Con l'avallo di Ciampi
L'ITALIA DI BERLUSCONI E' IN GUERRA
Bertinotti e i leader dell'Ulivo non smascherano la natura della guerra e i veri motivi della scelta del governo
PER STRAPPARE L'ITALIA ALLA GUERRA, OCCORRE BUTTAR GIU' IL GOVERNO NEOFASCISTA BERLUSCONI

"L'Italia non parteciperà direttamente alle operazioni militari, non invierà perciò in Iraq né uomini né mezzi, come sin dall'inizio ho dichiarato pubblicamente e ho detto con franchezza e con lealtà agli amici americani, dalla prima conversazione con il Presidente americano George Bush. Non siamo, dunque, una nazione belligerante. L'Italia è, del resto, già seriamente impegnata con i suoi soldati su altri fronti della sicurezza e della pace, dai Balcani all'Afghanistan. L'Italia, fedele alla linea che ha ispirato i precedenti accordi internazionali, anche oggi concederà l'uso del nostro spazio aereo e delle basi militari sul nostro territorio".
Con questa ipocrita formula, riecheggiante la "non belligeranza" mussoliniana che tra il '39 e il '40 preparò l'entrata in guerra dell'Italia al fianco della Germania di Hitler, e concordata preventivamente con Ciampi per aggirare lo scoglio costituzionale dell'articolo 11, Berlusconi ha annunciato lo schieramento dell'Italia a fianco di Bush nella guerra di aggressione all'Iraq. Uno schieramento senza uomini né mezzi (almeno in questa fase), non perché il neoduce non lo vorrebbe, ma perché la mancata autorizzazione dell'Onu ha costretto Ciampi a mettere il veto a una partecipazione diretta dell'Italia alla guerra, perché ciò rappresenterebbe una palese e ingiustificabile violazione della nostra carta costituzionale. Ma l'appoggio politico all'aggressione imperialista è dichiarato e totale, ed inoltre sul piano militare si assicura agli aggressori angloamericani tutto il supporto possibile a livello di uso delle basi militari e di sorvolo del nostro spazio aereo, anche se - come ha voluto espressamente Ciampi - non per condurre attacchi diretti all'Iraq partendo dal nostro territorio, cosa che comunque sarebbe tecnicamente non conveniente per gli Usa.
E' questa la linea del governo italiano che Berlusconi è venuto ad annunciare in parlamento il 19 marzo, e che è stata approvata dalla maggioranza con 304 voti a favore, 246 contrari e 8 astenuti alla Camera, e 159 sì, 124 no e un astenuto al Senato. Il neoduce si è presentato in aula con piglio arrogante e provocatorio, con un discorso tutto teso a dimostrare la "legalità" dell'intervento imperialista di Bush e ribadire l'assoluta identità di vedute tra il suo governo e l'Hitler della Casa Bianca. Per Berlusconi la risoluzione 1441 del Consiglio di sicurezza, e le vecchie 678 del 1990 e 687 del 1991, bastano e avanzano per legittimare lo scatenamento della guerra all'Iraq. La seconda risoluzione, prima chiesta e poi lasciata cadere dagli Usa quando si sono resi conto che non sarebbe passata, a suo dire non era necessaria per autorizzare l'invasione, ma serviva tutt'al più a fissare un termine ultimativo a Saddam.

PIENO APPOGGIO ALLA GUERRA ALL'IRAQ
Ricordando poi al "centro-sinistra" che nel 1999 partecipò alla guerra alla Serbia decisa "senza un'esplicita autorizzazione da parte dell'Onu" ("e noi la appoggiammo - ha rinfacciato il neoduce alla sinistra dell'emiciclo - perché pensavamo e pensiamo che la funzione dell'opposizione sia quella di partecipare al conflitto politico con un alto senso dello Stato"), Berlusconi ha ribadito il pieno sostegno dell'Italia agli Stati Uniti, "un paese - così lo ha pomposamente dipinto - che ha subito il terrorismo e vuole combatterlo estendendo nel mondo il perimetro delle libertà". Per poi concludere appunto con la formula ipocrita della "non belligeranza", tale solo sul piano formale, mentre in realtà ha sancito l'entrata in guerra a fianco degli Usa mettendo a completa disposizione di Bush la nostra sovranità nazionale, il nostro suolo e il nostro spazio aereo.
A riprova che il nostro Paese è effettivamente in guerra con l'Iraq, del resto, è arrivato dopo pochi giorni il provvedimento di espulsione dall'Italia di quattro diplomatici iracheni, che il governo ha zelantemente attuato in ossequio alla richiesta americana a tutta una serie di paesi, compreso il nostro, a chiudere al più presto le ambasciate dell'Iraq. Lo dimostra pure l'intenso traffico, soprattutto aereo segnalato in questi giorni, di truppe e materiali Usa, sembra anche di tipo nucleare, dirette nel Golfo persico. Per non parlare degli alpini in Afghanistan, che stanno sostituendo truppe angloamericane inviate sul teatro iracheno.

