Con la "benedizione" di Prodi. Spiazzato D'Alema
Intesa e Sanpaolo danno vita alla più grande banca italiana
Nasce un colosso da 65 miliardi, il settimo in Europa
Si rafforza il sistema bancario italiano per competere sui mercati europei e mondiali

Il 24 agosto Banca Intesa e SanPaolo Imi hanno ufficialmente annunciato la loro fusione dando così avvio alla più grossa operazione bancaria "tutta italiana" degli anni recenti, la prima dell'"era Draghi", ovvero del cosiddetto "nuovo corso" intrapreso da Bankitalia dopo gli scandali della tangentopoli bancaria dell'inverno scorso che portò all'arresto dei "furbetti del quartierino" e costrinse l'ex governatore Fazio (plurinquisito) a dimettersi.
L'operazione darà vita al primo istituto di credito italiano, testa a testa con Unicredit, e settimo in Europa, con una capitalizzazione di Borsa intorno ai 65 miliardi di euro, cui fanno capo circa 7.700 sportelli, 115 mila dipendenti e una quota nel mercato in Italia intorno al 20%. La sede legale sarà Torino mentre quella operativa a Milano. L'assetto di governo del nuovo colosso bancario prevede una struttura con due organi: il consiglio di sorveglianza e quello di gestione. A presiedere il primo sarà chiamato Giovanni Bazoli, attuale presidente di Banca Intesa e attore principale di tutta l'operazione, mentre Enrico Salza, ora presidente del SanPaolo Imi, sarà al vertice del secondo. Amministratore delegato unico, sarà Corrado Passera.
Nessun ostacolo all'operazione è giunto dagli azionisti stranieri dei due istituti. I francesi di Credit Agricole, socio di Intesa col 17,8% del capitale e con diritto di veto, hanno, infatti, espresso soddisfazione per l'operazione. Più freddi gli spagnoli del gruppo Santander (azionista con il 7,7% del SanPaolo) il cui portavoce si è limitato a un "non commento. Non è la nostra fusione".
Anche i soci italiani hanno dichiarato il loro apprezzamento: dalle Fondazioni Cariplo, Cariparma, Caribologna e Caripadova, alla Compagnia SanPaolo, Banca Lombarda, famiglia Agnelli e Assicurazioni Generali, tutti azionisti e/o soci di almeno uno dei due gruppi.
Il progetto di fusione, ideato in gran segreto dai vertici dei due istituti e comunicato agli azionisti solo ad accordo raggiunto, ha ricevuto anche la piena approvazione del mercato. All'indomani dell'annuncio infatti, a Piazza Affari le azioni di Intesa hanno registrato un rialzo del 7,3% a 5,01 euro, mentre quelle del SanPaolo sono cresciute del 6,1% a 15,57 euro, superando i massimi dell'anno.
Il progetto di integrazione tra Banca Intesa e SanPaolo, oltre a rispondere all'auspicio lanciato dal governatore della Banca d'Italia, ha ottenuto la benedizione quasi unanime del governo a cominciare dal premier Prodi secondo cui la fusione "può aiutare anche lo sviluppo del nostro Paese con la presenza italiana sui mercati stranieri" perchè "noi non abbiamo mica banche in Cina". Tra l'altro, ha sottolineato Prodi: "Io sono per la concorrenza ma invece di essere sempre predato vorrei, qualche volta, anche essere il predatore".
Pieno appoggio all'operazione è stata espressa anche dal ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa che vede "positivamente la nascita di una grande banca italiana di dimensioni tali da svolgere un ruolo importante sul mercato europeo e internazionale".
Entusiasta il segretario Ds Piero Fassino che ha definito l'operazione "di grande rilievo strategico che, condotta a termine, consentirà al nostro Paese, dopo l'accordo Unicredit-HVB, di avere un altro grande gruppo bancario capace di competere su tutti i mercati".
La grande fusione piace anche all'opposizione: per l'ex ministro dell'Economia, il vicepresidente di Forza Italia Giulio Tremonti: "È la prova che concentrazione e rafforzamento del sistema bancario italiano possono essere operate sul mercato e senza stregonerie". Ed è "una bella notizia" anche per il presidente di Confindustria Montezemolo e il capogruppo di Forza Italia alla Commissione Lavori Pubblici del Senato, Luigi Grillo.
Insomma, sembra che, di fronte a questa fusione targata Prodi-Fassino-Margherita le varie fazioni del capitalismo italiano protagoniste della sotterranea ma incessante guerra per il riassetto del potere economico e finanziario, abbiano seppellito l'ascia di guerra.
In realtà i termini, i tempi e le modalità dell'operazione, decisa in gran segreto e in piena estate con gli azionisti praticamente all'oscuro se non nei casi di indispensabile ricerca del consenso come è avvenuto nei confronti dei soci francesi di Intesa, ha colto di sorpresa quella parte della dirigenza Ds con alla testa D'Alema che invece spingevano per un accordo fra Mps e il SanPaolo.
Con la conquista da parte dei milanesi di Intesa dei concorrenti torinesi del SanPaolo, Prodi celebra il pieno successo di un suo preciso disegno di politica economica, ossia: rafforzare il sistema bancario italiano mettendolo al contempo al riparo dagli appetiti stranieri e piazzare al vertice del nuovo colosso i suoi due più fidati sostenitori Bazoli e Salza. E lo fa a discapito di altre importanti ipotesi di fusione (Capitalia per Intesa e Mps per il San Paolo, con l'Unicredito terzo regale incomodo) che invece sarebbero state molto meno congeniali per Palazzo Chigi.
Se a tutto ciò, si aggiunge anche il fatto che, negli assetti di vertice della nuova banca non troveranno spazio né l'amministratore delegato del SanPaolo, Alfonso Iozzo, né il direttore generale Pietro Modiano (sorpreso addirittura in vacanza a Capri dall'annuncio della convocazione dei cda): entrambi diessini, per passata militanza e interessi anche recenti, allora si capisce bene la furibonda reazione del ministro degli Esteri che, rimasto completamente spiazzato, ora medita di scagliare contro il "capolavoro" di Prodi l'opposizione di una parte dei Ds che fa capo a quei "capitani coraggiosi" che con D'Alema premier si papparono l'Enel e la Telecom.

6 settembre 2006