Intervento di Cammilli al congresso provinciale Filctem Cgil di Pisa del 26 febbraio
"Bisogna porsi l'obiettivo di unificare dal basso tutti i lavoratori e i pensionati"
"Occorre lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione a Roma per cacciare Berlusconi"

Questo congresso della Cgil arriva nel pieno della crisi economica più devastante degli ultimi 80 anni, una crisi globale che ha colpito tutti i Paesi. Una crisi che ha dimostrato ancora una volta come l'attuale sistema economico capitalistico non è in grado né di governare il mondo né tantomeno di assicurare pace e benessere a tutta l'umanità come promesso nell'89 dai capi di Stato e dalle borghesie più potenti del mondo, queste promesse si sono sciolte come neve al sole. L'Italia è stata colpita in pieno da questa crisi, in tutti i settori e in tutte le zone, compreso il reparto chimico e della conceria. In provincia di Pisa siamo passati in un anno da 30 a 37 mila disoccupati, la cassa integrazione ordinaria da 350 mila ore a 2 milioni e 900 mila ore, l'industria ha registrato un calo di fatturato di quasi il 23%, l'artigianato del 22,4, le assunzioni nelle aziende manifatturiere sono calate del 51%.
Il governo Berlusconi ha poi aggravato la situazione ignorando l'aumento dei prezzi al consumo e contribuendo a tenere bassi i salari e le pensioni, tagliando soldi alla spesa sanitaria e sociale. Ha ridotto la scuola pubblica e la ricerca in condizioni pietose, ha aumentato l'età pensionabile, ci ha scippato il Tfr, e purtroppo parecchie di queste cose sono avvenute con l'appoggio di Cisl e Uil. Lo dicono tutte le statistiche che gli italiani che vivono di salario e pensione si sono impoveriti. Altro che miracolo italiano. Non è neanche vero che i soldi non ci sono, perché si trovano per finanziare le missioni di guerra all'estero come in Afghanistan, per il ponte sullo Stretto di Messina, per le scuole private.
Ma il governo Berlusconi non è pericoloso solo dal lato economico e sociale, ancor di più lo è dal lato politico. A livello internazionale cerca spazio per l'imperialismo italiano, arrivando perfino ad appoggiare i bombardamenti israeliani sui palestinesi. All'interno, come un nuovo Mussolini ha restaurato il fascismo sotto nuove forme, nuovi metodi, nuovi vessilli; egli assoggetta al governo le istituzioni e cancella le libertà democratiche-borghesi e i diritti sociali, sindacali e civili; la Costituzione del '48 è ormai carta straccia giacché nel nostro Paese è stato instaurato un regime neofascista i cui caratteri sono il presidenzialismo, il federalismo, l'interventismo, il razzismo e la xenofobia.
Secondo me il documento di Epifani è troppo debole nella denuncia del governo Berlusconi. La Cgil non è un partito, anzi dev'essere autonoma dai partiti. Però si è sempre battuta per la democrazia e i diritti e dev'essere in prima fila nel chiamare le masse popolari a scendere in piazza per cacciare Berlusconi. Anche sulla crisi economica servirebbe maggiore fermezza. Alla fine è arrivata la decisione, tardiva di indire uno sciopero per il 12 marzo sui temi della crisi, fisco e immigrazione. Uno sciopero di sole 4 ore con manifestazioni locali, sulla base di una piattaforma vaga, insufficiente e senza un minimo cenno contro Berlusconi. Certo non è facile chiamare alla mobilitazione mentre Cisl e Uil non partecipano, anzi boicottano, ma ciò che occorre è uno sciopero generale di 8 ore con manifestazione a Roma perché il problema occupazionale è diventato drammatico.
Infine voglio dire qualcosa sulle questioni sindacali più interne. I quattro anni intercorsi tra gli ultimi due congressi dimostrano che le questioni poste dalla mozione "La Cgil che vogliamo" sono reali, sono sul tappeto e rappresentano dei nodi da sciogliere. Ne cito brevemente alcune.
La lotta alla precarietà è stata più volte annunciata ma nella pratica è stata piuttosto debole.
L'accordo separato del 22 gennaio 2009 non è stato firmato dalla Cgil ma nella pratica poi vengono firmati accordi unitari alle condizioni di Cisl, Uil e padronato come se nulla fosse. La Cgil deve respingere fermamente le posizioni di Bonanni e Angeletti che vogliono un sindacato concertativo, pieno di enti bilaterali, succube del governo e degli industriali.
L'autonomia e l'indipendenza nelle decisioni e nella creazione dei gruppi dirigenti esistono solo formalmente. Spesso e volentieri invece risponde a logiche spartitorie e non ai "gradi" guadagnati nella lotta sindacale.
La democrazia e la trasparenza. Senz'altro ci vogliono rispetto agli altri sindacati perché non è possibile che questi firmino tutto quello che vogliono senza far votare i lavoratori. Ma anche la democrazia interna alla Cgil è davvero molto scarsa. Il contratto dei chimici è stato firmato e nonostante i tanti giudizi negativi, la consultazione viene fatta solo formalmente.
La trasparenza. Proprio questo congresso sta evidenziando comportamenti poco chiari. Tanto che in una conferenza stampa del 4 febbraio rappresentanti della mozione due hanno denunciato anomalie e scorrettezze nei congressi di base.
Infine, ma non per importanza, il modello di sindacato a cui nemmeno la mozione 2 che io appoggio riesce a dare risposte convincenti. Questo tema oggi assume maggiore rilevanza di fronte agli accordi firmati da Cisl e Uil che modificano regole contrattuali, relazioni sindacali e modello contrattuale in senso filo padronale e neocorporativo.
Io penso che bisogna porsi l'obiettivo di unificare dal basso, nel tempo e al di là delle tre confederazioni sindacali ma anche dei "sindacati di base", tutte le lavoratrici e i lavoratori, le pensionate e i pensionati in un grande sindacato fondato sulla democrazia diretta e con il potere sindacale e contrattuale all'Assemblea generale. Un sindacato autonomo da governo e padroni, che rifiuti le compatibilità economiche, respinga pratiche concertative, abbia come finalità gli interessi di lavoratori e pensionati. Un sindacato dove la centralità delle decisioni, dell'approvazione delle rivendicazioni e degli accordi sia affidata all'assemblea generale dei lavoratori. Che abbia un sistema di rappresentanza sindacale dal basso verso l'alto, secondo il principio che tutti i lavoratori e i pensionati sono elettori ed eleggibili ma anche revocabili in ogni momento venendo a mancare la fiducia di chi rappresentano.

3 marzo 2010