Intervento del PMLI al Forum internazionale "Acqua, neoliberismo e Mediterraneo''
E' l'imperialismo a privatizzare e mercificare l'acqua
Per i siciliani la battaglia per l'acqua passa dal rovesciamento del governo Cuffaro
Care amiche e cari amici,
intervengo a nome del PMLI.
Il 2003 è stato dichiarato dalle Nazioni Unite l'anno internazionale dell'acqua. I dati usciti dalle riunioni di Stoccolma, Porto Alegre, Johannesburg sul tema delle risorse idriche sono preoccupanti. Un miliardo e quattrocento milioni di persone, più o meno un sesto della popolazione mondiale, non hanno accesso ad acqua sicura. Due miliardi e 400 milioni di persone, il 40% della popolazione del pianeta, non dispongono di impianti igienici adeguati. Ogni anno 2 milioni e 200mila persone muoiono a causa di malattie legate alla scarsa igiene dell'acqua, come il colera e altre malattie diarroiche. Seimila i bambini che ogni giorno muoiono per malattie causate da acqua inquinata. A essere maggiormente colpito è il Sud del mondo. In pratica l'80% delle malattie presenti nei paesi del Terzo mondo è causato dall'acqua non potabile e da impianti igienici carenti. Sempre nei paesi più poveri il 50% dell'acqua potabile viene sprecato per dispersioni e carenze degli impianti.
Al ritmo attuale oltre la metà della popolazione mondiale non avrà accesso all'acqua potabile entro i prossimi venti anni. Siamo insomma al disastro idrico, denuncia anche l'Unesco, un disastro che "va a toccare la possibilità stessa della nostra sopravvivenza''.
Tali cifre testimoniano il fallimento e le conseguenze nefaste della globalizzazione capitalista e imperialista, forgiata dalle selvagge politiche neoliberiste di rapina, saccheggio e sfruttamento, proposte e praticate attraverso le istituzioni preposte dall'imperialismo mondiale, quali l'FMI, la Banca mondiale e il WTO, al fine di mettere il loro lucchetto ai mari, fiumi e laghi dell'intero pianeta. è opera di questi vampiri la subordinazione della concessione di prestiti a paesi poveri in cambio della gestione dei servizi idrici a società private estere.
Oggi tali istituzioni sentenziano che in venti anni, 1970-1990, la disponibilità di acqua procapite è diminuita di un terzo, nei prossimi venti anni diminuirà di un altro terzo. Le cause? Siccità, desertificazione, inquinamento, impoverimento delle falde sotterranee, salinizzazione degli estuari. E poi l'instabilità climatica determinata dall'"effetto serra'', che provoca un lento graduale aumento della temperatura media terrestre con alterazioni del ciclo delle acque. Ma di chi è la colpa se non della distruzione ambientale perpetrata dall'imperialismo, della sua sete di profitto capitalista, dei suoi maggiori esecutori su scala mondiale come gli Usa che si rifiutano di siglare accordi come quello di Kyoto sul tetto di gas nell'atmosfera? Del resto, come affermava Bush padre prima di recarsi al vertice di Rio de Janeiro del 1992 sullo "sviluppo sostenibile'', e come ha ripetuto Bush figlio con il ritiro della firma degli Usa dal protocollo di Kyoto, il modo di produzione e di consumo degli Stati Uniti non può essere messo in discussione, ed essendo l'acqua sempre più rara, a loro dire non è possibile che tutti gli abitanti della Terra raggiungano il livello di vita occidentale, pena il "disastro ecologico globale''. Non a caso al 3• Forum mondiale sull'acqua svoltosi a Kyoto dal 17 al 22 marzo scorsi nella dichiarazione finale non è stata inserita la definizione di acqua come diritto fondamentale della persona. Addirittura non è passata neppure la proposta francese di un osservatorio mondiale sui progressi nella "lotta alla sete'', mentre il suo finanziamento è rimasto fermo a 80 miliardi di euro, quando è stato calcolato che ne servirebbero 180. In più, la maggior parte dei finanziamenti stanziati andranno a aziende private, o a progetti che riguardano le città, quando l'84% delle popolazioni che non hanno accesso all'acqua risiede in zone rurali.
