Rivendicando l'autonomia dai partiti
BASSOLINO LANCIA L'``ALLEANZA MERIDIONALISTA, FEDERALISTA E AUTONOMISTA''
L'ambizioso e megalomane ex operaista lavora per il suo futuro politico e non per le masse del Sud
IL ``MANIFESTO DI EBOLI'' E' L'ALTRA FACCIA DEL FEDERALISMO DI BOSSI
Il 20 marzo, a Napoli, Bassolino e gli altri candidati del ``centro sinistra'' alle regionali nel Meridione, hanno annunciato la costituzione di un'``Alleanza meridionalista, federalista e autonomista'' per lo ``sviluppo'' del Mezzogiorno, denominata anche ``patto per il Sud''. Assieme al neopodestà di Napoli e candidato alla presidenza della Regione Campania, ideatore e promotore dell'iniziativa, erano presenti Giovanni Di Stasi, candidato per il Molise, Giannicola Sinisi, candidato per la Puglia, Nuccio Fava, candidato per la Calabria e Filippo Bubbico, candidato per la Basilicata.
Il ``patto per il Sud'' è stato poi firmato ufficialmente il 27 marzo a Eboli, città scelta per il suo significato simbolico di confine tra le due Italie, quella del Centro-Nord ricco e sviluppato e il profondo Sud arretrato e dimenticato, e per questo è stato anche chiamato il ``manifesto di Eboli''. Alla sua firma si è unito anche il candidato per il ``centro sinistra'' alla Regione Abruzzo, Falconio.
Secondo quanto gli aspiranti governatori capeggiati da Bassolino hanno dichiarato nella conferenza stampa convocata nella parrocchia di San Bartolomeo, Il ``manifesto di Eboli'' si propone di gettare le basi di un ``nuovo meridionalismo'', essenzialmente ``autonomo'' dall'intervento dello Stato centrale, basato sullo stretto coordinamento tra tutte le Regioni, Province e Comuni del Mezzogiorno, indipendentemente da chi le governa. Anche se promossa da candidati del ``centro sinistra'', l' ``alleanza'' punta infatti a coinvolgere trasversalmente tutta la classe dirigente del Meridione, al di là degli schieramenti e dei partiti: ``Meglio se vinciamo le elezioni - ha detto Bassolino - ma anche se ciò non dovesse accadere convocheremo dopo le regionali una convenzione di tutti gli Enti locali del mezzogiorno coinvolgendo gli amministratori di Regioni, Province e Comuni, indipendentemente dagli schieramenti politici''.
Anima del ``nuovo meridionalismo'' sarà il federalismo, che il ``manifesto di Eboli'' definisce ``federalismo solidale e cooperativo'', per distinguerlo dal federalismo apertamente secessionista e razzista di Bossi. Ma pur sempre federalismo è. Al governo si chiede di far pressioni in sede europea per far accettare il principio di un regime fiscale differenziato per il Sud, che preveda una tassazione dei redditi d'impresa più bassa che nel resto d'Italia, per favorire gli investimenti e l'occupazione.
Si chiede anche che sia il tasso di disoccupazione, e non più il reddito pro capite, a fare da riferimento per l'assegnazione delle risorse comunitarie alle regioni d'Europa più arretrate: la paura è infatti che l'ingresso in Europa dei paesi dell'Est, che hanno redditi più bassi, tolga fondi al Mezzogiorno d'Italia.
Oltre a ciò il ``manifesto di Eboli'' chiede una politica estera ``autonoma'' per il Sud, da concordare tra il governo e i governatori delle regioni meridionali, per far tornare il Mezzogiorno a essere il ``baricentro'' degli scambi e dei rapporti economici e politici tra i vari paesi del Mediterraneo.

DIETRO L'``ALLEANZA''

