Lo rivela Legambiente
La mafia fattura 20,5 miliardi di euro
Il territorio del Sud Italia devastato, ma i reati dilagano anche al Nord

Il Rapporto Ecomafie 2010 di Legambiente denuncia le cifre impressionanti dell'attacco feroce e distruttivo della criminalità organizzata alle risorse ambientali e al territorio italiano. Distruggere mari e i fiumi, affondare navi cariche di rifiuti tossici, interrare questi ultimi nei campi, costruire su spiagge, in parchi protetti e con cemento depotenziato è diventato uno dei più remunerativi business della criminalità organizzata, il quale contribuisce in larga misura a rendere la mafia italiana, presa nel complesso, la più potente a livello mondiale, secondo il Global Agenda Council on Illicit Trade.
Gli illeciti accertati sono 28.576 all'inizio di giugno mentre erano 25.776 lo scorso anno. Sono aumentati anche gli arresti (+43%), da 221 nel 2008 agli attuali 3160.
La maggior parte di questi reati si concentra nel territorio meridionale, dove maggiore è il controllo della criminalità organizzata. La Campania, è la regione dove si commettono più reati, seguita dalla Calabria, dalla Puglia e dalla Sicilia. In alcune regioni il fenomeno sta crescendo a dismisura. Il Lazio, per esempio, che era al quinto posto nel 2008, è salito al secondo, subito dopo la Campania, ma anche la Toscana, la Liguria e il Piemonte registrano un numero notevole di reati.
Il dato dei profitti, 20,5 miliardi di euro l'anno, già di per sé impressionante, è solo indicativo e approssimato per difetto, infatti quest'anno manca la stima del fatturato globale sui rifiuti speciali dal momento che non è stato pubblicato il Rapporto rifiuti 2010 dell'Ispra (l'Istituto per la protezione dell'ambiente). Ma è innegabile che proprio nel ciclo dei rifiuti l'ecomafia sta registrando i maggiori profitti, come testimonia il vertiginoso aumento delle infrazioni accertate: 5.217 nel 2009, contro le 3.911 del 2008, ben il 33,4% in più e degli arresti: 2.429 a fronte dei 2.406 del 2008. La Campania si conferma in testa alla classifica con 810 reati accertati, pari al 15,5% del totale nazionale, seguita da Puglia, con 735 reati, Calabria, 386, Sicilia, 364 e Toscana, 327.
Il settore più redditizio, dunque, è quello della gestione dei rifiuti urbani, dal quale le ecomafie ricavano una cifra di circa 7 miliardi di euro. Dal racket degli animali (vendita di specie rare, corse di cavalli, combattimenti di cani) vengono 3 miliardi di euro. Dall'abusivismo edilizio 2 miliardi.
Un settore particolarmente redditizio per l'ecomafia è l'agricoltura. Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia sono le regioni in cui lo sfruttamento illegale nelle campagne rende di più. Il problema, però, riguarda tutto il territorio nazionale. La vasta gamma di reati, che vanno dai furti di attrezzature e mezzi agricoli, all'abigeato, alle macellazioni clandestine, al danneggiamento delle colture, al saccheggio e all'incendio del patrimonio boschivo, al caporalato hanno colpito nel 2010 un terzo degli agricoltori italiani, con ben 150 reati al giorno, come denuncia la Cia, Confederazione italiana agricoltori, nel suo terzo rapporto sulla "Criminalità in agricoltura".
Un settore di notevoli profitti è quello dell'abusivismo, gestito in nero in tutta la sua filiera, dall'acquisto di materiali, allo sfruttamento della manodopera. Nel complesso, 7.463 sono state le infrazioni accertate, contro le 7.499 del 2008. La Campania si conferma al primo posto con 1.179 reati accertati, il 15,8% sul totale nazionale. Al secondo posto la Calabria. Abusivismo e cemento depotenziato vanno a braccetto. Ma "ricette di produzione" falsificate del calcestruzzo sono state utilizzate anche per moltissime opere "regolari" di interesse pubblico: gli aeroporti di Palermo e Trapani, il porto turistico di Balestrate, in provincia di Palermo, l'ormai famoso Ospedale San Giovanni di Dio ad Agrigento e perfino per il Commissariato di Polizia di Castelvetrano e il lungomare di Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, le scuole Maresca di Locri e quella di Tropea in Calabria; il cavalcavia della nuovissima ferrovia Catanzaro-Lamezia; in Molise per la variante Anas di Venafro. Ma anche al nord come nel vicentino, nei lotti 9 e 14 dell'autostrada A31 Valdastico. E, secondo quanto denuncia Legambiente, ci potrebbe essere il calcestruzzo depotenziato anche dietro al crollo della casa dello studente de L'Aquila.
Dal Rapporto di Legambiente si intravede anche uno stretto legame tra l'ecomafia e le istituzioni borghesi locali. A fine 2008 solo in Sicilia risultavano circa 100 autorizzazioni per mega strutture commerciali che prevedono immense colate di cemento, possibili su ampie superfici agricole solo grazie all'approvazione di varianti ai Piani regolatori generali.
Ma anche a livello nazionale il contrasto al diffondersi dei reati dell'ecomafia non è efficace, tutt'altro: "L'azione di contrasto messa in campo dalle Forze dell'ordine - ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Sebastiano Venneri - deve essere sostenuta concretamente dal Governo con le disposizioni di nuovi efficaci strumenti. Introducendo finalmente (entro la fine del 2010) i delitti contro l'ambiente nel Codice Penale" che ancora non esistono e rendono difficile l'identificazione e la lotta a questo tipo di scempii. L'approvazione del "bavaglio" alle intercettazioni voluto dal governo del neoduce, peraltro, favorirà il dilagare selvaggio di questi crimini, andando nella direzione esattamente opposta a quella auspicata da Legambiente che, nel corso della conferenza stampa di presentazione del Rapporto, ha chiesto esplicitamente "l'uso delle intercettazioni telefoniche e ambientali nelle indagini" sui reati riguardanti l'ambiente.

7 luglio 2010