Lo denuncia il procuratore generale della Corte dei Conti nel Rendiconto 2008
Nell'Italia di Berlusconi dilagano corruzione ed evasione fiscale
Mentre Tremonti pensa all'ennesimo condono fiscale

Nell'Italia di Berlusconi la corruzione e l'evasione fiscale hanno raggiunto livelli senza precedenti e minacciano di pregiudicare gravemente lo sviluppo economico del Paese. A dirlo non sono "i soliti comunisti" e "disfattisti" che il neoduce vede dappertutto, ma un istituto certamente non prevenuto nei confronti suoi e del suo governo come la Corte dei conti, che per bocca del suo Procuratore generale (Pg), Furio Pasqualutti, ha espresso questo allarmato giudizio in base alle cifre del Rendiconto dello Stato, ovvero il bilancio consuntivo dei conti pubblici, del 2008.
Nella sua relazione pubblicata il 25 giugno scorso Pasqualutti ha sottolineato come i cittadini paghino per la corruzione dilagante nel settore pubblico "una vera e propria tassa immorale e occulta" quantificabile in ben 50/60 miliardi di euro all'anno, tale da fargli dichiarare senza mezzi termini che "il fenomeno della corruzione all'interno della Pubblica amministrazione è talmente rilevante e gravido di conseguenze in tempi di crisi come quelli attuali da far più che ragionevolmente temere che il suo impatto sociale possa incidere sullo sviluppo economico del Paese".
Il procuratore generale della massima magistratura contabile dello Stato ha puntato il dito anche sull'evasione fiscale, che secondo i dati forniti dal ministero dell'Economia e dall'Istat (l'istituto pubblico di statistica), ha ormai raggiunto il 18% del Prodotto interno lordo (Pil), ovvero dell'intera ricchezza prodotta dal Paese in un anno. In termini di tasse evase ciò corrisponde ad almeno 7 punti di Pil, pari a ben 100 miliardi l'anno sottratti all'erario e ai cittadini che pagano le tasse. Una cifra astronomica, circa 200 mila miliardi delle vecchie lire, qualcosa come 10 leggi finanziarie tra quelle più feroci degli ultimi decenni. Tra i fattori che ostacolano il recupero dell'evasione fiscale il Pg ha citato la "persistente caratterizzazione di straordinarietà di un obiettivo che dovrebbe essere considerato naturale e ordinario". In altri termini i governi considerano la lotta all'evasione più come una misura eccezionale che come una prassi quotidiana e costante. Un modo "diplomatico" per ammettere che al fondo di questo impressionante fenomeno ci sta la mancanza di volontà politica di aggredirlo e riportarlo quantomeno entro limiti meno patologici.
Secondo altre fonti, come l'associazione Contribuenti.it, i dati sull'evasione fiscale in Italia sarebbero ancor peggiori, e soprattutto in costante aumento. Nei primi cinque mesi del 2009, infatti, l'imponibile evaso è cresciuto di quasi il 10% e ha raggiunto i 341 miliardi di euro l'anno, pari a 132 miliardi di imposta evasa. Questa la stima fatta da KRLS Network per conto di Contribuenti.it, elaborando dati del ministero dell'Economia, dell'Istat, della Corte dei conti e dello Sportello del contribuente. Cinque le aree di evasione analizzate: economia sommersa, economia criminale, società di capitali, big company e quella di autonomi e piccole imprese. L'economia sommersa, basata sul lavoro nero, sottrae al fisco circa 128 miliardi l'anno di imponibile, corrispondente a un'evasione di imposta di 31 miliardi. L'economia criminale ne sottrae circa 125, per un'evasione di imposta di 42 miliardi. A 18 miliardi ammonterebbe l'imposta evasa dalle società di capitali, che per ben l'81% dichiarano redditi irrisori (meno di 10 mila euro l'anno) o addirittura negativi; mentre tra le big company una su tre chiude il bilancio in perdita e non paga le tasse e il 94% abusa del "transfer pricing", trasferendo fittiziamente la tassazione in altri paesi di comodo, per un totale di 31 miliardi di evasione. Infine, negli ultimi cinque mesi, le 100 maggiori società del paese hanno ridotto del 10% le imposte dovute grazie all'uso di conti "offshore" all'estero.
Nel mirino della Corte dei conti sono finite anche le famigerate cartolarizzazioni care a Tremonti (ma anche ai governi di "centro-sinistra"): un mezzo per fare cassa attraverso la svendita del patrimonio pubblico a privati che secondo Pasqualutti è "un ambizioso progetto rimasto incompiuto, che ha conseguito risultati più che modesti", dal momento che a fronte di un portafoglio di 129 miliardi le recenti cartolarizzazioni hanno fruttato ricavi per soli 57,8 miliardi. Tanto da far concludere al Pg che l'alienazione di beni pubblici per alleviare i conti dello Stato, in presenza della crisi economica risulta "di difficile utilizzazione e comunque poco praticabile in tempi brevi".
Dopo un anno di governo Berlusconi, insomma, i risultati non potrebbero essere più orripilanti e disastrosi. Eppure il neoduce Berlusconi continua a spargere il suo sempre più assurdo e irreale ottimismo incitando a "chiudere la bocca ai catastrofisti", mentre il suo ministro Tremonti continua ad architettare interventi destinati ad aggravare ulteriormente la già dilagante corruzione ed evasione fiscale: come ad esempio l'ennesimo condono fiscale che ripete il cosiddetto "scudo fiscale" del precedente governo Berlusconi, in base al quale chi ha esportato capitali all'estero può riportarli in Italia senza pericolo di sanzioni penali e pagando soltanto una modesta imposta forfettaria. Sarebbe questo un esempio di "lotta ai paradisi fiscali" sottoscritta dai governi del G20 di Londra, tra cui quello del neoduce Berlusconi?

29 luglio 2009