Svenduti i voti di Rifondazione al candidato sindaco del ``centro sinistra''
BERTINOTTI FA DI VENEZIA IL ``LABORATORIO'' DELLA ``SINISTRA PLURALE''
Con tesi assurde e truffaldine il trotzkista Casarini finisce per sostenere e praticare il federalismo
L'OBIETTIVO E' IL RECUPERO DEI GIOVANI ANTICAPITALISTI E ASTENSIONISTI SOTTO IL CONTROLLO DELLA ``SINISTRA'' DEL REGIME NEOFASCISTA
Quello che è successo a Venezia, attorno alle elezioni di ballottaggio del 30 aprile scorso per l'elezione del sindaco e della giunta, è emblematico di ciò che sta bollendo nella pentola della ``sinistra'' di regime, da Rifondazione al ``centro sinistra'', e con il coinvolgimento della cosiddetta ``sinistra sociale''.
Riassumiamo i fatti. Dopo il primo turno delle comunali del 16 aprile per l'elezione del successore di Cacciari, la situazione si presentava così: 38,9% al candidato del ``centro destra'', Renato Brunetta, economista, ex socialista della corrente di De Michelis e oggi eurodeputato berlusconiano; 37,6% al candidato del ``centro sinistra'', l'europarlamentare dei Democratici Paolo Costa, ex rettore di Ca' Foscari ed ex ministro dei Lavori pubblici con Prodi; 16,2% al verde ed ex ``Lotta continua'' Gianfranco Bettin, già prosindaco di Mestre e assessore nella giunta Cacciari, candidato della cosiddetta ``coalizione rosso-verde'', formata da PRC, Verdi e ``La città nuova'', una lista civica dell'area del volontariato e dei centri sociali. La ``coalizione rosso-verde'' diventava così l'ago della bilancia per il ballottaggio, e difatti apriva subito una trattativa con il ``centro sinistra'' per appoggiare Costa, trattativa che si è conclusa con un accordo che ha portato all'elezione dell'ex ministro, come era del resto nelle previsioni.
UN ``LABORATORIO'' TROTZKISTA
Fin qui la cronaca nuda e cruda di un evento il cui significato, però, va addirittura oltre, per le sue implicazioni politiche e sociali, alla pur vergognosa svendita di voti ad un ex democristiano, di cui il partito della Rifondazione trotzkista si è reso ancora una volta responsabile. L'esperienza veneziana, infatti, è stata teorizzata tanto dal PRC e dai trotzkisti, quanto dal ``centro sinistra'', come un'``esperienza pilota'', una sorta di ``laboratorio'' politico su cui costruire nuovi rapporti di alleanza tra la cosiddetta ``sinistra antagonista'' (PRC e l'area della ``sinistra sociale'', ovvero centri sociali, forze sindacali di base, volontariato, ecc.) e la ``sinistra'' di governo e istituzionale, in vista delle elezioni politiche del 2001.
Il dibattito che si è sviluppato infatti intorno alla decisione della ``coalizione rosso-verde'' guidata da Bettin di appoggiare l'elezione di Costa, in cambio di un consistente numero di seggi in Consiglio (8 sui 28 della maggioranza) e di qualche assessorato nella nuova giunta, ha avuto una vasta risonanza, ricollegandosi anche da una parte alla discussione in seno all'area trotzkista (il manifesto, PRC, PdCI) sulla ``nuova formazione politica'', o ``federazione della sinistra'', o ``sinistra plurale'' ecc., e per altri versi al dibattito nell'area dei centri sociali sulla questione del loro coinvolgimento o meno (la cosiddetta ``contaminazione'') nelle istituzioni.
Significativo a questo proposito l'appello che un gruppo di trotzkisti storici, tra cui Rossanda, Ingrao, Pintor, Parlato, Trentin, ha rivolto alla ``sinistra intera'' a votare per il democristiano Costa al ballottaggio del 30 aprile: premettendo malignamente che ``La sinistra è stata penalizzata dall'astensionismo che, anche se spiegabile, ha finito per punire il paese'', e accampando la scusa classica che ``ragione vuole che ci si opponga a un'ulteriore avanzata della destra'', i trotzkisti invitano a votare ``con convinzione il candidato del centro-sinistra Paolo Costa'', per fare di Venezia e ``con il contributo di tutta la sinistra, un'esperienza operativa di concreta riunificazione delle forze democratiche''.