E l'Onu che fa? Quelle Nazioni Unite a cui tanti si rivolgono credendola ancora la panacea di tutti i mali. Per poter parlare di condizioni accettabili di vita occorrono non meno di 50 litri d'acqua al giorno per ogni essere umano. Per l'Onu è "un'utopia'', tanto che ha fissato in 40 litri il diritto all'acqua come obiettivo di mobilitazione delle sue "giornate mondiali'' che cadono a marzo di ogni anno. Un modo per avallare la politica e le teorie dell'imperialismo americano.
Nel 2000 la Banca mondiale aveva sentenziato che "le guerre del prossimo secolo non si faranno per motivi politici o per il petrolio, ma per l'acqua''. Del resto la presenza militare Usa in Colombia ha tra le "molte ragioni'' il controllo di un'area dove si trova il 25% delle risorse idriche di superficie del pianeta. E che dire della Turchia che, costruendo dighe nel sud del paese dove nascono il Tigri e l'Eufrate e dove vivono i curdi, usa l'acqua per strozzare questo popolo? Mentre le compagnie idriche israeliane continuano a scavare pozzi nei territori occupati della Palestina e poi rivendono l'acqua ai palestinesi a peso d'oro.
L'acqua è ormai un oggetto di mercato, un bene prezioso e la sua penuria ci dice che ormai il capitalismo, lungi dal mantenere le promesse di abbondanza, produce scarsità e cerca cinicamente di approfittarne facendo delle privatizzazioni la leva del suo dominio.
Il cambiamento di strategia l'imperialismo l'aveva deciso a L'Aja, in Olanda, al 2° Forum mondiale sull'acqua, tenutosi dal 17 al 22 marzo 2000. Voluto dal Consiglio mondiale sull'acqua, un organismo nato nel 1994 su iniziativa della Banca mondiale, a cui partecipano i rappresentanti dei governi e le aziende private, non a caso attualmente il suo vicepresidente è anche vicepresidente della Suez, una delle maggiori multinazionali di acqua minerale del mondo, il Forum affrontò il problema delle risorse idriche, trovando a suo dire una "soluzione globale''. L'acqua cambiava status: da diritto umano svincolato dalle leggi di mercato diventava un "bisogno umano'', che quindi poteva essere regolato dalle leggi della domanda e dell'offerta.
Oggi la liberalizzazione e la privatizzazione su scala planetaria dei servizi idrici avviene attraverso la trasformazione della personalità giuridica dell'ente gestore, da pubblica a Spa privata, operante con le regole e le finalità del mercato capitalista e dove il pubblico, anche se mantenesse la maggioranza del pacchetto azionario, non può che diventare un imprenditore privato, la cui finalità principale è quella degli utili, dei dividendi, della conquista di nuovi mercati, essendo sottoposto alle regole del mercato e della concorrenza delle multinazionali che controllano l'acqua in centinaia di paesi del mondo.
Sull'acqua l'Unione europea sta giocando un ruolo sporco. Nella bozza di Costituzione in discussione alla conferenza intergovernativa di Roma l'acqua non è stata considerata come bene inalienabile e come diritto per tutti, non viene neppure citata.
Questa superpotenza imperialista è per contro all'avanguardia dei processi di privatizzazione dei servizi dell'acqua, il più accanito sostenitore della liberalizzazione dei servizi idrici su scala mondiale. Nel 2002 ha sferrato duri colpi verso i paesi più poveri. Prima con il varo del "Partenariato strategico'' con i paesi africani. Il presidente dell'Ue di turno, allora danese, e della Commissione europea, Romano Prodi, imposero che nella dichiarazione comune fosse sottolineata la dipendenza della realizzazione dell'obiettivo di sconfiggere la sete mondiale dal "nuovo partenariato strategico a lungo termine tra i governi, le parti interessate, la società civile e il settore privato''. Come si potesse esprimere questo partenariato lo ha poi illustrato a febbraio di quest'anno il commissario Ue al commercio Pascal Lamy: acqua in cambio di accesso più facile dei loro prodotti agricoli nella Ue. Lo stesso Lamy nel luglio 2002 aveva intimato a ben 72 paesi di aprire il loro servizio idrico nazionale.
