Lanciare la proposta sindacale del PMLI nei congressi della Cgil

Lo svolgimento in atto del 16° Congresso nazionale della Cgil è senz'altro un'occasione importante, da non farsi sfuggire, per propagandare e portare avanti la proposta sindacale strategica del Partito sintetizzata nella parola d'ordine: Costruire dal basso un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale all'assemblea generale dei lavoratori.
È questo un momento propizio giacché proprio in sede congressuale si decide linea, strategia e modello sindacale da attuare nei prossimi anni. La suddetta proposta sindacale strategica il PMLI la propose con un documento dell'Ufficio politico del 6 febbraio 1993. Gli eventi sindacali che si sono succeduti da allora ad oggi non hanno indebolito, anzi hanno rafforzato ancor di più quella scelta coraggiosa e del tutto innovativa per la storia del movimento sindacale italiano. Specie quelli più recenti riferiti agli accordi separati del 22 gennaio e del 15 aprile 2009 sottoscritti da governo, Confindustria, Cisl e Uil (contro la volontà della Cgil) che modificano regole contrattuali, relazioni sindacali e modello sindacale in senso filopadronale e neocorporativo, secondo i dettami del "piano di rinascita democratica" della P2 di Gelli, da terza repubblica in via di attuazione. È stata infatti confermata in pieno anche nel 5° Congresso nazionale del PMLI tenutosi dal 6 all'8 dicembre 2008.
Spetta ai lavoratori e ai pensionati militanti e simpatizzanti del PMLI sostenere questa proposta sindacale nei congressi della Cgil a cui parteciperanno con coraggio e determinazione, con intelligenza tattica e in modo dialettico. A partire dai loro interventi nel dibattito congressuale che saranno certo in appoggio del documento alternativo "La Cgil che vogliamo", nell'ambito del fronte unito scelto in lotta contro quello capeggiato da Epifani; senza però rinunciare a caratterizzarli in base alla nostra analisi politica e, appunto, alla nostra proposta di modello sindacale. La qualcosa dovrebbe essere abbastanza agevole e incontrare il favore dei lavoratori perché risponde a una esigenza molto sentita e perché anche nel suddetto documento si parla e si propone un modello sindacale diverso e migliore rispetto a quello proposto da Epifani; per non parlare di quello di cui sono portatori i sindacati complici Cisl e Uil.
Come abbiamo già scritto in un precedente articolo (n.44/2009 de "Il Bolscevico"): "Lottare per una Cgil autonoma, indipendente, - com'è nelle intenzioni dei firmatari del documento alternativo - che abbia come unica compatibilità quella di difendere gli interessi dei lavoratori occupati, dei precari e disoccupati e dei pensionati che favorisca la partecipazione dal basso e che eserciti per davvero e in modo sistematico la democrazia del mandato di chi rappresenta è già un traguardo importante. Ma l'obiettivo strategico che noi poniamo è più ambizioso: quello di unificare dal basso, nel tempo e al di là delle tre confederazioni sindacali esistenti, tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori in un grande sindacato fondato sulla democrazia diretta e il potere sindacale contrattuale all'Assemblea generale dei lavoratori". Solo così si può realizzare una vera ed effettiva unità sindacale dei lavoratori e dei pensionati italiani sulla base dei lo
ro interessi economici e sociali.
Si tratta ora di sintetizzare al massimo questa proposta del PMLI negli interventi congressuali, rinfrescandoci le idee leggendo gli ampi stralci del suddetto documento dell'Ufficio politico riportati qui di seguito.

