Per decisione del governo e del "centro-sinistra''
L'ITALIA E' IN GUERRA
Solo Verdi e PdCI e qualche
DS si dissociano. Bertinotti non ha il coraggio di denunciare il carattere imperialista
della guerra
BERLUSCONI: "OCCORRE FAR PAGARE UN PREZZO RISOLUTIVO A QUEI REGIMI CHE
PROTEGGONO I TERRORISTI''
Il 9 ottobre, a due giorni
dall'inizio dei raid aerei Usa sull'Afghanistan, e mentre già arrivavano le notizie sulle
prime vittime civili dei bombardamenti, il parlamento nero ha votato - o meglio ha
ratificato - l'entrata in guerra dell'Italia a fianco degli imperialisti americani e i
loro alleati. Come per l'intervento nei Balcani del 1999 anche stavolta la destra e la
"sinistra'' del regime neofascista hanno votato compattamente per la guerra, salvo
alcune parziali "dissociazioni'' nelle file dell'Ulivo e dei DS. E come allora
maggioranza e "opposizione'' hanno salvato ipocritamente le apparenze dei rispettivi
ruoli votando ciascuna la propria risoluzione e astenendosi sull'altra. Ipocrisia che per
quanto riguarda gli esponenti dell'Ulivo si è spinta fino a partecipare alla marcia per
la pace di Assisi, pochi giorni dopo aver calzato l'elmetto e aver votato per la guerra di
Bush, Blair e Berlusconi.
La linea che il parlamento nero ha ratificato quasi all'unanimità è quella che il
neoduce Berlusconi aveva ribadito domenica 7 ottobre, poche ore dopo l'annuncio
dell'inizio dei bombardamenti su Kabul e le altre città dell'Afghanistan: "L'Italia
è pronta a fare tutto quanto sarà necessario contro il terrorismo internazionale. Da
poche ore questa lotta è entrata in una fase cruciale ed ha il nostro incondizionato
appoggio. Il nostro paese riafferma che è pronto a prendere parte a ogni iniziativa che
si rendesse necessaria al fianco dei paesi amici, inclusa la eventuale partecipazione ad
operazioni militari''. Su questa linea il ministro della Difesa, Martino, era incaricato
di prendere contatti con l'"opposizione'' per arrivare a un accordo
"bipartisan'' in vista del dibattito parlamentare del 9 ottobre, in omaggio alle
richieste dell'Ulivo di subordinare formalmente qualsiasi decisione di intervento militare
al giudizio del parlamento.
D'altra parte un pronunciamento dell'intero parlamento italiano a favore della guerra era
fortemente caldeggiato da Ciampi, che da quando è salito al Quirinale batte
ossessivamente sul tasto dell'"unità della patria'', per dare un'immagine di
saldezza e affidabilità dell'Italia in seno alla coalizione imperialista. Non per nulla
il comunicato emesso dal Quirinale dopo il vertice di guerra dell'8 ottobre con
Berlusconi, Fini, Martino, Scajola, Frattini e Letta, nel ribadire punto per punto gli
stessi concetti già espressi il giorno precedente dal presidente del Consiglio,
sottolineava che "la presenza dell'Italia in una vasta coalizione di paesi impegnata
a difendere valori essenziali e principi sottoscritti dall'intera comunità internazionale
nella Carta delle Nazioni Unite corrisponde a un sentimento radicato nella nazione e
profondamente condiviso da tutto il popolo italiano''.
"MAL DI PANCIA'' E OPPORTUNISMI
Ma nonostante le aperture di Berlusconi, le pressioni di Ciampi, la disponibilità
rasentante il servilismo dei leader dell'Ulivo e la trattativa tra i due poli per limare
le rispettive posizioni fin nei minimi particolari onde renderle reciprocamente
accettabili, il pur scontato passaggio parlamentare del sì alla guerra non ha evitato
l'emergere di alcune contraddizioni nel "centro-sinistra'' e all'interno dei DS.
