Guerra interetnica in Nigeria per il controllo di territorio e di istituzioni

È di almeno 500 persone morte e il ferimento di altre centinaia il bilancio del massacro avvenuto nei pressi di Jos, città nigeriana capoluogo dello stato di Plateau, il 7 marzo scorso; l'ultimo tragico episodio della guerra interetnica in Nigeria.
Il bagno di sangue è avvenuto nei villaggi di Zot e Dogo-Nahawa, abitati prevalentemente dai cristiani di etnia Birom, attaccati da componenti di una milizia di pastori musulmani Hausa Fulani. L'attacco è stato una rappresaglia per le analoghe violenze che poco più di un mese fa erano state compiute da milizie Birom contro il villaggio a maggioranza haussa di Kuru Karama, a poca distanza da Jos. In quel caso le vittime erano state 400.
Lo stato di Plateau si trova al centro del paese, zona cuscinetto tra il nord a maggioranza musulmana e il sud abitato prevalentemente da cristiani. Uno stato in cui spesso esplodono le tensioni tra gruppi etnici che non sono affatto scontri religiosi come è invece stato in larga parte rappresentato il massacro del 7 marzo.
A cronisti ansiosi di soffiare sul fuoco di un massacro di cristiani a opera di musulmani ha risposto padre Gabriel Gowok, segretario dell'arcidiocesi di Jos, affermando che "la causa delle violenze avvenute nei pressi di Jos, come già in passato in altri centri del nord della Nigeria, non è la religione, ma questioni sociali, politiche ed economiche". Supportato da monsignor John Olorunfemi Onaiyekan che ha sottolineato che "quello a cui si assiste è il più classico dei conflitti tra pastori e agricoltori, ma siccome i pastori Fulani sono musulmani e gli agricoltori cristiani, la stampa internazionale tende a dire che sono i cristiani e i musulmani ad uccidersi".
Fra le ragioni degli scontri vi è anche la questione dell'"indigenità", che stabilisce chi in ogni stato sia considerato indigeno e di conseguenza abbia accesso a posti di lavoro nel settore pubblico e al possesso delle terre. Nella regione centrale, a cavallo tra aree a maggioranza musulmana e cristiana, la questione è diventata sempre più esplosiva, con gruppi etnici diversi e antagonisti che rivendicano reciprocamente l'"indigenità".
La natura degli scontri è soprattutto sociale e politica, riguarda il problema della proprietà della terra contesa tra pastori, tradizionalmente nomadi e musulmani, e contadini stanziali, in maggioranza cristiani. Alla quale si somma quella tra "indigeni" e "coloni" ai quali non vengono garantiti tutti i diritti politici e sociali.
Le stesse istituzioni statali nigeriane sono state concepite per tener conto dell'equilibrio fra le componenti etniche del nord e del sud e quindi di conseguenza anche delle diversità religiose. Il presidente Umaru Yar'Adua, musulmano del nord, è affiancato dal vice Goodluck Jonathan, cristiano della regione del Delta del Niger. Secondo una regola non scritta, il potere federale deve ruotare ogni otto anni tra il nord musulmano e il sud cristiano. In vista delle presidenziali del 2011 si è aperta una battaglia fra i sostenitori del presidente uscente, che ha lasciato anzitempo il potere per motivi di salute, che vorrebbero un successore musulmano per i prossimi quattro anni e i sostenitori del vice Goodluck Jonathan che lo ha sostituito ad interim e che vorrebbero fosse riconfermato per il prossimo mandato. In ballo il controllo dello stato, di un paese ricco di petrolio ma del cui sfruttamento beneficiano le multinazionali straniere che sfruttano i pozzi nel delta del Niger, nel sud del paese.

24 marzo 2010