Varata dal parlamento nero con l'aiuto determinante di Casini e Pera, eletti anche dall'Ulivo
LA LEGGE SULLE ROGATORIE SALVA DAI PROCESSI BERLUSCONI E I SUOI COMPARI
CIAMPI LA PROMULGA SENZA BATTER CIGLIO E SOLIDARIZZA CON PERA
In solo otto giorni, mettendo il parlamento nero alla frusta con l'aiuto dei presidenti delle Camere, la casa del fascio di Berlusconi, Fini e Bossi ha presentato, fatto votare e approvare la legge che regola le rogatorie internazionali, rielaborata appositamente dagli avvocati del neoduce per salvare lui e i suoi amici dai processi rimasti ancora in piedi.
Presentata alla Camera il 26 settembre, la legge è stata votata in via definitiva al Senato il 3 ottobre, in mezzo ai tumulti e alle proteste di metà dell'aula, con 161 voti a favore e 111 contrari. Determinante è stato il comportamento dei presidenti delle due Camere, Casini e Pera, che invece di fare da "arbitri imparziali'' hanno smaccatamente tirato la volata alla maggioranza: il primo avallando la forzatura regolamentare della presentazione del provvedimento alla Camera, mentre era ancora in discussione alla commissione Giustizia, e senza aspettare i prescritti 60 giorni di tempo; il secondo cambiando l'ordine del giorno del Senato per anticipare la discussione e la votazione della legge, con un colpo di mano procedurale senza precedenti in parlamento dai tempi del fascismo. E così l'Ulivo comincia a raccogliere i frutti della miope e imbelle politica "bipartisan'' che lo portò, ancora suonato e disorientato dalla legnata elettorale del 13 maggio, ad appoggiare speranzosamente l'elezione dei due presidenti neofascisti accreditandoli come "garanti super partes'', fingendo di non sentire il rumore di sciabole che la casa del fascio andava affilando in previsione degli scontri parlamentari già in preparazione.
Non per nulla il neoduce aveva fatto eleggere nelle file di Forza Italia e sistemare in posti strategici un centinaio di avvocati, tra cui per esempio Gaetano Pecorella, già presidente delle Camere penali, suo avvocato personale a Milano, piazzato alla presidenza della commissione Giustizia della Camera, e Carlo Taormina, ex difensore di Craxi e Gava, sottosegretario agli Interni. Questa strategia era stata messa a punto a giugno da Berlusconi, Previti e Dell'Utri per blindare il neoduce e i suoi amici da ogni possibile sorpresa giudiziaria collegata ai processi ancora pendenti, come quella dei giudici milanesi di mani pulite che lo colpì nel '94 durante il suo primo governo. Strategia che prevedeva la riforma del diritto societario, con la depenalizzazione del reato di falso in bilancio (l'altra legge in discussione in parlamento che fa il paio con quella sulle rogatorie), la legge sul rientro dei capitali dall'estero, il blocco delle rogatorie internazionali e la presentazione di una legge "morbida'' sul conflitto di interessi.