è evidente il collegamento che i trotzkisti de il manifesto stabiliscono tra l'esperienza veneziana e la loro proposta, lanciata da Pintor, di una ``nuova formazione politica a sinistra'', capace di risollevare la ``sinistra'' di regime dalla crisi che l'ha colpita e che si presenti già alle prossime politiche. Non a caso un trotzkista veneziano doc come l'esponente del PRC e consigliere regionale uscente Paolo Cacciari, commentando l'accordo tra ``polo rosso-verde'' e ``centro sinistra'', gli ha dato un significato che va oltre la dimensione locale. Dice infatti il trotzkista Cacciari: ``Il significato dell'iniziativa va oltre la dimensione locale. Comincia a prefigurarsi un soggetto plurale della sinistra critica e radicale. Con identità `rosse', `verdi' e dell'impegno sociale di base: forti e indelebili, ma capaci di relazionarsi tra loro e non tanto presuntuose da cadere nella stupidità dell'autosufficienza''.
VENEZIA COME ``LABORATORIO'' DELLA ``SINISTRA PLURALE''
Quest'idea di Venezia come cantiere politico della ``sinistra plurale'', che si costruisce non attraverso accordi tra i vertici dei partiti e delle organizzazioni, ma partendo dal ``territorio'', attraverso l'aggregazione delle varie ``anime della sinistra'' (``moderata'', ``antagonista'' e ``sociale'') e la loro ``contaminazione'' con le istituzioni locali, è la strategia politica che si è voluto lanciare in occasione di questa esperienza elettorale. ``L'accordo fatto a Venezia e gli accordi regionali - ha detto infatti Graziella Mascia presentando il suo giro di comizi in Veneto per il PRC - aprono potenzialità di grande significato, affermando un'idea diversa - la nostra idea - di una società e di una pratica politica che restituisca al territorio il suo compito di decidere e di determinare i contenuti dell'azione locale. Vogliamo che i territori e le comunità decidano i tempi e le forme della politica, in opposizione a un'idea globale che sposta sempre più lontano il centro delle decisioni, nelle sedi della Bce, dell'Fmi, del Wto. Noi vogliamo, al contrario, che sia la gente in carne ed ossa, nei luoghi in cui vive, a decidere. E pensiamo che, contro la prepotenza del Polo e il suo potere lontano dalla gente, invece si può''.
Da questi discorsi emerge chiaramente la strategia del PRC di fare da ponte tra la ``sinistra'' di regime e i movimenti antagonisti diffusi sul territorio, per riportarli all'interno delle istituzioni e recuperarli come serbatoio elettorale per alimentare il boccheggiante ``centro sinistra''. Un'operazione quanto mai sporca e ingannatoria, che appoggia e mira a far vincere nel movimento dei Centri sociali la linea di destra, anche se rivestita di idee e concetti trotzkisti e anarcoidi, che vuol integrarli nelle istituzioni, cominciando da quelle locali. Significativo, in questo senso, il dibattito tenutosi il 16 giugno a Porto Marghera con Bertinotti, Paolo Cacciari, Luca Casarini (Centri sociali del Nord-Est), Bettin e Tiziano Tissino, dell'associazione Beati i costruttori di pace.
Questa linea di destra, anche se infarcita di tesi trotzkiste e piccolo borghesi, e che è particolarmente forte non a caso nei Centri sociali del Nord-Est guidati dal trotzkista Luca Casarini, partendo dal presupposto che la globalizzazione avrebbe cancellato gli Stati nazionali e creato al loro posto centri di potere sovranazionali, sostiene in sostanza l'inutilità della lotta rivoluzionaria per il socialismo in ogni singolo Paese, e pretende di ricollegare direttamente i movimenti di lotta territoriali (contro l'inquinamento, le biotecnologie, ecc.) alla dimensione globale, sul modello di Seattle. In altre parole non ci sarebbe più un potere politico nazionale da conquistare, per cambiare la società, ma tanti piccoli poteri locali e regionali sparsi per il mondo, tipo Venezia e Chiapas, per intendersi, rinunciando per sempre al principio marxista-leninista della conquista del socialismo nel proprio Paese come miglior contributo alla lotta per indebolire e abbattere l'imperialismo mondiale.
Scrive infatti Casarini sull'organo di un ampio settore dei Centri sociali, il mensile ``Carta'' di aprile: ``Il vero problema è, a mio avviso, la definizione del potere contemporaneo. _ uguale in tutto e per tutto, magari un pò cablato, informatizzato, ma sostanzialmente gemello del potere che voleva `prendere' Lenin? Non credo. La grandissima produzione di analisi e studi sulle modificazioni epocali che abbiamo di fronte disegnano contorni di un potere diverso, nuovo. La definizione che a me sembra più appropriata è quella di `potere imperiale', ma, anche con nomi diversi, tutti riconoscono la mutazione. Il potere geneticamente modificato non è più il cuore dello Stato, o il vertice del mercato. è l'espressione di una complessità di relazioni, pervasive, fino all'anima di chi vi è assoggettato...è per questo che la `presa del potere' diventa una cosa assurda, oltre che impensabile. Ed è per questo, e qui dissento da Rossanda, che Seattle non è stata una rappresentazione, ma l'espressione più matura che io abbia conosciuto fino ad oggi dei movimenti di rivoluzione dentro l'impero''.
