Non si arresta la guerra imperialista all'Afghanistan
I MARINES ATTACCANO KANDAHAR
Carneficina di prigionieri talebani a Mazar-I-Sharif
L'IRAK NEL MIRINO DI BUSH
L'attacco imperialista all'Afghanistan con truppe di terra è ufficialmente iniziato il 26 novembre allorché reparti dei marines appoggiati da elicotteri hanno attaccato un convoglio di carri armati e veicoli blindati dei talebani diretto verso Kandahar. Poche ore prima, nella notte tra il 25 e il 26 novembre, sei elicotteri americani partiti dalla nave Peleliu avevano scaricato alcune centinaia di marines in un piccolo aeroporto, a Dolangi, vicino alla città di Kandahar; a breve distanza di tempo gli aerei da trasporto avevano rafforzato il contingente con altri reparti di marines ed equipaggiamenti per consolidare la testa di ponte americana in prossimità dell'ultima importante città controllata dai talebani. "Ora ci sono un migliaio di marines nel cortile di casa dei talibani'', confermava il 26 novembre il generale James Mattis, responsabile dell'operazione chiamata "Swift Freedom'' (Libertà immediata). Secondo il segretario alla Difesa americano, Donald Rumsfeld, il contingente americano sbarcato a Dolangi costituisce "una base operativa avanzata'' e potrebbe crescere fino a 4 mila unità; il suo compito è partecipare all'attacco dei mujaheddin dell'Alleanza del Nord contro Kandahar, la cui presa garantirebbe agli Usa minori complicazioni per dare la caccia al terrorista Bin Laden e al leader dei talebani, il mullah Omar, che ritengono nascosti nella zona. Quest'ultimo è l'obiettivo ufficiale dell'intervento delle truppe di terra raccontato dalla Casa Bianca che deve fare i conti con almeno una parte dei comandanti dell'Alleanza del Nord che hanno respinto il rafforzamento del contingente della ex potenza coloniale inglese nel paese e dichiarato che la conquista delle città controllate dai talebani spetta ai mujaheddin.
L'arrivo dei marines a Kandahar, in una zona dove c'era già stata nelle settimane precedenti una incursione dei reparti speciali americani, segna l'avvio delle massicce operazioni con truppe di terra più volte annunciate dal Pentagono come sviluppo della guerra imperialista all'Afghanistan. Un numero imprecisato di soldati americani e inglesi ha operato fin dall'inizio dell'attacco, il 7 ottobre, in territorio afghano col compito dichiarato di segnare i bersagli per i bombardamenti aerei. Che i soldati angloamericani sbarcati in territorio afghano non si limitino più a compiti di supporto, ammesso che lo abbiano fatto in precedenza, lo confermano le prime notizie diffuse a Washington e Londra su almeno una decina di soldati feriti. E il commento di Bush sull'avvio dell'operazione quando ha avvertito che "l'America deve essere preparata a perdere delle vite''.
Alcuni dei soldati americani feriti e uno morto, ma non confermato dal Pentagono, sono vittime di una bomba "intelligente'' che ha sbagliato bersaglio; il bersaglio era il carcere di Mazar-I-Sharif colpito dai caccia americani per sedare la rivolta dei prigionieri talebani. Nella fortezza della città erano stati rinchiusi circa 600 talebani che si erano arresi il 24 novembre nella città di Kunduz riconquistata dall'Alleanza del Nord. I prigionieri si erano ribellati e avevano ingaggiato uno scontro a fuoco con i mujaheddin; i soldati americani e inglesi presenti nella città hanno chiesto l'intervento dell'aviazione che ha contribuito alla carneficina dei prigionieri talebani.
A Bonn si apriva il 27 novembre la conferenza sul futuro dell'Afghanistan, organizzata dalle Nazioni Unite, che assieme alla definizione del percorso per arrivare ad un governo provvisorio dovrebbe discutere anche della proposta Onu di un dislocamento nel paese di una forza militare internazionale di pace per vigilare sulla normalizzazione del paese. I paesi imperialisti, di concerto con il complice Onu, dopo l'aggressione militare vogliono condizionare il futuro governo di transizione e garantirsi per un certo tempo il controllo diretto del paese con una forza multinazionale. Contemporaneamente in Pakistan, a Islamabad, duecento banchieri, diplomatici e funzionari discutevano di come realizzare un intervento speciale per la ricostruzione del paese; una sorta di "piano Marshall'' che secondo il presidente della Banca Mondiale James Wolfensohn impegnerà risorse pari a circa 40 mila miliardi in un decennio. Dalla distruzione della guerra imperialista alla ricostruzione finanziata sempre dall'imperialismo per tenere sotto controllo i rubinetti del petrolio nella regione.
In Afghanistan comunque la guerra non è ancora finita mentre l'imperialismo americano pensa già a nuove aggressioni; della lunga lista di paesi accusati di sostenere il terrorismo Bush mette nel mirino l'Irak. Nelle settimane precedenti diversi esponenti dell'amministrazione americana avevano parlato di un possibile attacco all'Irak senza nemmeno il bisogno di prove su un coinvolgimento di Baghdad negli attentati terroristici dell'11 settembre; nella conferenza stampa del 26 novembre Bush ha intimato al governo iracheno di far ritornare gli ispettori dell'Onu, o meglio le spie al servizio degli Usa, nel paese "per dimostrarci che non sta costruendo armi di sterminio''. L'Irak aveva cacciato gli ispettori-spia dell'Onu nel 1998 e dichiarato che consentiva al loro ritorno solo dopo la revoca delle ingiuste sanzioni impostegli dalle Nazioni Unite al termine dell'aggressione imperialista del 1991. L'imperialismo americano e il complice Onu non revocano le sanzioni per cui è evidente che Baghdad respingerà la nuova intimazione di Bush; cosa succederà all'Irak in questo caso, ha chiesto un giornalista, e Bush ha risposto "lo scoprirà'', con una evidente minaccia di colpire di nuovo il paese e completare l'opera avviata dieci anni fa dal vecchio Bush.

28 novembre 2001