UN PARACADUTE PER IL NEODUCE E I SUOI AMICI MAFIOSI
Questo programma si sta realizzando punto per punto, con rapidità fulminante, e sta caratterizzando emblematicamente i primi mesi del nuovo governo della casa del fascio. E il colmo è che l'opposizione gli ha spianato la strada. Infatti il disegno di legge sulle rogatorie era un progetto dell'Ulivo, adottato dal governo Prodi nel '98, su richiesta del pool di mani pulite, per ratificare un accordo raggiunto con le autorità svizzere sulla possibilità per le magistrature dei due paesi di scambiarsi informazioni, prove e documenti sulle inchieste in corso senza aspettare le lunghe e burocratiche autorizzazioni governative. Per la prima volta la Svizzera aveva accettato di facilitare le rogatorie anche sui reati di frode fiscale, su cui aveva sempre nicchiato. Per i giudici milanesi il provvedimento era giudicato vitale, data l'incombenza della prescrizione di una serie di processi per corruzione, tra cui quelli di Berlusconi e dei suoi amici.
Ma si era nel periodo della Bicamerale, e l'Ulivo ritardò "inspiegabilmente'' la presentazione del provvedimento, che avvenne solo nel marzo scorso, alla vigilia dello scioglimento delle Camere. Vinte le elezioni, la casa del fascio, per iniziativa di Dell'Utri, Guzzanti e Iannuzzi, fece suo il provvedimento, dopo averlo debitamente emendato in alcuni punti decisivi: in particolare all'articolo 12, che rende nulli tutti gli atti per vizio di forma (in pratica basta un bollo mancante per rendere nulla un'intera inchiesta), e all'articolo 17, che rende retroattive le nuove norme, anche per i processi già chiusi in primo grado.
Un vero e proprio paracadute cucito apposta per Berlusconi e i suoi soci in affari sporchi, insomma, nonché per tutti gli inquisiti di tangentopoli passati, presenti e futuri. Secondo il procuratore di Milano Gerardo D'Ambrosio, infatti, sarebbero almeno sei i processi di criminalità organizzata a rischio, tra cui alcuni già definiti in primo grado, per reati come terrorismo, mafia, droga, riciclaggio, corruzione, contrabbando, traffico di organi e turismo sessuale a danno di minori. L'articolo 17, dice il procuratore di mani pulite, "sembra fatto apposta per rimediare al rigetto da parte dei giudici di alcune istanze avanzate dai difensori di imputati eccellenti in processi in corso di celebrazione. Non può non venire il sospetto che quest'articolo sia stato inserito proprio per rimediare a questo''.
Fatto sta che forzando i regolamenti, con l'avallo di Casini, la casa del fascio presenta il ddl alla Camera, e lo impone a colpi di maggioranza, proprio mentre con la scusa di recuperare personale per la lotta al terrorismo il ministro Scajola toglie la scorta al giudice di mani pulite Ilda Bocassini, titolare dell'inchiesta Imi-Sir in cui è implicato Previti. Per protesta la Bocassini rinuncerà anche alle altre misure di tutela, seguita per solidarietà dall'intero pool milanese. A ciò va aggiunto il licenziamento in tronco, da parte del ministro Castelli, di cinque magistrati consulenti del suo ufficio legislativo, colpevoli di essersi espressi criticamente sulla legge sulle rogatorie. è evidente il tentativo di intimidire i magistrati scomodi, e che la fretta di Berlusconi nel varare il provvedimento è dettata dall'esigenza di far decadere il processo "toghe sporche'' che vede imputati Previti e Squillante. Un'intimidazione che diventa aggressione squadristica analoga a quelle delle camice nere contro gli oppositori di Mussolini anche grazie al parlamentare di Forza Italia ed ex craxiano e cossighiano di ferro Paolo Guzzanti, che si sta distinguendo come il quadrunviro berlusconiano più feroce e accanito nel difendere la controrivoluzione neofascista in atto. Costui nell'ennesimo editoriale scritto, in qualità di vicedirettore, sul "Giornale'' si spinge a invocare i carabinieri e l'esempio del golpista Cossiga per mettere in riga e zittire i magistrati che hanno avuto il solo torto di contestare questa legge che peraltro col suo carattere retroattivo fa tabula rasa di un "principio sacro'' della democrazia borghese che è l'indipendenza del potere giudiziario rispetto al potere esecutivo.

PARLAMENTO IRREGGIMENTATO
Per evitare sorprese nella votazione finale al Senato (alla Camera il governo è andato sotto due volte a scrutinio segreto), Berlusconi chiama a raccolta la maggioranza e ricorre a ogni sorta di forzatura regolamentare, dandone l'incarico a Pera, che assolve diligentemente al compito incurante delle proteste dell'opposizione. Alla fine il provvedimento è dichiarato approvato in mezzo ai tumulti dell'aula, al grido di "Previti, Previti'', scandito dai parlamentari dell'Ulivo, a cui quelli della casa del fascio rispondono con "Talebani, Talebani''.
Sconfitti in aula l'Ulivo e Rifondazione si appellano a Ciampi, chiedendogli di non firmare la legge. Rutelli annuncia anche che l'Ulivo chiederà un referendum abrogativo. Da notare che l'argomento fondamentale su cui è incentrata la protesta dell'opposizione è che questa legge va nel senso opposto alle misure "antiterrorismo'' varate da Bush e dagli altri governi imperialisti, e quindi espone l'Italia all'isolamento in seno alla coalizione occidentale: "Queste norme aprono un buco nella lotta contro il terrorismo internazionale. Berlusconi tradisce l'Occidente'', ha dichiarato il candidato alla segreteria diessina Giovanni Berlinguer. Come se ci fosse bisogno di coprirsi sotto l'ala dei guerrafondai Bush e Blair per giustificare la lotta al nuovo Mussolini e alla sua banda di neofascisti e mafiosi.
In ogni caso Ciampi non sembra affatto turbato dall'immoralità di questa legge e dal pericolo che riceva le critiche dei partner imperialisti, visto che non solo ha firmato senza battere ciglio il provvedimento, ma ha pure fatto una "lunga e affettuosa'' telefonata a Pera, su richiesta di Berlusconi, per esprimergli la sua solidarietà per i "pesanti attacchi personali'' ricevuti in Senato. Un altro smacco pesante per i sonati e rincoglioniti esponenti dell'Ulivo e del PRC, sempre pronti ad appellarsi alla sua funzione di "garante'', quando ormai dovrebbero avere chiaro che, importandogli solo di consolidare la seconda repubblica neofascista, presidenzialista e federalista, egli si comporta col nuovo Mussolini in tutto e per tutto come il re si comportava col vecchio.

10 ottobre 2001