In una intervista concessa a Gabriel Garcia Marquez
MARCOS ATTACCA LA LOTTA ARMATA E LA LOTTA PER L'EGEMONIA
L'ex guevarista afferma che "è ora di superare lo zapatismo''
In attesa della conclusione delle trattative col governo del presidente Fox della delegazione zapatista giunta a Città del Messico l'11 marzo, al termine della marcia a sostegno dei diritti dei popoli indios, il capo militare dell'Esercito zapatista di liberazione nazionale Marcos ha rilasciato, tra le altre, una lunga intervista allo scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez che è stata rilanciata con ampio risalto da la Repubblica del 26 marzo e il giorno dopo da Liberazione. Un'intervista nella quale Marcos per l'ennesima volta getta la maschera, non il passamontagna che continua a tenere come afferma "per civetteria'', e attacca in maniera velenosa la lotta armata e la lotta per l'egemonia, confermando l'intenzione dell'Ezln di deporre le armi e di "superare lo zapatismo''.
"Se l'Ezln si perpetua come struttura militare armata - afferma Marcos - va al fallimento. Un fallimento come opzione ideale, di posizione di fronte al mondo. Arrivare al potere e insediarsi come un esercito rivoluzionario sarebbe la cosa peggiore che potrebbe accaderci. Per noi sarebbe un fallimento. Ciò che poteva essere considerato un successo per una organizzazione politico-militare degli anni '60 o '70, nata come movimento di liberazone nazionale, per noi sarebbe uno smacco''. In altre parole un movimento di liberazione nazionale non dovrebbe, attraverso la lotta armata, liberarsi dal giogo dell'oppressione perché sarebbe un fallimento. Infatti, sentenzia Marcos, "abbiamo capito che quelle vittorie erano in realtà fallimenti, sconfitte nascoste dietro la loro stessa maschera. Che il problema rimane sempre quello del ruolo della gente, la società civile, il popolo. Che alla fine è una disputa tra due egemonie. C'è un gruppo di potere oppressore che dall'alto decide per la società, poi c'è un gruppo di illuminati che decide di condurre il paese in modo migliore e toglie il potere all'altro gruppo. (...) Per noi questa è una lotta di egemonie, sempre ce n'è una buona e una cattiva: quella che va vincendo è la buona, l'altra la cattiva. Ma per il resto della società non cambiano le cose fondamentali''.
In parte Marcos ha ragione, se si riferisse alla sua esperienza di diciotto anni fa quando il giovane guevarista con un piccolo gruppo di seguaci si trasferì nella selva Lacandona per appiccare il "fuoco guerrigliero'' tra gli indios; quel "gruppo di illuminati'' ha velocemente ripudiato la "giusta guerra che abbiamo dichiarato ai nemici di classe'' e l'obiettivo di costruire un "governo rivoluzionario'', richiamati nell'organo di informazione dell'Ezln fino a otto anni fa, e oggi disarma e si arrende al presidente Fox; un fallimento annunciato.
Marcos però fa un discorso generale e afferma che "non è possibile ricostruire il mondo, né la società, né ricostruire gli Stati nazionali, partendo da una disputa che consiste in chi va ad imporre la sua egemonia sulla società''. Così pretende di decretare l'inutilità della lotta armata dei movimenti di liberazione, l'inutilità della pratica della lotta di classe, della lotta tra proletariato e classi alleate per l'egemonia contro la borghesia e l'imperialismo.
L'egemonia "buona'' non è quella che vince, è quella del proletariato che la esercita contro la borghesia, una volta spodestata e schiacciata; nel passaggio da dittatura della borghesia, comunque mascherata, a dittatura del proletariato cambiano "le cose fondamentali'' della società. Certo alla guida del proletariato e delle masse popolari nella lotta di liberazione nazionale come nella rivoluziona socialista ci vuole un Partito marxista-leninista, e non un "gruppo di illuminati''; non un comandante come Marcos che giudica il Don Chisciotte di Cervantes "il miglior libro di teoria politica che conosco''.
Quale la strada proposta da Marcos? "Nell'Ezln - afferma - è arrivato il momento di superare lo zapatismo. La E di esercito si è rimpicciolita. Non è solo meno faticoso muoversi senza armi, per noi è anche un sollievo''. Quindi via le armi e via persino lo zapatismo, che richiama la rivolta armata dei contadini contro i latifondisti guidata da Emiliano Zapata a inizio del secolo scorso. "Il mondo e la società messicana nel suo concreto - continua - è composta da diversi. Tra questi diversi bisogna costruire una relazione sulla base della tolleranza e del rispetto''. Ecco la soluzione alternativa alla lotta armata proposta da Marcos. Ogni ulteriore commento è superfluo.