Una linea, quella dell'Unione europea, che si ripropone a suon di privatizzazioni anche al suo interno. In Italia, dove un terzo degli abitanti non gode ancora di un accesso regolare e sufficiente all'acqua potabile, ci ha pensato l'infame articolo 35 della Finanziaria 2002 varata dal governo del neoduce Berlusconi e votato congiuntamente da "centro-destra'' e "centro-sinistra'' che ha fatto obbligo a tutti i comuni di mettere sul mercato i propri acquedotti. Il problema della gestione ultraliberista delle risorse idriche in Italia non può che essere affrontato tenendo conto di tutta la gestione antipopolare delle risorse ambientali e dei beni pubblici degli italiani, condotta dal neofascista Berlusconi e l'attuale fase di privatizzazione e di attacco ai diritti delle masse popolari, dei lavoratori, degli studenti, dei pensionati potrà essere bloccata soltanto buttando giù con la lotta di piazza l'attuale governo.
In Sicilia la privatizzazione dell'acqua è un obbiettivo perseguito congiuntamente dal "centro-destra'' e dal "centro-sinistra''. DS in prima fila si sono schierati per le privatizzazioni, benché alcuni esponenti di tale partito oggi abbiano aderito a questo convegno, accanto a forze politiche e sociali che da anni si battono senza tregua per il diritto all'acqua sul territorio regionale. La questione della gestione delle risorse idriche in Sicilia è un nodo intorno al quale tutto il movimento deve confrontarsi, a partire da una critica reale dell'operato del governo Cuffaro che ha proceduto ad un continuo esproprio del bene pubblico a favore dei privati sia per quanto riguarda le risorse naturali, tra cui l'acqua, sia per quanto riguarda i servizi nevralgici per il benessere delle masse siciliane. Cuffaro sta da due anni ininterrottamente spogliando i siciliani del loro patrimonio pubblico: deve andarsene, anche per la questione morale che pone l'indagine per mafia sul suo conto avviata dalla Procura di Palermo. Il movimento siciliano deve ancora confrontarsi sulla nuova realtà della gestione delle risorse idriche nella regione e deve esprimere una posizione sullo scioglimento dell'Eas, sull'affidamento a gestori privati degli ATO, sulla presenza in Sicilia degli sciacalli della multinazionale Vivendi comproprietaria della Sicilacque, sulla natura privata di quest'ultima. Sono le masse siciliane che devono confrontarsi su queste questioni e mettere in campo tutte le azioni necessarie a garantire una gestione democratica delle risorse idriche e un reale diritto all'acqua. L'esperienza concreta a livello mondiale ha dimostrato che solo la lotta delle masse può arrestare o infliggere duri colpi al processo di privatizzazione dell'acqua.
Sulla questione dell'acqua anche nel nostro Paese si sta sviluppando un'ampia rete che contesta le privatizzazioni e la mercificazione di questo bene vitale. Purtuttavia dobbiamo constatare che anche il Forum alternativo svoltosi a Firenze il 21 e 22 marzo scorsi, in contrapposizione con quello di Kyoto, non ha saputo e voluto andare a fondo sulla questione "dell'acqua bene comune dell'umanità''. Gli organizzatori, dal Comitato italiano per il "Contratto mondiale sull'acqua'', a molte altre associazioni e organizzazioni non governative, ai rappresentanti di numerosi enti locali, tra cui il governatore della Regione Toscana, il DS Claudio Martini, che non si è minimamente vergognato di presentarsi essendo costui un consenziente artefice della privatizzazione delle acque di questa regione, partendo dal cosiddetto "Manifesto mondiale dell'acqua'' hanno sposato la sterile proposta di istituire un "Parlamento mondiale dell'acqua''. Ossia ricondurre il tutto, in sedi legalitarie e istituzionali, a un tavolo di confronto che non esclude nessuno, dai governi alle multinazionali. L'imperialismo, che come abbiamo visto è il primo e diretto responsabile, non viene mai nominato, né nei documenti preparatori, né nelle conclusioni e proposte operative. Parlare di "oligarchia mondiale dell'acqua'', denunciare le multinazionali, senza chiamare in causa il loro mandante, senza tirare le dovute conclusioni non serve a niente, se non a perpetrare l'inaccettabile situazione che ho appena descritto.
Vi ringrazio per l'attenzione.