Spionaggio politico contro Marrazzo e la Mussolini
Si dimette Storace travolto dal Laziogate
Arrestati 11 investigatori privati, 2 finanzieri, un poliziotto, 2 dipendenti Telecom. Berlusconi respinge le dimissioni di Pollari con l'appoggio di Fassino. Indagato Accame, braccio destro dell'ex ministro
Coinvolto il Sismi

Le dimissioni del ministro della Salute Francesco Storace e quelle presentate e poi ritirate dal direttore del servizio segreto militare, Nicolò Pollari, rivelano la gravità dello scandalo dello spionaggio politico scoppiato con l'arresto, l'8 marzo scorso, di 16 tra investigatori privati, guardie di finanza e funzionari della Telecom, disposto dalla procura di Milano in ordine ad un'inchiesta le cui dimensioni e ramificazioni sono ancora in gran parte al vaglio degli inquirenti.
L'ordinanza di custodia cautelare di 300 pagine che i pm milanesi Stefano Civardi, Latizia Mannella e Fabio Napoleone hanno emesso a carico di 11 investigatori, due marescialli della finanza, un ispettore di polizia e due dipendenti Telecom, riguarda ben 40 reati accertati dal 2003 ad oggi, tra cui l'associazione per delinquere finalizzata allo spionaggio politico, la corruzione, il falso, la rivelazione aggravata di segreti d'ufficio, la violazione di sistemi informatici e l'illecita interferenza nella vita privata anche attraverso intercettazioni ambientali abusive finalizzata al complotto contro la libertà di voto. L'inchiesta riguarda infatti, anche se non solo, lo spionaggio ai danni degli avversari dell'ex governatore del Lazio, Alessandra Mussolini e Piero Marrazzo, alle regionali dell'aprile 2005, una vicenda già emersa agli "onori" delle cronache con il soprannome di Laziogate.
Allora si sospettò che qualcuno, inserendosi nel sistema informatico dell'anagrafe di Roma, utilizzando i computer della società Laziomatica che gestisce i servizi informatici della regione Lazio allora governata da Storace, avesse cercato di inserire delle firme false tra quelle raccolte dalla lista di Alternativa sociale per tentare di invalidare la candidatura della Mussolini. Per questa vicenda la procura di Roma ha rinviato a giudizio tre persone: l'avvocato Romolo Reboa, che firmò l'esposto contro la Mussolini, il direttore tecnico di Laziomatica, Mirko Maceri, e un dipendente della società, Daniele Caliciotti. Un'indagine dei carabinieri disposta a seguito di una denuncia dell'interessato, portò inoltre alla scoperta di pedinamenti, intercettazioni e altri atti di spionaggio ai danni di Marrazzo, effettuati da alcuni investigatori privati che sembravano avere libero accesso agli uffici della Regione. La novità dell'inchiesta milanese è di aver scoperto che questa vicenda fa parte di una più vasta rete di spionaggio, dai contorni ancora tutti da chiarire, "diffusa su tutto il territorio nazionale", e che al suo livello più basso si avvaleva di agenzie di investigazioni private, pubblici ufficiali e addetti Telecom pagati da qualcuno per ottenere informazioni riservate dalle banche dati della polizia e della magistratura ed effettuare intercettazioni illegali ai danni di avversari politici.
Per quest'associazione a delinquere, che secondo gli inquirenti andava avanti almeno dal 2003, sono finiti in carcere tra gli altri i dirigenti della società di investigazioni "Security service investigation" (Ssi), con sedi a Milano e Roma, Pierpaolo Pasqua e Gaspare Gallo, e due marescialli della Gdf del comando di Novara addetti alla "sezione I" (informazioni), Francesco Liguori e Franco Amato. A loro i magistrati milanesi sono arrivati indagando su Giuliano Tavaroli, un ex ufficiale dei cc in forza all'antiterrorismo, poi assunto dalla Pirelli e diventato capo della sicurezza interna della Telecom. Da lui passavano tutte le intercettazioni disposte dalla magistratura, e adesso è sospettato di essere stato in combutta da anni con Pasqua e Gallo per passar loro le informazioni giudiziarie riservate a cui per le sue funzioni aveva libero accesso, servendosi anche della collaborazione dei due marescialli delle fiamme gialle per accedere direttamente alle banche dati del Viminale.
