Estromesso il parlamento
L'Italia di Berlusconi rimarrà in Iraq per decreto
Stanziati altri 220 milioni di euro per il contingente.
Prorogate anche le "missioni'' in Afghanistan, nei Balcani e in Africa

Il Consiglio dei ministri del 9 gennaio ha approvato il decreto legge che proroga al 30 giugno 2004 "la partecipazione italiana alle azioni umanitarie di pace che attualmente impegnano il paese in Iraq ed alle azioni di supporto alla ricostruzione del tessuto civile in vari paesi (Afghanistan, Bosnia, Kosovo, Albania, Eritrea, Macedonia ed altre''. La decisione è annunciata dal governo con un comunicato di poche righe a ribadire la "normalità'' di un provvedimento già previsto da tempo. In effetti è la procedura seguita col primo decreto, convertito in legge dal parlamento nel giugno 2003, che dette il via libera alla missione imperialista italiana in Iraq fino al 31 dicembre scorso. Per decreto l'Italia di Berlusconi proroga la sua partecipazione alla guerra in Iraq, anzi "resterà in Iraq costi quel che costi, specie dopo la sfida che ci è stata lanciata con l'attentato a Nassiriya'' ribadiva il sottosegretario alla Difesa Francesco Bosi.
Per le spese della missione "Antica Babilonia'' nella quale sono impegnati circa 3 mila uomini il governo ha inoltre stanziato altri 220 milioni di euro; di questa cifra fanno parte gli 11,5 milioni destinati agli "aiuti umanitari'', uno stanziamento di circa la metà del semestre percedente a conferma che l'aspetto "umanitario'' è una foglia di fico, un argomento sempre meno importante rispetto al compito di compartecipazione all'occupazione militare dell'Iraq.
Altri 308 milioni di euro sono destinati al finanziamento delle altre missioni militari che vedono protagonista l'imperialismo italiano in Afghanistan, nei Balcani e in Africa. Quando si tratta di estendere e consolidare il ruolo militare imperialista dell'Italia nelle aree interessate non ci sono tagli in Finanziaria che tengano, ci sono tutti i soldi che servono. E varati per decreto, uno strumento che usato tantopiù per un evento ampiamente previsto di fatto esautora il parlamento. Chiamato sì a discuterlo e convertirlo in legge entro 60 giorni ma a fronte di un fatto compiuto.