Queste le linee essenziali del documento, così come sono state riportate nei resoconti dei giornali. Ma c'è da chiedersi: per quale tipo di ``sviluppo'' del Meridione è stata costituita questa ``alleanza''? Davvero il federalismo di Bassolino si differenzia sostanzialmente da quello della Lega neofascista, secessionista e razzista di Bossi? Davvero l'aspirante governatore della Campania, nel lanciare questo ``patto'' elettorale, ma che va anche oltre la consultazione del 16 aprile, ha pensato solo al bene del Sud? Noi non lo crediamo affatto. Crediamo invece che questa ``alleanza'' fatta in nome delle masse meridionali in realtà non solo ne sacrifichi gli interessi, ma le strumentalizzi per asservirle ancor di più al capitalismo e per servirsene come base elettorale per fini di carrierismo politico.
Lo ``sviluppo'' del Sud che auspicano Bassolino e gli altri aspiranti governatori regionali meridionali del ``centro sinistra'', infatti, non è altro che l'ossessionante ricetta liberista thatcheriana applicata con poche varianti formali da tutti i governi capitalisti, da D'Alema a Blair, da Clinton a Schroeder, da Jospin ad Aznar, solo condita in salsa di pomodoro e peperoncino: vale a dire che in cambio di investimenti al Sud e in nome dell'occupazione si offre la completa liberalizzazione del mercato del lavoro e la cancellazione di ogni garanzia salariale, normativa, previdenziale e sindacale per i lavoratori, assieme alla detassazione dei redditi e alla defiscalizzazione dei costi per le imprese.
Si punta insomma a fare del Sud una ``nuova Irlanda'', offrendolo su un piatto d'argento agli investitori finanziari e industriali italiani ed esteri come un ``paradiso fiscale'' e un serbatoio di mano d'opera a bassissimo prezzo, dove i lavoratori non hanno neanche le pur minime garanzie e diritti del resto d'Italia, e dove le amministrazioni sono di manica più larga e disposte a lasciare campo libero alle incursioni speculative delle multinazionali capitaliste, specie se della nuova razza oggi di moda, la cosiddetta ``new economy''.
è questa l'essenza del ``nuovo meridionalismo'' di Bassolino e soci: sostituire all'``assistenzia-lismo'' statale legato a doppio filo in passato al potere democristiano il più sfrenato liberismo, per attirare sul nostro Sud l'appetito dei grandi pescecani capitalisti. E questa ha la faccia tosta di definirla una politica del ``contare sulle proprie forze'' per il Mezzogiorno!

IL BOSSI DEL MERIDIONE

Quanto al federalismo ``solidale e cooperativo'', si tratta di un artificio letterario che non è sufficiente a farne una cosa sostanzialmente diversa da quello predicato dal caporione neofascista della Lega Nord. _ inutile che Bassolino cerchi di inventarsi un nuovo federalismo: esso è e resta tale, cioè una forma di separatismo e di rottura dell'unità nazionale, che aizza l'egoismo e le rivalità regionali e il razzismo, cancella la solidarietà di classe e mette lavoratori contro lavoratori, e questo tanto che sia portato avanti nella forma barbara e fascista di Bossi, coperto da Berlusconi e Fini, quanto nelle forme liberiste e tecnocratiche solo apparentemente più ``democratiche'' con cui è portato avanti da D'Alema, con la copertura di Cossutta e Bertinotti.
Quello demagogicamente ammantato di ``meridionalismo'' proposto da Bassolino non fa eccezione. è solo l'altra faccia del federalismo di Bossi. Eboli è stata chiaramente scelta dagli aspiranti governatori come la Pontida del Sud, e Bassolino è il Bossi del Meridione. Secondo le stesse parole del neopodestà di Napoli, infatti, ``i mali storici del Sud non sono stati risolti con il centralismo'', e quindi ``bisogna con forza e radicalità pensare a una diversa organizzazione dello Stato, che serva a tenere più solidamente unita la nazione e al tempo stesso ad affrontare meglio e superare le differenze territoriali. Federalismo e autonomismo sono oggi le nuove vie per affrontare la questione meridionale e l'unità del Paese'' (articolo di fondo su l'Unità del 31 marzo, ndr).
In realtà Bassolino se ne infischia dei problemi delle masse del Sud, e questa iniziativa gli serve solo come trampolino di lancio per costruire il proprio futuro politico. Ecco perché, nel presentarla alla stampa a Napoli, ha insistito tanto sull'``autonomia'' sua e degli altri candidati del ``centro sinistra'' dai partiti: ``Sarà difficile - ha detto per esemplificare il concetto di `autonomia'- che possa avvenire in futuro che D'Alema o Veltroni chiamino uno di noi, magari a casa loro, e gli dicano: dimettiti. Se qualcuno si deve dimettere lo decidiamo noi in modo autonomo''. Egli si ritiene cioè al di sopra del suo stesso partito, e mira a fare della sua elezione alla Regione una sorta di plebiscito sulla sua persona, come si è capito anche dalla squallida faida combattuta attorno alla candidatura.
Sottolineando che se non si fosse candidato lui alla Regione ``ci sarebbe sicuramente il rischio di astensionismo più alto'' (l'Ulivo in Campania sono io, ha voluto sostanzialmente dire con ciò), ha poi ribadito ancora una volta: ``noi vogliamo fare qualcosa di più che un partito, più ambizioso: un'alleanza meridionale federalista e autonomista, perché la politica è più ampia dei partiti''. E così l'ambizioso e megalomane ex operaista svela il disegno politico che sta dietro l'operazione Eboli: affermare la propria egemonia sui capilista del ``centro sinistra'' nel Sud, conquistare le Regioni usando il partito dei DS e l'Ulivo solo come sgabello elettorale, e da lì capeggiare un movimento autonomista e federalista speculare a quello di Bossi, per lanciarsi poi in chissà quali altre e più ambiziose scalate al potere.