L'Ulivo, infatti, si è spaccato e Verdi e PdCI, non riconoscendosi del tutto nella
risoluzione firmata da DS-Margherita-SDI, si sono presentati con una risoluzione separata.
Di conseguenza non si sono uniti all'astensione del "centro sinistra'' sulla
risoluzione di maggioranza, ma hanno votato contro, anche se con ben scarsa coerenza,
tipica di questi opportunisti e imbroglioni, hanno votato a favore anche della risoluzione
DS-Margherita-SDI.
Anche all'interno dei DS, come per il voto sull'intervento nei Balcani, sono rispuntati
"mal di pancia'', contraddizioni e dissensi nell'area della sinistra interna,
cosicché mentre il grosso dei parlamentari diessini si asteneva disciplinatamente sulla
risoluzione governativa, i dissidenti votavano contro, pur senza spingersi a fare
altrettanto sulla risoluzione del loro partito. Al Senato, dove l'astensione vale come il
voto contrario, i parlamentari della casa del fascio sono usciti dall'aula durante la
votazione della risoluzione dell'Ulivo, e altrettanto hanno fatto i parlamentari
dell'"opposizione'' quando è stato il turno della risoluzione governativa. Ma l'ex
ministro del Lavoro, Salvi, si è rifiutato di stare al gioco, e ha votato contro la
mozione del governo. Altrettanto hanno fatto il diessino Villone e il senatore della
Margherita Cortiana.
Alla Camera, nonostante una defatigante trattativa all'interno del gruppo diessino, la
sinistra interna ha deciso di non aderire all'appello di Violante all'astensione sul
documento della maggioranza, e ha confermato il voto contrario. Un no a cui si sono uniti
anche alcuni deputati del cosiddetto "correntone'' che appoggia Giovanni Berlinguer
nella corsa alla segreteria DS. Fulvia Bandoli, "a titolo personale ma interpretando
anche il travaglio che c'è in alcuni parlamentari dei DS-l'Ulivo'' ha dichiarato di non
votare nemmeno la risoluzione Rutelli-D'Alema, e di votare invece per quella dei
Verdi-PdCI.
RISOLUZIONI FOTOCOPIA
Prima della discussione e del voto i gruppi della casa del fascio e del
"centro-sinistra'' avevano concordato alcune modifiche alle rispettive risoluzioni
per spianare la strada all'astensione reciproca. Il risultato è che le due mozioni
sembrano la fotocopia l'una dell'altra, a parte qualche formulazione diversa come la
definizione di "azione di polizia militare internazionale di lotta al terrorismo
messa in atto dal Governo degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e di altri paesi'' al
posto di "guerra'' usata ipocritamente nel documento DS-Margherita-SDI. Del resto
neanche la risoluzione di Verdi e PdCI si differenzia sostanzialmente dalle prime due,
ricalcandone fedelmente tutti i capisaldi politici, dalla "priorità della lotta al
terrorismo'' alla condanna dell'"odio antiamericano'' ecc., salvo la richiesta della
cessazione dei bombardamenti perché "l'acutizzarsi del conflitto, con nuove
distruzioni, nuove vittime e nuove violenze anziché sradicare il terrorismo può
alimentarlo ulteriormente innescando una spirale di terrore dagli esiti imprevedibili''.
Alla Camera la casa del fascio e l'Ulivo si sono anche applauditi reciprocamente i
rispettivi interventi. Così è stato per l'intervento del ministro degli Esteri Ruggiero,
per lo stesso Berlusconi e per D'Alema. Quest'ultimo, da quel guerrafondaio incallito che
ha dimostrato di essere, dopo aver ribadito che "l'uso della forza non può essere
considerato un tabù'', e dopo essersi vantato della "pacificazione'' armata dei
Balcani, paragonandola a quella che secondo lui anche l'aggressione all'Afghanistan
porterà di sicuro, ha perfino lodato il discorso del neoduce, rammaricandosi di non
averlo potuto applaudire a causa del recente scontro parlamentare sulla legge sulle
rogatorie.