L'ACCORDO DI GUERRA TRA CIAMPI E BERLUSCONI
Poche ore prima del dibattito in parlamento, si era svolta al Quirinale una riunione del Consiglio supremo di difesa, presieduto da Ciampi, con la partecipazione del presidente del Consiglio e dei ministri coinvolti nelle decisioni di guerra (Esteri, Difesa, Interno e Finanze), del capo di Stato maggiore, del segretario del Consiglio di difesa stesso, con l'aggiunta di Gianfranco Fini, di Rocco Buttiglione e di Gianni Letta. In questa riunione è stata messa a punto la linea da tenere in parlamento, i cui punti sono riflessi nel comunicato finale, tra cui la formula della "non belligeranza" escogitata per non cozzare frontalmente con l'articolo 11.
Ma il punto più importante è senz'altro la conclusione del documento, con cui Ciampi, d'accordo con Berlusconi, si è sbarazzato del delicato problema della sua funzione di "garante" della Costituzione rispetto alle decisioni militari prese dal governo; problema che era stato fortemente sollevato perfino dall'ex presidente Cossiga: "è stato unanimemente riconosciuto - recita infatti il documento approvato - che, stante il carattere fortemente parlamentare dell'ordinamento disegnato dalla nostra Costituzione, la determinazione dell'indirizzo politico, compreso l'impiego delle FFAA e delle loro strutture, spetta al Governo e al Parlamento collegati tra loro dal rapporto di fiducia, anche per quanto riguarda i profili costituzionali".
In parole povere Ciampi stabilisce che i problemi di ordine costituzionale eventualmente sollevati dalle decisioni in campo militare non lo riguardano, ma sono di esclusiva competenza del governo e del parlamento. Con ciò ha dato quindi via libera a Berlusconi per la concessione delle basi e dello spazio aereo italiano agli aggressori Usa.
Va detto anche che questa criminale linea interventista sancita dal patto tra Ciampi e Berlusconi non è stata adeguatamente contrastata dalla "sinistra" parlamentare. "Centro-sinistra" e Rifondazione hanno presentato una risoluzione comune che ha richiesto diversi rimaneggiamenti prima della sua stesura definitiva, a causa dei contrasti sull'uso delle basi e dello spazio aereo. Alla fine sono arrivati a una soluzione di compromesso piuttosto squallida, con l'uso di una formula assai contorta riguardo al divieto di uso delle basi militari, e addirittura priva di ogni riferimento esplicito al divieto di sorvolo del nostro spazio aereo.

INCAPACI, OPPORTUNISTI E AMBIGUI
Anche gli interventi dei leader hanno riflettuto in larga parte questo opportunismo e questa ambiguità. Bertinotti ha svolto un intervento che come ormai sua abitudine non ha smascherato la vera natura imperialista di questa guerra, preferendo di nuovo ricorrere alla definizione ambigua e non leninista di "guerra imperiale"; così come non ha smascherato i veri motivi della scelta interventista e guerrafondaia del governo, che non sono semplicemente dettati da una "scelta servile nei confronti degli stati Uniti d'America", come ha detto il segretario del PRC, bensì dall'ambizione di tipo mussoliniano di partecipare a pieno titolo al banchetto imperialista che si dividerà le spoglie dell'Iraq e alla ridefinizione degli equilibri egemonici mondiali perseguita dagli Usa. Un intervento il suo, a conferma di ciò, tutto sbilanciato per il resto in difesa della nascente superpotenza europea in concorrenza agli Stati Uniti, con l'esaltazione in questo quadro di Francia e Germania (la "Nuova Europa", l'ha definita), e perfino della politica estera della vecchia DC in contrapposizione al "servilismo" di Berlusconi.
Per quanto riguarda il leader della Quercia, Fassino, in tutti i modi l'ha definita questa guerra (insensata, sbagliata, ingiustificata, unilaterale, azzardata, illegittima), meno che con il suo vero nome: una guerra di aggressione, una guerra imperialista. E per forza, dal momento che, per pararsi il culo ha dovuto citare le ultime guerre che i rinnegati italiani hanno o appoggiato, come l'Afghanistan, o accettato passivamente e poi giustificato a posteriori, come la prima guerra del Golfo, o condotto in prima persona come forza di governo, come la guerra alla Serbia, sforzandosi di dimostrare che queste invece erano guerre "legittime". Calcare troppo la mano sull'attuale guerra all'Iraq avrebbe inevitabilmente messo in cattiva luce anche queste altre.
Quanto a Rutelli ha addirittura esordito rinnovando l'appoggio alla campagna "contro il terrorismo" di Bush, e in questo quadro alla presenza degli Alpini in Afghanistan, e si è augurato "che il regime iracheno si decomponga e che, comunque, la guerra sia breve e porti il minor numero possibile di vittime": cioè proprio quello che farebbe comodo a Bush, Blair, Aznar e Berlusconi, a cui il leader dell'Ulivo augura evidentemente di farsi una bella passeggiata trionfale in Iraq! Del resto non c'è da stupirsene troppo, dal momento che la sua conclusione è stata che Berlusconi dà un'immagine "declassata" dell'Italia, mentre lui, per "restituire l'autorità, l'autorevolezza e il prestigio dell'Italia" resta fedele "ai valori che hanno ispirato per cinquant'anni la politica estera ed europea della nazione".
Queste posizioni rimbambite e opportuniste non riflettono minimamente la forza, la coscienza e gli obiettivi del movimento per la pace e contro l'aggressione imperialista all'Iraq. Non pongono con la dovuta fermezza e chiarezza le questioni del rispetto dell'articolo 11, del rifiuto del coinvoglimento dell'Italia in questa guerra a qualsiasi titolo e livello, incluso il divieto agli aggressori americani di usare le basi e lo spazio aereo in Italia, la richiesta dell'immediata cessazione e ritiro dell'aggressione angloamericana, il ritiro delle nostre Forze armate impiegate in Turchia e in Afghanistan.
Ma soprattutto non pongono la questione più importante, e che invece va posta in testa alle lotte, che è quella di buttare giù il governo neofascista Berlusconi: cosa che da parte nostra è il contributo più importante che si possa dare al movimento mondiale per la pace e contro la guerra all'Iraq, per indebolire l'alleanza imperialista e far fallire la banditesca aggressione al popolo di quel martoriato paese.