Maxi-tangente sull'eolico
Indagato Adamo, boss del PD calabrese
L'ex parlamentare nonché ex vicepresidente e assessore della regione Calabria era stato rinviato a giudizio da De Magistris nell'inchiesta è coinvoltA anche l'idv e tirato in ballo l'ex governatore Loiero

La scandalosa gestione degli appalti pubblici assegnati a suon di maxi tangenti e legati al grande business dell'eolico e delle energie alternative non riguarda solo la Sardegna e non coinvolge soltanto il PDL.
In Calabria una analoga inchiesta sugli impianti eolici, avviata circa tre anni fa dall'ex Pubblico ministero (Pm) Luigi De Magistris, rischia di travolgere i massimi vertici del "centro-sinistra" a cominciare da PD e IDV.
Secondo alcune indiscrezioni del Quotidiano della Calabria, in cima alla lista degli indagati figura il boss del PD Nicola Adamo: ex parlamentare dell'Ulivo, già vice presidente e assessore alle Attività produttive e al Turismo nella passata giunta di "centro-sinistra" guidata da Agazio Loiero nonché ex segretario regionale dei DS. Adamo, già rinviato a giudizio dall'allora magistrato Luigi De Magistris nell'ambito dell'inchiesta Why Not, è indagato insieme al suo uomo più fidato, l'imprenditore Giancarlo D'Agni, e deve rispondere di associazione a delinquere, truffa, abuso d'ufficio e corruzione.
L'inchiesta ruota intorno a una maxi tangente da 2 milioni e 400mila euro per la realizzazione del parco eolico di Isola Capo Rizzuto, vicino Crotone.

Una maxi tangente
Secondo le dichiarazioni di un "super" testimone, già ampiamente comprovate dagli inquirenti, la maxi tangente sarebbe stata pagata nel 2006 per "ungere i politici" e ottenere le necessarie autorizzazioni per l'avvio dei lavori.
Tra i politici tirati in ballo figura anche l'ex governatore Loiero, al momento non indgato, ma anche lui già iscritto a suo tempo nel registro degli indagati da De Magistris sempre nell'ambito dell'inchiesta Why Not.
A verbale il testimone ha riferito che: "I primi 200mila (...) sono stati versati subito a tranche (...) mentre per non fare accorgere che era una tangente hanno spalmato a 5mila euro a megawatt sugli impianti che noi avevamo ceduto alla... (omissis)". A tal proposito gli inquirenti hanno verificato e messo nero su bianco agli atti dell'inchiesta che, effettivamente: "È stata riscontrata la traccia seguita dal denaro indicata dallo stesso testimone (...). La tangente di Isola Capo Rizzuto ha dispiegato pienamente il suo obiettivo: quello di ottenere che gli indirizzi per l'inserimento degli impianti eolici sul territorio regionale fossero tali da garantire la costruzione e l'esercizio dei parchi di interesse delle multinazionali amiche o conseguentemente l'ottenimento dell'autorizzazione unica (...)". A svolgere la funzione di "cassaforte" e di "lavatrice" dei soldi arrivati sottobanco ai politici, scrivono gli investigatori, è stata la "Saigese srl", poi rinominata "Sogefil", del collaboratore di fiducia di Adamo, Giancarlo D'Agni.
Insomma, sottolineano ancora gli inquirenti: "Tutto quadra. I soldi entrano in (omissis) si 'lavano' in Saigese prima e Sogefil Riscossioni dopo (...) per uscirne 'puliti', in contanti, in favore dei noti referenti politici indagati in questo procedimento".

