibile deve far rispettare le risoluzioni dell'Onu"
Alla presa di posizione del superdirettorio europeo franco-tedesco sancita nel vertice del 22 gennaio 2003 contraria alla guerra contro Saddam, anche se più passa il tempo e sempre meno ferma è la posizione contraria che taglierebbe fuori i due paesi dalla spartizione del bottino imperialista in Iraq, i guerrafondai europei, presidenti e primi ministri di sette paesi tra cui Berlusconi, hanno risposto sottoscrivendo un documento per schierarsi apertamente dalla parte di Bush.
Il documento sottolinea con enfasi l'importanza del legame e dei comuni valori "imperialisti" tra le due sponde dell'Atlantico, sottolinea la "minaccia irachena" alla sicurezza del mondo, appoggia la dichiarazione di guerra all'Iraq rappresentata dalla risoluzione 1441 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e chiude proprio incitando il Consiglio a "mantenere la propria credibilità assicurando il pieno rispetto delle proprie risoluzioni" e affermando che "il Consiglio di sicurezza saprà far fronte alle proprie responsabilità". è evidente l'ipocrisia imperialista che trasuda dal documento, basti pensare al cumulo di risoluzioni Onu non rispettate in 50 anni da Israele in Palestina e sulle quali i sette guerrafondai europei non dicono e non hanno detto nulla. Comunque lo scopo principale del documento è, nell'immediato, quello di esercitare una ulteriore pressione sulla Francia, che ha il diritto di veto, e sulla Germania, che ha il turno di presidenza del Consiglio Onu, a non mettere i bastoni tra le ruote alla macchina da guerra lanciata da Bush. Più a lungo termine serve all'imperialismo americano per colpire lo sviluppo della concorrente superpotenza imperialista europea.
Il documento, reso pubblico il 30 gennaio, era stato elaborato a Madrid sulla base di un canovaccio preparato a Londra e firmato da Blair, Aznar, Berlusconi, dal portoghese Barroso, il danese Rasmussen, il polacco Leszek, l'ungherese Medgyessy; uno schieramento trasversale che va da rappresentanti della destra borghese di Berlusconi e Aznar, a quelli della "sinistra" borghese del laburista Blair, dei neosocialisti (ex revisionisti) Leszek e Medgyessy. Come d'altra parte è trasversale l'altro fronte guidato da Chirac e Schroeder. Il collante, al di là della sigla politica, è il rispetto degli interessi imperialisti delle rispettive borghesie nazionali.
Il governo della Repubblica Ceca, interpellato, ha risposto di no; la firma del presidente Havel compare "a titolo personale". Bush ha ringraziato gli "otto" paesi alleati e non ha sbagliato di molto dato che a tambur battente anche il primo ministro albanese Fatos Nano ha mandato al presidente americano una lettera aperta con la promessa di appoggio "completo e senza condizioni".
I promotori dell'iniziativa avevano contattato anche l'appena rieletto premier olandese che ha preferito declinare "per non accentuare le divisioni in seno all'Europa". Perché proprio di questo si tratta. L'iniziativa dei guerrafondai europei ha l'aspetto di una conta pubblica tra chi sta con decisione a fianco degli Usa e di chi tentenna come Francia, Germania, Grecia, Belgio e Lussemburgo e sembra ispirata dalla Casa Bianca attraverso una capagna giornalistica del Wall Street Journal per infilare un cuneo nella già difficile ricerca di una posizione unitaria dei paesi della superpotenza europea. Tanto che in ambienti diplomatici europei il documento è chiamato la "lettera Rumsfeld", dal nome del segretario alla Difesa americano che per conto di Bush aveva sparato a zero sulla posizione franco-tedesca.
Colti di sorpresa senza essere non solo consultati ma neanche informati il greco Simitis, presidente di turno dell'Unione europea, e il presidente della Commissione Romano Prodi. Entrambi hanno abbozzato dicendo che in fondo il documento non contraddice la posizione comune europea. Ma solo il fatto che l'iniziativa sia nata al di fuori delle istituzioni europee e abbia coinvolto solo i paesi quasi sicuramente aderenti conferma l'obiettivo del documento: mostrare e allargare la spaccatura dei paesi europei. Sette paesi sui venticinque dell'Unione allargata non sono molti ma tanto basta agli Usa per affondare il cuneo nelle ambizioni della superpotenza europea, la "vecchia europa" l'ha chiamata Rumsfeld che ha rincarato la dose ricordando come nella Nato ben 15 paesi su 19 sono con gli Usa.

5 febbraio 2003