Con Lula alleato con i liberali
I RIFORMISTI VINCONO LE ELEZIONI IN BRASILE
Il vicepresidente è il magnate del tessile José Alencar
Luiz Inacio Da Silva, detto Lula che significa calamaro, leader del Pt (Partido dos Trabalhadores, Partito dei Lavoratori) e candidato di una coalizione riformista ha vinto al secondo turno di ballottaggio del 27 ottobre la corsa per la poltrona presidenziale del Brasile. Ha ottenuto il 61,5%, pari a 52,5 milioni di consensi, contro il 38,5% e 33 milioni di voti del concorrente socialdemocratico José Serra, sponsorizzato dal presidente uscente Fernando Henrique Cardoso. Il corpo elettorale era di 115 milioni di elettori chiamati alle urne per eleggere il presidente, i governatori dei 26 Stati e del Distretto di Brasilia, la Camera, due terzi del Senato e i consigli provinciali. Circa 30 milioni di elettori non hanno votato, il 50% in più del primo turno.
Il candidato Lula aveva sfiorato l'elezione già nel primo turno del 6 ottobre quando aveva raggiunto il 46,6% dei voti mentre Serra si era fermato al 23,3%; gli altri principali candidati battuti, Garotinho e Gomes a capo di formazioni socialiste che avevano ottenuto complessivamente quasi il 30% dei voti, avevano annunciato il loro appoggio a Lula nel secondo turno. A quel punto era scontato che Lula sarebbe stato il trentanovesimo presidente brasiliano; si insedierà l'1 gennaio 2003.
Sulla scia del successo alle presidenziali il Pt ha conquistato 91 deputati su 513 alla Camera, dove è diventato il partito di maggioranza relativa, e 14 su 81 al Senato. Ma deve registrare un rallentamento nelle sue tradizionali roccaforti se non pesanti sconfitte come nelle elezioni per i governatori che da 5 del '98 sono rimasti in 3 e non fra quelli più importanti. I candidati del Pt hanno perso nello Stato di San Paolo e nel distretto federale della capitale Brasilia; significativa la sconfitta nello Stato del Rio Grande do Sul subita da Tarso Genru, ex sindaco di Porto Alegre, cioè della città del modello amministrativo ``partecipativo'' sbandierato dal Pt e non solo, dimessosi per correre alla carica di governatore al posto del collega Olivio Dutra che aveva vinto nel '98.
Nel suo primo discorso da presidente Lula ha affermato che con lui ``un nuovo Brasile sta nascendo'' ma poiché ``non farà miracoli'' i cambiamenti ``arriveranno senza sorprese e senza shock''. Un esempio è la riforma agraria, ha affermato, che ``sarà portata avanti con il consenso dei lavoratori senza terra, dei sindacati e dei proprietari rurali. Non sarà necessaria nessuna occupazione di terre''. Ha ribadito per l'ennesima volta che il Brasile rispetterà tutti gli accordi presi coi creditori internazionali a partire dal Fmi, tranquillizzato banche e creditori con l'impegno a combattere l'inflazione e indicato quale primo impegno quello della lotta alla fame. La ricetta ultraliberista del socialdemocratico Cardoso, segnata da tre crisi finanziarie negli ultimi 4 anni e da oltre 50 milioni di poveri su 176 milioni di abitanti in un paese che è all'ottavo posto mondiale per il prodotto interno lordo, sarà riveduta senza shock dalla coalizione riformista che ha vinto il 27 ottobre.
Lula è nato 57 anni fa nel villaggio di Garahus, della regione del Pernambouc nel deserto del Nord-Est del paese, in una povera famiglia contadina. Emigrato nei sobborghi operai di San Paolo inizia a lavorare come lustrascarpe e a 15 anni entra in fabbrica dove prende il diploma da tornitore. Nel 1967 aderisce al sindacato dei metalmeccanici di cui diventerà presidente nel 1975. Finirà in carcere per aver organizzato scioperi contro la dittatura militare che dura dal 1964 al 1985. Nel 1980 è tra i fondatori del Pt e alla caduta della dittatura viene eletto all'assemblea costituente. Per tre volte si presenta alle presidenziali; nell'83 è battuto da Collor, nell'88 e nel '94 da Cardoso. Le tre sconfitte gli hanno insegnato ``a migliorare i rapporti con gli imprenditori'' confessava Lula, che vuol restituire al Brasile il posto che gli compete ``per risorse e industrializzazione'' fra le prime dieci economie del mondo.
Il neopresidente ha promesso in campagna elettorale di aumentare il salario minimo del 20%, la riduzione dell'orario di lavoro da 44 a 40 ore settimanali a parità di salario, la riforma agraria e la cancellazione della schiavitù nei latifondi, 10 milioni di nuovi posti di lavoro, l'eliminazione delle drammatiche condizioni di vita dei bambini di strada. Qualche anno fa affermava anche che il Brasile non doveva pagare il debito estero finché c'era un bambino che moriva di fame, ora punta soltanto ``a progetti realizzabili'' nei prossimi quattro anni. E afferma che rispetterà il libero commercio, magari negoziato tra blocchi commerciali e non tra singoli paesi.
C'è chi, come Bertinotti e Rifondazione comunista, gioisce per la vittoria del ``presidente operaio'' Lula e sottolineano che la svolta del Pt brasiliano, nel momento della sua massima crisi, è stata quella di chiamare a raccolta a Porto Alegre i movimenti dei senza terra e dei senza casa, le organizzazioni sindacali, i settori della chiesa contrari al neoliberismo e dare vita alla coalizione che è stata alla base della vittoria elettorale. Un modello vincente da seguire per ``la sinistra di alternativa''.
Non fanno venire dubbi ai sostenitori di Lula nemmeno le congratulazioni arrivate al neopresidente da parte dell'imperialismo americano. Bush ``si congratula con il vincitore delle elezioni e conta sulla possibilità di poter lavorare in modo produttivo con il Brasile. Noi speriamo di stringere rapporti con la nuova leadership del Brasile alla prima opportunità e di lavorare insieme con il presidente eletto nella creazione di un emisfero prospero e democratico, basato sui valori condivisi e sul mutuo rispetto'' ha affermato il portavoce della Casa Bianca, Ari Fleischer. A quanto pare le critiche di Lula all'Alca, il patto commerciale che gli Usa vogliono imporre all'America Latina, non preoccupano più di tanto la Casa Bianca. Il messaggio di Bush non è da considerare solo una semplice formalità, basta ricordare che non altrettanto caloroso e giunto con molto ritardo è stato quello recente per il successo dell'alleato tedesco Schroeder, contrario all'intervento in Iraq. D'altra parte in campagna elettorale Lula aveva garantito che ``l'amicizia con gli Usa continuerà''.
Altro passaggio significativo è stato quello del giugno scorso allorché Lula annunciò l'alleanza del Pt col Partito liberale offrendo al suo dirigente, il magnate del tessile José Alencar, la carica di vicepresidente. Non a caso la posizione dei liberali è favorevole all'Alca, agli accordi col Fmi, contro le occupazioni delle terre.
Dopo la vittoria del primo turno Lula ha tra l'altro visitato la Borsa di San Paolo e promesso di accrescere l'autorità della Banca centrale nella guardia alla stabilità monetaria; un passaggio che tranquillizzava ancora di più quella parte di finanza e imprenditori che lo hanno scelto per contrastare il soffocante abbraccio dell'imperialismo americano.

6 novembre 2002