Impressioni sulla manifestazione nazionale del 20 marzo
Alcune considerazioni su guerra e pace in Iraq
Sabato 20 marzo ero anch'io a Roma, con la delegazione del PMLI, orgogliosa di portare la bandiera dei maestri, alla manifestazione per la pace.
Da dopo l'11 settembre, da quando cioè si è profilata da parte dell'amministrazione Bush la strategia della guerra preventiva ed infinita, con la scusa di combattere il terrorismo, e quindi l'attacco e la guerra all'Afghanistan, poi, un anno fa la guerra all'Iraq, che tuttora continua nonostante ne sia stata proclamata la fine, ho partecipato a tutte le manifestazioni che ho potuto ragionevolmente raggiungere, sempre col PMLI naturalmente, sia a Firenze che a Roma. E ciò perché sono contraria nella maniera più assoluta a questa guerra, alla adesione dell'Italia alla stessa e all'invio delle truppe italiane in quel martoriato Paese in una missione che non è di pace ma di guerra.
La guerra ed il bombardamento di questi poveri popoli mi è sembrato un crimine colossale, e altrettanto terribili mi sono sembrate la passività e l'acquiescenza, quando non la complicità, dei governi del resto del mondo. Tuttavia l'afflusso e la partecipazione sterminata di gente presente a questa manifestazione, ben superiore a quanto ci si aspettasse, sta a dimostrare quanto sia grande il desiderio di pace e il rifiuto della guerra del popolo italiano.
Sono stata quindi contenta del successo di questa manifestazione e delle tante altre avvenute in varie città del mondo, poiché ad un anno dell'inizio di questa guerra illegittima, illegale e criminale, questa grande partecipazione dimostra che la gente non ha abbassato la guardia e non si è fatta fiaccare e rimbecillire dalla propaganda nefasta dei media, dove sembrano abbondare solo i giornalisti imbeccati dalla Cia e affini, che continuamente ci ammanniscono la solita tiritera di falsità.
Durante la manifestazione mi si è avvicinato un giovane, che prendendo spunto dalle parole d'ordine sul mio corpetto: "Viva la resistenza del popolo iracheno", con fare provocatorio mi ha detto che ero venuta dalla Toscana per dire sciocchezze, perché inneggiare alla resistenza irachena significa non essere per la pace senza se e senza ma. Io ho replicato subito in modo molto deciso e agguerrito, sostenendo che si è veramente per la pace se si combatte allo stesso tempo contro le ingiustizie, e nel caso dell'Iraq si è commesso addirittura un crimine di proporzioni illimitate. Se non si parte da questo presupposto, non si è per la pace, bensì per la pace americana, il che è tutt'altra cosa!
L'Iraq è ora un Paese straziato, non c'è famiglia che non porti e non porterà nella propria carne e in quella della propria discendenza, a causa degli effetti in futuro della peste da uranio impoverito, i segni drammatici di questa guerra imperialista. Gli scellerati capi Usa (con il nostrano Berlusconi, amicone di Bush) proclamano che non ritireranno le truppe, non lasceranno gli iracheni "soli". Ma se Bush avesse voluto tanto bene al popolo iracheno avrebbe compiuto un tale scempio di questo antico e fiero popolo? In realtà Saddam era solo il pretesto per mettere piede in Iraq. Gli Usa hanno sempre avuto bisogno dei tiranni: o li insediano direttamente con colpi di Stato o, come in questo caso, gli servono da pretesto per "andare a liberare il popolo ed esportare la democrazia", cioè instaurare un governicchio fantoccio fedele ai loro interessi.
Spesso, seguendo giornali o tv, mi capita di ingoiare amaro, capendo quanto essi facciano di tutto per distorcere la realtà e la storia, per confondere e indirizzare le idee della gente nella direzione da loro preconfezionata. Per esempio Angelo Panebianco, editorialista del "Corriere della Sera", sosteneva sere fa in tv che c'è il pericolo per le "democrazie" europee di cadere nello "spirito di Monaco", città in cui nel 1938 si raggiunse un patto tra Mussolini, Hitler, Daladier e Chamberlain; gli ultimi due, preoccupati di evitare la guerra, accettarono le pretese espansionistiche di Hitler verso la Cecoslovacchia, consegnando al Reich l'intero territorio dei Sudeti. Questo patto segnò il culmine della politica franco-inglese di acquiescenza nei confronti dell'espansionismo tedesco. In questo quadro, secondo Panebianco (e secondo molti altri commentatori borghesi), Saddam viene assimilato ad Hitler. Ora, se questa tesi ha una sua plausibilità, lo ha solo se la si capovolge, cioè il vero Hitler è quello che sta alla Casa Bianca (era chiaro che Saddam non era certo in grado di minacciare nessuno, tantomeno l'America) e la debolezza e passività, nonché servilismo e correità, sono state dimostrate dai governi di quasi tutto il mondo verso l'imperialismo americano, e non certo verso i "terroristi", nonostante che i popoli avessero dimostrato, come forse mai nella storia, di essere contrari a questa guerra ben prima del suo inizio!
Saddam era comunque un problema degli iracheni, da cui essi, prima o poi, se lo avessero voluto, si sarebbero liberati, così come gli iraniani fecero con lo Scià, tiranno allora molto ben visto e sostenuto dagli Usa. In ogni caso, ciò che gli americani chiamano "democrazia", concetto sul quale ci sarebbe molto da dire, non si "esporta", soprattutto non con le bombe! Con la scusa del terrorismo, che loro stessi generano, in un modo o nell'altro, stanno massacrando questi popoli che hanno la sola colpa di abitare in zone strategicamente importanti per gli Usa e ricche di petrolio.
La strada è ancora molto lunga, i popoli devono combattere contro l'imperialismo una guerra durissima, ma essi sono dalla parte della ragione e della storia!
Viva la resistenza irachena!
Fuori l'Italia dall'Iraq!
Viva la grande manifestazione di Roma!
Viva il PMLI!
Nadia - Rufina (Firenze)