MINACCE GUERRAFONDAIE E PATERNALISMO DUCESCO
Il neoduce aveva esordito definendo i bombardamenti sull'Afghanistan "un atto di
giustizia contro la barbarie. è fuor di dubbio - aveva aggiunto in tono bellicoso - che
occorre sradicare la rete terroristica mondiale. è fuor di dubbio che occorre far pagare
un prezzo risolutivo a quei regimi che ospitano, nutrono, proteggono le basi da cui
partono gli attacchi contro le nostre libertà, contro la nostra sicurezza, contro il
nostro stesso modo di vivere''.
Si è atteggiato a "protettore'' del popolo palestinese, proponendo un "piano
Marshall'' per aiutare lo sviluppo economico della "fragile, disperata società
palestinese'', e come Mussolini si è dichiarato "amico'' dei popoli islamici,
dicendo di voler gettare "un ponte di amicizia tra le due civiltà''; ma aggiungendo
subito dopo che "lo stesso vigore con cui l'Islam afferma la sua identità deve dare
a noi cittadini figli dell'occidente, la coscienza e l'orgoglio dei nostri valori, delle
nostre conquiste democratiche, delle nostre radici spirituali''. Infine ha assicurato il
parlamento nero che nel suo imminente viaggio a Washington porterà la "solidarietà
italiana'' a Bush, garantendo che "questa solidarietà non sarà fatta solo di
parole''.
Non una voce, dall'intero parlamento nero, si è levata per smascherare il suo
atteggiamento guerrafondaio di stampo mussoliniano e per denunciare il carattere
imperialista di questa guerra degli Stati Uniti e dei loro alleati al terrorismo e agli
Stati accusati di favorirlo. Nemmeno l'opportunista cacasotto Bertinotti ne ha avuto il
coraggio, né con la risoluzione presentata dal PRC, né con il suo intervento in aula.
Infatti le parole imperialismo e guerra imperialista vengono accuratamente evitate sia nel
documento che nel discorso, e si preferisce definire l'aggressione di Usa e Gran Bretagna
all'Afghanistan "iniziative di guerra completamente sbagliate in quanto ispirate
dalla logica della ritorsione e della vendetta'' (risoluzione PRC), ovvero "guerra
ingiusta e inefficace'', dovuta al fatto che "le classi dirigenti di questo
mondo...fanno la guerra perché non sanno fare altro e affidano alla guerra la costruzione
di un nuovo ordine mondiale'' (Bertinotti).
E tutto questo perché? Perché nascondendo la vera natura imperialista di questa guerra
Bertinotti può far rientrare dalla finestra l'intervento armato contro il terrorismo e
gli Stati "complici'' sotto forma di quello che lui ha definito "intervento di
polizia internazionale guidata, organizzata, progettata da parte delle Nazioni Unite con
il coinvolgimento dei paesi arabi''. La stessa posizione in ultima analisi dei rinnegati
DS, solo che per questi ultimi l'"operazione di polizia'' è quella già attuata
dagli Usa e dalla Nato, mentre per l'imbroglione trotzkista deve essere guidata dall'Onu.
Come se il Consiglio di sicurezza dell'Onu, dominato dagli Usa e con l'acquiescenza
cinicamente interessata di Russia e Cina, non avesse già sancito il diritto degli Usa a
farsi vendetta, legalizzando appunto la guerra imperialista.
Bertinotti lo sa benissimo ma finge di ignorarlo, perché ammetterlo vorrebbe dire
ridicolizzare e smascherare la sua teoria di "un altro mondo possibile'' all'interno
del sistema capitalista e imperialista, che poggi su una "democratizzazione'' delle
istituzioni internazionali (Onu, Wto, Fmi, Tribunale internazionale ecc.), invece di
mettere all'ordine del giorno la distruzione del sistema imperialista e la conquista del
socialismo come unica alternativa alla miseria, all'oppressione e alla guerra.
17 ottobre 2001
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