Importante e partecipata assemblea nazionale alla Sapienza di Roma, organizzata dalla Rete 29 aprile
I ricercatori: "uniti possiamo battere il ddl Gelmini"
Riconoscimenti alla combattività del movimento studentesco in lotta contro tagli e privatizzazione, dure critiche all'opportunismo, all'arrendevolezza, ai vili ricatti dei Rettori. Confermato il blocco della didattica, proposta la sospensione dell'avvio dell'anno accademico alla Statale di Milano
Occorre subito uno sciopero generale della scuola e dell'università con una manifestazione nazionale a Roma

Venerdì 17 settembre nell'aula "La Ginestra" della facoltà di Chimica della Sapienza di Roma si è svolta l'assemblea nazionale promossa dalla Rete 29 aprile che in pochi mesi ha riunito ricercatori provenienti da quasi tutti gli atenei italiani. Annunciata come "un momento di confronto aperto a tutte le componenti universitarie per organizzare la lotta al ddl Gelmini", vi hanno preso parte attiva alcune centinaia di ricercatori provenienti da quasi tutti gli atenei pubblici, con una forte presenza dei precari e dei lavoratori dei tanti Enti statali e parastatali di ricerca soppressi e accorpati dal governo in camicia nera. Invitati anche i rettori, hanno però disertato l'incontro.
Tanti gli interventi. Alessandro Ferretti del Dipartimento di Fisica dell'università di Torino ha sottolineato che: "gli unici che possono salvare l'università pubblica siamo noi. Il disegno di legge Gelmini si può battere: l'indisponibilità dei ricercatori a sostenere carichi didattici non obbligatori per legge è stato il primo passo, ora è tempo di innescare le proteste di tutti gli altri protagonisti dell'università". Guido Mula dell'Università di Cagliari ha quindi illustrato la piattaforma rivendicativa della neonata Rete: "No al ddl Gelmini", "istituzione di un ruolo unico della docenza che garantisca indipendenza e autonomia di didattica e ricerca"; "contratto unico pre-ruolo contro il precariato selvaggio e diffuso"; "revoca dei tagli e finanziamenti adeguati per didattica e ricerca"; "fine del precariato in ambito accademico", "governo democratico degli Atenei" e secco "no a Cda e fondazioni private"; "ricerca libera-e-indipendente e pari diritti per tutti", "reclutamento delle nuove leve all'insegna di una tenure track reale"; "un piano straordinario di assunzione stabile per far fronte ai circa 18mila imminenti pensionamenti". Infine: "ultimo ma non ultimo, assicurare un diritto allo studio reale e a carico dello Stato e non degli atenei". Oggetto di dibattito è stata anche la delicata questione delle forme di lotta, tra cui "la sospensione dell'anno accademico in tutta Italia". Una prima richiesta in tal senso - conferma il ricercatore Piero Graglia della facoltà di scienze politiche di Milano - verrà fatta lunedì 20 settembre alla Statale di Milano, davanti al Senato accademico: "un'iniziativa di rottura e dal forte valore simbolico visto che il magnifico dell'ateneo meneghino, Enrico Decleva, è anche il 'rettore dei rettori' alla guida della Crui".

