Il ministro della Difesa Martino: "Siamo a disposizione degli Usa''
L'ITALIA DEL NEODUCE BERLUSCONI PRONTA A INVIARE SOLDATI, NAVI E AEREI IN AFGHANISTAN
CIAMPI: "DESTINI INDISSOLUBILI TRA EUROPA E USA''
Non si tratta solo di aumentare la presenza delle nostre truppe in Kosovo, per sostituire quelle americane destinate alle operazioni in Afghanistan. L'Italia è pronta ed è a disposizione degli Usa anche per inviare in quel teatro di guerra navi, aerei e truppe di terra. Il contingente in uomini e mezzi è già stabilito, ed è pronto ad entrare in azione nel giro di 15-60 giorni dall'ordine di partenza.
Lo ha dichiarato il ministro della Difesa, il forzista Antonio Martino, davanti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato riunite il 23 ottobre per ascoltare le comunicazioni del governo, secondo l'impegno di riferire al parlamento su ogni decisione di movimento di truppe o di offerta di disponibilità agli alleati: "Le nostre forze armate sono pronte e ben preparate, il nostro intervento può essere limitato in alcuni settori, ma in quelli la nostra collaborazione potrà essere totale'', ha detto Martino invitando "a non confondere la nostra prudenza con un immobilismo sul piano internazionale e la serietà del nostro percorso relazionale con un'ipotetica emarginazione che non c'è mai stata''.
Fatta questa premessa per dissipare ogni illazione su presunte discrepanze tra impegno politico e militare del nostro Paese a fianco degli Usa, Martino ha snocciolato alle Commissioni l'elenco degli uomini e dei mezzi pronti per essere inviati sul teatro di guerra: dai 6 agli 8 cacciabombardieri Tornado adibiti a ricognizione ma utilizzabili anche per attacchi al suolo. Un C130 da trasporto e un Boeing 707 per rifornimento in volo. Una squadra navale composta dalla portaerei Garibaldi, con aerei a decollo verticale Sea Harrier, due fregate con elicotteri a bordo e una nave appoggio. Come truppe di terra un reggimento di 400 uomini, equipaggiato con mezzi blindati Centauro, 4 elicotteri da attacco Mangusta, una compagnia del genio, una compagnia di carabinieri paracadutisti del "Tuscania'', una compagnia Nbc (attrezzata per la guerra nucleare, biologica e chimica, ndr), una unità per la bonifica di ordigni esplosivi.
I reparti di terra, per un totale di circa 1.000 uomini, sarebbero però da impiegare a detta di Martino solo dopo la fine dei bombardamenti, come scorta armata alle organizzazioni umanitarie. Questo "contributo'', ha precisato il ministro, non andrà a scapito dell'impegno italiano nei Balcani, che con quasi 8 mila uomini è il più consistente dopo quello americano. Neanche quest'ultimo è destinato comunque a ridursi, ma solo a trasformarsi gradualmente, dato che gli Usa "conoscono bene la delicatezza e la precarietà della situazione balcanica''.
Per inviare le nostre truppe in Afghanistan non ci sarà bisogno di "dichiarargli guerra'', dato che secondo il ministro in questa nuova fase non saremmo più nell'ambito dell'applicazione dell'articolo 5 del trattato atlantico, ma in quello di "una reazione concordata bilateralmente con gli Stati Uniti''. Occorrerà però un nuovo passaggio parlamentare, con un voto che autorizzi la spedizione militare: "Semmai - ha aggiunto a questo proposito Martino con malcelata ironia nei confronti dell'`opposizione' - preferirei che questo passaggio parlamentare avvenisse per tempo, evitando che succeda ciò che è accaduto nella legislatura precedente, quando il parlamento fu informato a cose fatte''.
Martino ha anche fatto presente alle Commissioni parlamentari che per sostenere il nuovo impegno militare dell'Italia la prevista trasformazione dell'attuale esercito di leva in esercito di soli professionisti potrebbe avvenire "in tempi più ravvicinati rispetto al previsto''. In questo modo ha inteso rispondere implicitamente anche alle pressioni degli ambienti militari che chiedono un maggior impegno economico e politico dello Stato a sostegno delle Forze armate. Pressioni che si erano espresse anche con un intervento del capo di Stato maggiore della Difesa, generale Mosca Moschini, alla cerimonia di apertura dell'anno accademico del Centro alti studi per la Difesa, il quale ha avvertito che se è vero che le Forze armate sono pronte "a intensificare ulteriormente'' il loro impegno, è anche vero che "dobbiamo essere però consapevoli che, ove esso fosse protratto troppo a lungo nel tempo produrrebbe inevitabilmente sensibili effetti di logoramento sulle capacità operative''. Un campanello di allarme, quello del capo di Stato maggiore, suonato chiaramente per bussare a cassa, come difatti è avvenuto, con la richiesta di passare dagli attuali 26 mila miliardi di spesa, pari all'1% del Pil, all'1,5%, con un incremento di altri 13 mila miliardi, per arrivare al "livello medio dei nostri principali partners europei''.
Dunque, l'Italia imperialista di Berlusconi e dei guerrafondai scalpita per mostrare anch'essa i muscoli in Afghanistan, non si rassegna a un ruolo di seconda fila, e col sostegno pressoché totale del parlamento nero e dei mass media di regime, in totale spregio alla Costituzione, si prepara a inviare un contingente militare in Afghanistan, come in occasione della guerra del Golfo, ma con in più stavolta truppe di terra, per partecipare a pieno titolo a quella guerra, non dichiarata, a fianco di Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania.
Questo è ciò che aveva ribadito Martino davanti agli alti gradi militari del Centro alti studi per la Difesa, prima dell'audizione parlamentare, quando ha detto che "l'Italia ha fatto e farà la sua parte. Non tentennerà, non arretrerà, non si sottrarrà ai doveri che le derivano dalla sua storia civile, dalla sua posizione geografica, dalla sua tradizione cristiana, dai suoi obblighi europei, dalle sue consolidate alleanze''.
E questo è anche ciò che ha ribadito il guerrafondaio Ciampi, ricevendo al Quirinale il re Harald di Norvegia (paese facente parte della Nato), al quale ha rivolto queste parole: "Stiamo vivendo giorni drammatici. Le fondamenta stesse dei nostri valori più profondi, la pace, la democrazia, il rispetto dei diritti della persona sono state attaccate con inaudita ferocia. Italia e Norvegia sono vicine agli Usa nella consapevolezza che i destini dell'America e dell'Europa sono indissolubilmente intrecciati''.

31 ottobre 2001