Con le mani in pasta
All'attività delinquenziale del boss del PD calabrese gli inquirenti dedicano un intero faldone dell'inchiesta intitolato appunto: "L'intervento di Nicola Adamo e il conseguimento dell'autorizzazione unica per il parco eolico di Isola Capo Rizzuto".
Il fascicolo raccoglie fra l'altro il racconto del superteste secondo cui per centrare l'obiettivo occorreva "modificare il progetto" e "rifare la valutazione d'impatto ambientale". È per questo motivo che "interveniva D'Agni che tramite l'onorevole Nicola Adamo faceva ottenere alla (omissis) direttamente l'autorizzazione unica". Poi c'è la ricostruzione di quella che viene considerata la riunione chiave, tenutasi a Lamezia Terme alla fine del 2005, fra Loiero, Adamo, il dirigente generale Domenico Lemma, l'immancabile D'Agni e Diego Tommasi, all'epoca assessore regionale all'Ambiente, coinvolto in questa inchiesta ma indagato anche a Crotone (insieme all'ex governatore Giuseppe Chiaravalloti e all'ex sottosegretario alle Attività produttive Pino Galati) in un'indagine sui fondi Cipe destinati alla riconversione industriale di una centrale turbogas. In quell'incontro, secondo quanto appurato dagli inquirenti, sono state decise le "linee guida" del piano eolico regionale, con l'eliminazione di alcuni vincoli paesaggistici contenuti invece nella bozza originaria presentata da esperti scelti dalla Regione. La modifica del piano eolico originario, si legge tra le carte dell'inchiesta, serviva a "favorire gli investimenti già in corso di interesse a compiacenti multinazionali del settore energetico". La conferma arriva dal dirigente regionale del dipartimento delle politiche ambientali, Giuseppe Graziano, che, ascoltato dai Pm, a proposito della modifica al piano eolico, afferma: "Quando ho letto la delibera rimasi sorpreso che non erano state vietate, per la predisposizione di parchi eolici, le Zps (zone a protezione speciale, ndr) mentre lo erano nella bozza predisposta dai collaboratori citati".
L'inchiesta sull'eolico calabrese nasce a Catanzaro da una costola dell'indagine Why Not condotta da De Magistris sui finanziamenti pubblici e, dopo un giro di tre anni, fra le procure di Paola e Cosenza torna al punto di partenza nel capoluogo calabro. Si tratta del troncone d'indagine relativo alle posizioni di Renato D'Andria, il faccendiere plurinquisito, ex boss nazionale dello PSDI; di Diego Tommasi, ex assessore regionale all'Ambiente e di Angelo Gangi, avvocato cosentino, che avrebbe fatto da trait d'union fra i due.
Tutti e tre sono stati iscritti nel registro degli indagati, il 9 ottobre del 2007, dall'allora Pm di Catanzaro, De Magistris. Dopo l'intervento dell'allora presidente del Consiglio Prodi e del Guardasigilli Mastella, entrambi indagati da De Magistris, il Pm fu trasferito e l'inchiesta Why Not fu avocata dalla procura generale catanzarese. Mentre il troncone sull'eolico fu stralciato e inviato per competenza alla procura della Repubblica di Paola, che già aveva ipotizzato illeciti dietro la realizzazione delle torri eoliche, mettendo sotto la lente i comportamenti di Nicola Adamo, all'epoca assessore regionale alle Attività produttive, e di altri indiziati, proprio in riferimento alla mega tangente pagata per la realizzazione di un parco eolico a Isola Capo Rizzuto.
Dopo un rimpallo incredibile fra le procure di Paola e Cosenza, lo scorso mese di febbraio i quasi cento faldoni dell'inchiesta sono tornati per competenza a Catanzaro.
Nelle indagini è impegnata anche la procura di Crotone che indaga sul parco eolico di Melissa (Crotone) e ha iscritto nel registro degli indagati il coordinatore del circolo IDV di Cirò Marina, Antonio Domenico Vulcano, accusato di falsità ideologica in atto pubblico e abuso d'ufficio perché, in qualità di responsabile dell'ufficio tecnico del comune di Melissa, ha falsamente attestato e certificato che sull'area interessata dalle torri eoliche non c'erano vincoli ambientali e paesaggistici.

9 giugno 2010