Azzerate le vigenti relazioni industriali
Marchionne impone una nuova società per la fabbrica di Pomigliano e minaccia la disdetta del contratto dei metalmeccanici

Era una delle ritorsioni minacciate dall'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, all'indomani del fallimento del plebiscito sull'accordo separato alla Fiat di Pomigliano D'Arco imposto dall'azienda e siglato da Fim-Cisl, Uilm-Uil, Ugl, ma non dalla Fiom-Cgil, con il quale si azzerano dritti acquisti, si introducono deroghe al contratto nazionale e allo Statuto dei lavoratori e si ridisegnano le relazioni industriali in senso neocorporativo e neofascista. Nel referendum che si tenne il 22 giugno scorso, nonostante i ricatti e le intimidazioni di parte aziendale, quasi il 40% degli operai disse infatti no. Ritorsione che il nuovo Valletta ha messo in atto il 19 luglio. In quella data è stata costituita e iscritta alla Camera di Commercio di Torino una nuova società denominata "Fabbrica Italia Pomigliano Spa" con presidente Marchionne, ovviamente, e con Alessandro Baldi, Cammillo Rossotto e Roberto Russo membri del consiglio di amministrazione e un capitale sociale, al momento, di soli 50 mila euro. Per fare "attività di produzione - si legge nel suo Statuto - assemblaggio e vendita di autoveicoli e loro parti. A tal fine può costruire, acquistare, vendere, prendere e dare in affitto o in locazione finanziaria, trasformare e gestire stabilimenti, immobili e aziende".
Questa new company sarà usata in realtà da Marchionne per riassumere, da settembre 2011 in poi, allorché dovrebbe essere avviata la produzione della nuova Panda, i lavoratori occupati nello stabilimento Gian Battista Vico di Pomigliano, attualmente tutti in cassa integrazione straordinaria. Riassunzioni che avverrebbero però con contratti individuali, disegnati sulla base dei contenuti dell'accordo separato del 15 giugno 2010. Coloro che non accetteranno questo contratto capestro, fa capire la dirigenza aziendale, rimarrà in Cig, andrà in mobilità e dunque perderà il posto di lavoro. Per ufficializzare questo ennesimo atto d'imperio, Marchionne ha scelto l'incontro col governo e i sindacati complici, Cisl e Uil, tenutosi a Torino il 28 luglio. in quella circostanza, se da un lato ha teso a rassicurare circa il futuro produttivo dello stabilimento di Mirafiori, proprio qualche giorno avanti era emersa la notizia della decisione dell'azienda di spostare da Torino in Serbia la produzione della nuova monovolume, dall'altro, ha gettato sul tavolo la costituzione della "nuova società" e nel contempo ha annunciato la disdetta del contratto nazionale dei metalmeccanici e, di conseguenza, l'uscita della Fiat da Federmeccanica e Confindustria. La lettera è scritta. Sarà inviata entro due mesi se non avrà ottenuto le deroghe che chiede. E non è tutto. La Fiat ha disdetto anche l'accordo aziendale sui permessi sindacali per tutto il gruppo. L'intesa che risale al 1971 rimane valida fino al 31 dicembre. Entro l'anno l'azienda vuole ridefinire questa normativa con l'obiettivo di ridurre sensibilmente il numero di ore dei permessi. È questo, di fatto, un attacco alla libertà sindacale, motivato col taglio delle spese.
Agli imperturbabili crumiri leader di Cisl e Uil, Bonnani e Angeletti, l'amministratore delegato della Fiat ha chiesto con brutalità di applicare le stesse pesanti condizioni di lavoro e le stesse corporative relazioni industriali sottoscritte per Pomigliano in tutti gli stabilimenti del gruppo. A costoro ha detto: "Ci sono solo due parole che richiedono di essere pronunciate, una è sì, l'altra è no". Pronta la risposta dei due sindacalisti collaborazionisti : "sì senza se e senza ma".
Del tutto diversa la reazione della Fiom. La costituzione della new company e la disdetta del contratto nazionale dei metalmeccanici "è una scelta grave - ha detto il segretario generale, Maurizio Landini - non motivata da problemi di produttività". "La strada che stanno seguendo - ha aggiunto - è quella della contrattazione di settore, sempre per superare il contratto nazionale e l'unificazione delle condizioni di lavoro. Si prende a riferimento l'intesa di Pomigliano, ovvero la derogabilità dei diritti". "E' in atto il tentativo di cancellare e superare il Contratto nazionale, il diritto alla contrattazione collettiva in fabbrica - ha insistito Landini - siamo di fronte a un accelerazione di questo processo. Non avremo quindi nessun secondo tempo per prendere le decisioni, chi pensava a successive verifiche, deve fare i conti con questa accelerazione". Siamo di fronte a un problema "di valore generale molto grave e particolare, perché è evidente che se viene concessa questa cosa alla Fiat sarebbe difficile negarla ad altri".
Il leader della Fiom non esclude le vie legali contro la new company partenopea, ma è la mobilitazione di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori metalmeccanici che deve svilupparsi già con la manifestazione nazionale fissata per il 16 ottobre prossimo, per aggregare un movimento più ampio "per influenzare le decisioni in atto" della Fiat.
 
8 settembre 2010