La situazione politica, sindacale e sociale è profondamente cambiata e ciò che in passato è stata una scelta inevitabile, ovvero il sindacato degli iscritti, il sindacato associativo promosso da correnti sindacali partitiche, appare superata. Pertanto, la proposta che il PMLI avanza è quella di COSTRUIRE DAL BASSO UN GRANDE SINDACATO DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI fondato sull'idea forza della democrazia diretta. Un sindacato fatto di lavoratori di ambo i sessi che si liberi della soffocante e mastodontica burocrazia sindacale, corrotta e asservita al palazzo, che operi per la difesa degli interessi fondamentali e immediati dei lavoratori, senza vincoli e compatibilità dettate dai capitalisti e dal governo. Tutt'altra cosa del sindacato unico, cioè dell'unità di vertice delle burocrazie sindacali ormai omologate tra loro, del sindacato della seconda repubblica cogestionario e neocorporativo.
È questa una proposta sindacale forte e dirompente, che contrasta il processo di fascistizzazione in atto in tutti i campi della società, anche in quelli economico, sociale e sindacale. Perché non ci siano più accordi come quello del 31 luglio, perché finalmente le lavoratrici e i lavoratori abbiano effettivamente nelle loro mani il potere sindacale e contrattuale occorre battersi per far valere il principio della democrazia diretta. È una democrazia di movimento che non ammette deleghe in bianco e senza controllo, che poggia sul protagonismo dei lavoratori nella lotta e nella gestione della vita sindacale nei luoghi di lavoro anzitutto, ma anche al di fuori. L'unica capace di unirli attorno ai loro interessi di classe, di liberarli dai cappi delle vecchie e "nuove'' sigle sindacali e di renderli indipendenti dalle istituzioni, dal governo e dal padronato.
Per noi tutto il potere sindacale e contrattuale dei lavoratori deve essere esercitato soprattutto attraverso l'assemblea generale: è questo il momento più alto della democrazia diretta in campo sindacale in cui le lavoratrici e i lavoratori discutono i problemi, mettono a confronto le idee, assumono le decisioni, approvano le piattaforme e gli accordi con voto palese, selezionano i loro rappresentanti più capaci e combattivi e li revocano non appena essi non riscuotono la fiducia dei lavoratori. Il metodo della democrazia diretta deve essere attuato per tutte le decisioni sindacali ai vari livelli territoriali e nazionale, di categoria e intercategoriale. Non è più tollerabile che gruppi ristretti di dirigenti sindacali decidano arbitrariamente e sulla testa degli interessati, di firmare contratti e accordi, spesso di grande portata come quelli sulla deregolamentazione del mercato del lavoro, il lavoro giovanile, i salari e la scala mobile, i livelli di contrattazione e altro.
Costruire dal basso un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori vuol dire in primo luogo rifiutare recisamente rappresentanze sindacali aziendali che in modo aperto o mascherato siano un ritorno indietro alle sezioni sindacali o alle Commissioni interne, controllate e condizionate dai vecchi sindacati di regime. Significa in secondo luogo rivendicare la libera elezione dei delegati di reparto e di ufficio su scheda bianca e la costituzione dei Consigli dei delegati in tutte le unità lavorative dei settori privati e pubblici, nelle aziende grandi e in quelle piccole, secondo il principio che tutti le lavoratrici e i lavoratori sono elettori ed eleggibili. Consigli dei delegati che rappresentino l'unico soggetto contrattuale nei luoghi di lavoro, cui siano affidati i diritti sindacali e abbiano il potere di realizzare accordi e contratti a livello aziendale, con efficacia per tutti i lavoratori interessati.
I delegati e i Consigli possono essere destituiti in qualsiasi momento rispettivamente dai lavoratori del reparto che l'hanno eletti e dall'Assemblea generale dei lavoratori.
Far affermare il principio della democrazia diretta nell'organizzazione e nello svolgimento della vita sindacale nei luoghi di lavoro, costituire i Consigli dei delegati democraticamente eletti dai lavoratori significa in pratica costruire le condizioni per far affermare in prospettiva questa concezione sindacale a tutti i livelli, dalle assemblee dei delegati di zona, provinciale e nazionale, alle assemblee di categoria e intercategoriali. La costituzione di questo nuovo grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori sarà una lotta lunga e difficile. I vertici sindacali confederali, abbarbicati alle poltrone come sono, non accetteranno di lasciare il campo pacificamente, né le cosche parlamentari saranno disponibili a rinunciare senza colpo ferire alla loro nefasta egemonia in campo sindacale.
Ovviamente finché non nascerà il sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, i marxisti-leninisti, fintanto che sarà possibile e opportuno, continueranno a condurre la propria battaglia all'interno della Cgil e a costruire la corrente sindacale di classe con tutti coloro che, fuori e dentro i sindacati confederali e autorganizzati, condividono la nostra proposta sindacale e vogliono battersi per realizzarla.

27 gennaio 2010