Secondo Casarini, insomma, oggi l'imperialismo non esiste più; al suo posto ci sarebbe un indefinito e inafferrabile ``potere imperiale'', che sta dovunque e in nessun posto, magari dentro le ``nostre anime'' stesse, per cui è vano pensare di abbatterlo e rovesciarlo. Però secondo lui sarebbe possibile ``condizionarlo'' dal basso, con azioni e movimenti sul tipo di Seattle, che rappresentano quanto di più ``rivoluzionario'' sia possibile esprimere ai tempi nostri.
TESI ASSURDE E TRUFFALDINE
Da qui a teorizzare il ``dialogo'', o quantomeno la ``trattativa'' con questo ``potere'' e le sue espressioni istituzionali (come in effetti si è visto a Genova per il convegno sulle biotecnologie, a Bologna per il vertice Ocse e, per certi aspetti, anche a Firenze in occasione del vertice Nato), il passo è breve. E difatti è esattamente questo che sostiene per esempio il trotzkista Pierluigi Sullo, direttore di ``Carta'' ed esponente dei ``Cantieri sociali'', nella sua relazione al Cantiere del 2 giugno a Napoli: ``Lo svuotamento progressivo degli stati-nazione lascia le residue forze della sinistra senza un obiettivo da conquistare, ossia il potere, o il governo, appunto nazionali'', dice Sullo proponendo quindi di ``ripartire dal punto di origine del movimento operaio europeo, la Comune di Parigi, e dall'eco che questo ha prodotto fin nella nostra Costituzione, dove è il comune l'unità di base della democrazia''. Un'equivalenza, questa tra la Comune di Parigi e i comuni istituzioni della seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista, del tutto assurda e smaccatamente truffaldina, mirante appunto a ``nobilitare'' come rivoluzionarie certe sporche operazioni di integrazione dei giovani anticapitalisti nelle marce istituzioni borghesi tipo quella di Venezia; operazione presentata da Sullo, insieme a quella brasiliana di Porto Alegre, nientemeno che come una ``base materiale possibile di una globalizzazione dal basso opposta alla globalizzazione competitiva e fatta di municipi autogovernati e federati tra loro globalmente e in modo orizzontale''.
Si comprende bene perché, sulla base di questa linea, la corrente di destra in seno ai Centri sociali, si spinga ormai a sostenere e praticare il federalismo, sia pure nella sua versione di ``centro sinistra'' teorizzata dal Bossi del Sud Bassolino e dai neopodestà come Cacciari e Rutelli, ma accodandosi di fatto alle richieste e alle manovre della Lega neofascista, secessionista e razzista e delle borghesie locali che la foraggiano.
Uno Stato federale governato da un presidenzialismo ``forte'', nell'ambito dell'imperialismo sovranazionale europeo, è appunto l'altra faccia, quella vera, del municipalismo, del regionalismo e della ``globalizzazione dal basso'', teorizzati dai dirigenti trotzkisti del PRC, de ``il manifesto'' e dei Centri sociali come - è la definizione di Sullo - nuovi ``meccanismi di partecipazione e di controllo democratico paralleli a quelli della delega istituzionale, con l'ambizione di concorrere a governare, o autogovernare il proprio territorio''.
L'obiettivo di queste forze trotzkiste e falso comuniste è dunque quello di riportare i giovani anticapitalisti e astensionisti sotto il controllo della ``sinistra'' del regime neofascista, partendo dalle situazioni locali più favorevoli, come a Venezia, per poi estendere la manovra a livello nazionale in vista delle prossime elezioni politiche generali. Ma così facendo spianano anche il terreno al neofascismo, al presidenzialismo e al federalismo che avanzano; e in ultima analisi anche all'imperialismo (all'imperialismo in generale, ma soprattutto a quello italiano ed europeo in particolare), che non è affatto ``mutato geneticamente'' come teorizzano questi imbroglioni politici, ma si serve proprio di certe forme di controllo delle masse apparentemente più ``democratiche'' e decentrate a livello locale per mantenere il suo dominio rapace, schiavista e guerrafondaio sui popoli.