È in questo modo che la Ssi si è intrufolata nelle vite private di Marrazzo e della Mussolini allo scopo, ha confessato Pasqua nel tentativo di scagionare Storace e il suo entourage, di confezionare "di propria iniziativa" un dossier per acquisire meriti agli occhi del governatore del Lazio. Per gli inquirenti invece l'ipotesi da accertare, suffragata dalle intercettazioni telefoniche e da altri elementi, è che la "zozzata" contro Marrazzo e la Mussolini (chiamati in gergo "Qui" e Quo") sia stata effettuata dagli investigatori della Ssi su espressa richiesta di Storace (in gergo "ciccio"), o comunque del suo braccio destro Niccolò Accame, al quale Pasqua e Gallo riferivano e che li faceva entrare liberamente in Regione senza neanche bisogno di registrarsi. È in questo quadro giudiziario che è stata disposta infatti la perquisizione dell'ufficio di Accame, e che è maturata la decisione del sospettato numero uno, Storace, di rimettere il mandato a Berlusconi, il quale ha assunto l'interim del ministero della Salute.
Una decisione che il ministro fascista ha preso dopo aver proclamato "non mi faccio intimidire" e dopo un colloquio "fraterno" col suo caporione Fini, evidentemente preoccupato per le ripercussioni elettorali, proclamandosi del tutto "estraneo" ai fatti e "indignato" per le "strumentalizzazioni" politiche della vicenda. Berlusconi si è detto "sicuro della sua estraneità", aggiungendo che "Storace è una persona trasparente, chiara e generosa, ed è questa generosità che lo ha portato a dimettersi". Insomma, non si è dimesso perché risulta coinvolto in maniera evidente e fino al collo in questa sporca vicenda, ma per la sua "generosità" e per dare, come ha detto Fini, un "esempio di moralità politica".
Anche Accame è stato poi iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di accesso abusivo, in concorso con altri, a un sistema informatico e di violazione della legge elettorale.
Ma lo scandalo non ha rischiato di travolgere solo Storace. Le implicazioni della vicenda sembrano estendersi infatti anche ai servizi segreti, giacché non è credibile che fossero all'oscuro di tutto, né che degli spioni privati abbiano potuto servirsi di banche dati riservate e di servizi di intercettazione ufficiali senza l'aiuto diretto degli "addetti ai lavori", cioè di elementi dei servizi segreti. Secondo una ricostruzione del giornalista Carlo Bonini per il quotidiano "La Repubblica", anzi, vi sarebbero "coincidenze" a dir poco strane che porterebbero da Tavaroli e i due marescialli della Gdf arrestati, direttamente al capo della Divisione operazioni del Sismi, ossia un "ufficiale seduto alla destra di Pollari, di casa nello studio del sottosegretario Gianni Letta, ma con eccellenti rapporti a sinistra". È in risposta a questi legittimi sospetti che Pollari si è recato a Palazzo Chigi offrendo per protesta le sue dimissioni, sentendosele naturalmente respingere da Berlusconi che gli ha confermato la sua "piena fiducia" invitandolo a ignorare "tentativi che hanno evidenti fini strumentali".
La cosa più vergognosa è che questa copertura del governo a quest'uomo che dovrebbe essere già stato rimosso da tempo per le sue enormi responsabilità, quantomeno per le sporche vicende del cosiddetto Nigergate, del rapimento in Italia di Abu Omar e dei voli segreti della Cia, nonché per aver fatto nulla per ottenere dagli Usa chiarimenti sull'assassinio di Calipari, è stata appoggiata servilmente anche dalla "sinistra" di regime: il rinnegato Fassino ha detto infatti di ritenere che "il dottor Pollari abbia compiuto un atto di sensibilità e credo altrettanto che sia giusto che queste dimissioni siano state respinte". E questo la dice lunga sui forti legami che la "sinistra" di regime ha costruito coi vertici dei servizi segreti e della polizia nei cinque anni che è stata al governo, e che evidentemente intende continuare a coltivare, con quelle stesse persone screditate come Pollari, se tornerà a Palazzo Chigi dopo il 10 aprile.

22 marzo 2006