L'alleanza studenti-ricercatori
Sono stati anche resi noti i risultati di un primo censimento effettuato in 46 atenei, per un totale di 328 facoltà: su 17.901 ricercatori, 10.344, pari al 57.78% si sono dichiarati "indisponibili alla didattica non obbligatoria per legge fino a quando non saranno soddisfatte le nostre richieste". Le medie di adesione a questa forma di sciopero sono dell'80% nelle facoltà del Sud e il record è all'università de L'Aquila dove ha aderito il 90% dei 233 ricercatori. Il rifiuto degli incarichi porterà inevitabilmente, quasi ovunque, al blocco della didattica, e, come negli scorsi anni, a forme di didattica alternative ed autogestite.
La precarizzazione a vita e assenza di qualsiasi riconoscimento accademico, giuridico e salariale, per il fondamentale lavoro didattico svolto è infatti uno dei temi ricorrenti negli interventi: "È questo il problema - ha spiegato Bortolini - i corsi sono tenuti gratuitamente e i ricercatori non hanno neanche voce in capitolo nel decidere cosa insegnare. Proprio per questo è montata la protesta contro il decreto Gelmini, perchè non riconosce il nostro impegno didattico di cui ci facciamo carico da anni". E di fronte alle minacce dei senati accademici di alcuni rettori e presidi di facoltà ribadisce con sarcasmo: "se il ricercatore non è tenuto a insegnare non c'è possibilità di sanzione nei suoi confronti". Tra forti applausi l'assemblea romana si è quindi chiusa con la proclamazione della "continuazione dell'indisponibilità a tutte le forme di didattica frontale non obbligatoria richiamando formalmente i nuclei di valutazione a non considerare i ricercatori per la formulazione dell'offerta formativa" ed auspicando che la mobilitazione "assuma un carattere unitario, coinvolgendo docenti, ricercatori strutturati e non, dottorandi, studenti e personale tecnico-amministrativo".
L'alleanza con gli studenti in lotta e le dure critiche alla Crui si riflettono anche nei documenti ufficiali che sono stati redatti: "il movimento spontaneo dell'Onda, nato dall'impegno civile degli studenti che lucidamente vedevano nei tagli imposti dalla legge 133 del 6/8/2008 un micidiale attacco all'Università pubblica, contrastabile solo attraverso una diffusa presa di coscienza da parte della società - si legge in uno di questi - è parso mal tollerato se non considerato ostile dai vertici universitari, e comunque non convintamente appoggiato, se non episodicamente e in poche sedi". In generale i rettori vengono accusati di accettare supinamente: "un'Università per la quale l'unica residua via di salvezza graziosamente concessa sembra essere - talmente poca è la fiducia che si ripone in chi ci lavora - quella di rinchiuderla in una gabbia di marca privatistica e di stampo dirigistico-assolutista che appare una ristrutturazione aziendale, più che una riforma. Un percorso anch'esso temporaneo, per individuare delle bad company e delle good company da cancellare o da collocare sul mercato prima di passare, definitivamente, alle evidentemente indiscutibili (e indiscusse?) virtù delle Università private". Il documento si conclude con un monito, che ha il sapore anche di un ultimo appello: "Siamo certi che non vogliate essere ricordati come coloro che hanno, per l'ultima volta, serrato le porte dell'Alta Formazione pubblica, per consegnarne le chiavi a gruppi di interessi e ad accordi speculatori".

La repressione dei rettori filo-Gelmini
Il riferimento si adatta bene al rettore Ivano Dionigi dell'Ateneo Alma Mater di Bologna che scaduto l'ultimatum: "restituitemi, debitamente compilata e sottoscritta, la dichiarazione allegata alla presente, entro le ore 13:00 di venerdì 17 settembre", ha deciso di sostituire i ricercatori che aderiscono al blocco della didattica con docenti esterni a contratto. Una decisione di stampo padronale, illegale e provocatoria, appoggiata anche dai senati accademici delle facoltà dell'Ateneo Padova e di Verona, e dal rettore Alessandro Mazzucco. Queste tre università guarda caso sono nella lista delle "virtuose" stilate dalla neonata Anvur (l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario) con la quale il ministro della distruzione Gelmini ha promesso ai rispettivi rettori, in cambio dell'appoggio alla controriforma, che la scure del taglio dei finanziamenti (per complessivi 950 milioni di euro!) sarà più dolce (sic!).
A denunciare le neanche tanto velate minacce di licenziamento è anche Domenico Pantaleo, segretario della Flc-Cgil: "La decisione dell'Ateneo di Bologna è molto grave perché intende contrapporsi alla legittima protesta dei ricercatori universitari che, assieme ai precari, ai docenti, agli studenti e al personale tecnico-amministrativo, stanno conducendo contro il disegno di legge Gelmini", che annuncia: "nei primi giorni di ottobre intendiamo lanciare, insieme agli studenti e ai diversi coordinamenti, la settimana di mobilitazione nelle università e il primo ottobre abbiamo proclamato un'ora di sciopero". La Cgil, quindi, finalmente, batte un colpo, ma è un colpo troppo debole rispetto alle richieste degli iscritti e alle necessità della situazione sociale e politica del paese che impongono al maggiore sindacato italiano di scendere in campo con forza per abbattere il governo della macelleria sociale, come minimo con la proclamazione immediata di uno sciopero generale della scuola e dell'università con manifestazione a Roma sotto Palazzo Chigi per fare sentire davvero l'appoggio convinto della Cgil all'autunno caldo che si preannuncia con una ondata di occupazioni ed autogestioni studentesche delle scuole e delle università!

22 settembre 2010